LA PANDEMIA HA UCCISO LE PARTITE IVA - LA CGIA DI MESTRE HA CALCOLATO CHE DA FEBBRAIO 2020 IL NUMERO COMPLESSIVO DI LAVORATORI INDIPENDENTI E' SCESO DI 302 MILA UNITA' (-5,8%) - NELLO STESSO PERIODO I DIPENDENTI SONO DIMINUITI DI 89 MILA (-0,5%) - IL PICCO MASSIMO DELLA CRISI DEL LAVORO AUTONOMO E' STATO TOCCATO NEL MARZO DEL 2004, POI C'E' STATA UNA CONTINUA "EMORRAGIA" - A GENNAIO DI QUEST'ANNO SIAMO ARRIVATI ALLA QUOTA PIU' BASSA...

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Gian Maria De Francesco per "il Giornale"
 

Proteste Partite Iva

La pandemia ha distrutto 300mila partite Iva. È quanto ha ricordato ieri l'Ufficio studi della Cgia di Mestre riprendendo un elemento molto trascurato dei dati Istat sul mercato del lavoro ad agosto. Da febbraio 2020, ultimo mese prima della crisi Covid, il numero complessivo dei lavoratori indipendenti è sceso di 302mila unità (-5,8%). Nello stesso periodo, invece, i lavoratori dipendenti sono diminuiti di 89 mila (-0,5%). In termini assoluti, i primi sono scesi sotto la soglia dei 5 milioni (4.936.000), i secondi hanno toccato quota 17,8 milioni.
 

LA RIVOLTA DELLE PARTITE IVA

La crisi del mondo del lavoro autonomo, ricorda la Cgia, parte da molto lontano. Negli ultimi 17 anni, il picco massimo delle aperture è stato raggiunto nel marzo del 2004, quando il numero complessivo degli indipendenti presenti in Italia raggiunse quota 6.303.000 unità. Successivamente, c'è stata una continua «emorragia» che ha fatto scendere nel dicembre 2020 questa categoria lavorativa sotto la soglia dei 5 milioni.
 
A gennaio di quest'anno, invece, si è raggiunta la quota più bassa da quando esiste questa serie storica: ovvero 4,925 milioni. Ai tradizionali problemi che da sempre assillano le micro-imprese (tasse, burocrazia, mancanza di credito, ecc.), spiegano gli artigiani mestrini, si sono aggiunti le chiusure imposte per decreto, le limitazioni alla mobilità, il crollo dei consumi delle famiglie e il boom dell'e-commerce evidenziando come queste piccolissime realtà «vivono quasi esclusivamente di domanda interna, legata al territorio in cui operano».
 

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Solo nel 2020, in Italia i consumi delle famiglie sono scesi di circa 130 miliardi di euro, soldi che in gran parte alimentavano i ricavi delle piccolissime attività che, a seguito di questa contrazione, non sono più riuscite a far quadrare i propri bilanci. Ecco perché la Cgia ha chiesto sia al premier Draghi che ai governatori di aprire un tavolo di crisi permanente a livello nazionale e locale per dare una risposta ad un mondo, quello autonomo, che sta vivendo una situazione particolarmente delicata.
 
Oltre ai ristori (che gli artigiani ritengono del tutto insufficienti), gli esecutivi che si sono succeduti hanno, tra le altre cose, approvato l'Iscro (l'indennità per gli autonomi che si può richiedere entro il 31 ottobre e per la quale sono stati stanziati 70,4 milioni per il 2021; ndr) ed esteso l'utilizzo dell'assegno universale per i figli a carico anche agli autonomi.
 

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Si tratta di misure importanti, ma non sufficienti per arginare le difficoltà emerse durante la pandemia. Se, da un lato, è necessario ripensare il sistema del fisco, troppo spesso «nemico» delle partite Iva, dall'altro lato, osserva la Cgia, è opportuno coinvolgere il mondo della scuola attraverso il ministero dell'Istruzione affinché sensibilizzi gli studenti delle scuole medie superiori sulle possibilità offerte dal mondo dei lavoratori autonomi. Prospettiva, quest' ultima, che tra i giovani è poco conosciuta. Si tratta di una delle tante declinazioni del problema del mismatch occupazionale, che rende irraggiungibili numerose posizioni lavorative a tanti giovani disoccupati.