IN PARROCCHIA PIACE LA PANNOCCHIA - NEL VIBONESE UN COLLABORATORE DI UN SACERDOTE RACCONTA DI ESSERE STATO RIPETUTAMENTE MOLESTATO DAL PRETE: “MI HA COMPRATO UN CELLULARE E MI HA TROVATO UN LAVORETTO. IN CAMBIO MI TOCCAVA RIPETUTAMENTE I GENITALI. DOPO CHE GLI HO DATO UN CEFFONE, MI HA LASCIATO DUE GIORNI SENZA ACQUA E CIBO…” – “AVEVO PURE RIFIUTATO UN RAPPORTO A TRE…”

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Da "www.cn24tv.it"

 

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Un presunto scandalo in canonica, al centro della vicenda un prete additato di averci “provato” con un suo collaboratore.

 

Il tutto - messo nero su bianco in una denuncia sporta ai carabinieri di un comune del vibonese - racconterebbe, per bocca della presunta vittima - di una vicenda surreale: “Incontrai per la prima volta il parroco lo scorso anno … pochi giorni dopo la festa padronale. Rimasi lì alcuni giorni e notai che qualcosa non andava quando al termine della celebrazione di un matrimonio, un altro giovane sacerdote ci raggiunse nella casa parrocchiale proponendo un rapporto a tre”.

 

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“Idea - racconta ancora il diretto interessato - che respinsi con fermezza, al termine del quale andò via imbronciato. Non ne parlai con il parroco, con cui collaboravo, per pudore e dopo pochi giorni andai via, ritornando in Campania”.

 

Due mesi dopo il denunciante, un giovane che risiede in Sardegna, si sarebbe tornato nuovamente nel vibonese per aiutare il sacerdote che, sostiene il ragazzo, “iniziò ad alzare le mani toccando le parti intime. E, come se non bastasse, l’altro sacerdote volle andare a fare un giro su Lamezia Terme utilizzando un’applicazione per incontri omosessuali, chiamata Grindr”.

 

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Le settimane successive le avance si sarebbero fatte più pesanti: “Il prete si prodigò per trovarmi un lavoretto da aspirante giornalista, mi regalò un cellulare nuovo dal prezzo modesto. Iniziai a chiedermi il perché e lo scoprii poco dopo, quando nuovamente mi toccò i genitali chiedendo “come sta Gigino?”.

Toccamenti che si ripeterono anche in altre occasioni e che sarebbero stati chiesti “per sdebitarmi del suo attivismo, fintanto che persi la pazienza dandogli un ceffone all’interno della sacrestia”.

 

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Da quell’episodio, ci sarebbe stata poi un’escalation di torti e vendette da parte del sacerdote: “Per due giorni - racconta il giovane - mi lasciò nella casa parrocchiale privo di acqua e cibo, fintanto che tentando un rappacificamento per la debolezza fisica sempre più consistente, svenni a Vibo Valentia in un’altra struttura della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea”.

 

“Una volta accompagnato in ospedale dal 118 - aggiunge - stetti solo per diverse ore, fintanto che il parroco portò due persone del luogo che mi annunciarono di aver portato i miei beni quali indumenti e pc nella casa in cui svenni e che non dovevo far ritorno nella casa parrocchiale”.

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Infatti, prosegue nel racconto la presunta vittima, lì avrebbe trovato lavoro, nel santuario del paese, dato che “il parroco tentando di mettermi a tacere chiese al Comune un contributo di 1.000 euro che sono stati accreditati al santuario e che personalmente non ho mai ricevuto nonostante la mattina andavo ad aprire e chiudere la chiesa. Mi disse di non dirlo in giro poiché in paese si sarebbe scatenata una rivolta visto che non ero del luogo”.

 

Una volta dimesso avrebbe però chiesto che gli venissero restituiti i suoi averi, così da poter ritornare in Sardegna, dato che aveva lasciato la Campania per la Calabria.

“Questo – aggiunge il giovane - non avvenne e al contrario venni minacciato dal sacerdote, da un ex fotografo e un veterinario della zona”.

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Allora contattò il 112 “che mi aiutò – racconta - e l’indomani contattarono per ben due volte il parroco che non si presentò alla Stazione dei carabinieri. Così decisi di tornare in Sardegna con solo gli indumenti che portavo addosso e privo del restante materiale che mi è stato restituito in questi giorni, benché manchi ancora una cartella clinica indispensabile per poter curare una disfunzione alla gamba”.

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Della vicenda, lo scorso 15 giugno sarebbe stato informato il vicario diocesano che avrebbe a sua volta riferito al vescovo, monsignor Luigi Renzo.

Nonostante la querela composta da sei pagine, nessuna azione sarebbe però stata intrapresa, almeno per il momento.

 

Il giovane si dice rammaricato e allo stesso tempo sereno, conscio che le “autorità troveranno conferma alle sue parole, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo di applicazioni non proprio in linea con i dettami della Chiesa Cattolica”.

 

 

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