PESCARA, ALLARME ROSSO – IL FOCOLAIO SCOPPIATO IN CITTÀ, CON IL DILAGARE DELLA VARIANTE INGLESE, SPAVENTA L’ITALIA -  ALL’OSPEDALE "SANTO SPIRITO" LA VARIANTE INGLESE È DIFFUSA NEL 58% DEI PAZIENTI, CON UN INCREMENTO DEI RICOVERI DEL 600%: FINO AL 10 GENNAIO ERANO AL MASSIMO 5 AL GIORNO, OGGI SONO 30. CI SONO 265 RICOVERATI CON IL COVID, SU UN TOTALE DI 709 POSTI LETTO – ESCALATION DI CASI ANCHE NEI BAMBINI…

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Grazia Longo per "la Stampa"

 

pescara fila per i tamponi

In piazza Salotto, nel centro della città, un bambino travestito da Uomo ragno lancia una manciata di coriandoli senza quasi nessuno intorno. Semideserto anche il lungomare, nonostante la bella giornata di sole. Nel suo quarto giorno di zona rossa, Pescara fa i conti con le restrizioni imposte dal dilagare della variante inglese del coronavirus: tutte le scuole chiuse, fermi, salvo qualche eccezione, negozi e attività produttive. Il perché lo spiega Giustino Parrutti, direttore della Uoc (Unità operativa complessa) di Malattie infettive all' ospedale civile Santo Spirito e coordinatore della task force anti Covid.

 

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Nel suo ufficio al sesto piano dell' ospedale, dove si arriva seguendo un percorso rigorosamente no-Covid, snocciola una serie di numeri che fanno paura: «La variante inglese è diffusa nel 58% dei nostri pazienti Covid, con un incremento dei ricoveri del 600%.

 

Fino al 10 gennaio erano al massimo 5 al giorno, oggi siamo saliti a 30: attualmente abbiamo 265 pazienti Covid, su un totale di 709 posti letto.

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Una cifra enorme se si pensa che durante il lockdown dello scorso marzo non abbiamo superato il tetto massimo di 178 ricoveri per coronavirus.

La variante inglese è un allarme serio che non va assolutamente sottovalutato anche nel resto d' Italia».

 

La preoccupazione del dottor Parruti è, infatti, che nelle altre regioni del nostro Paese si possa verificare ciò che è accaduto in un tempo brevissimo nel capoluogo adriatico. «La variante inglese si è insinuata all' improvviso, con un' escalation imprevedibile. E ha un tasso di contagiosità assai più elevato che colpisce molto di più i giovani». Compresi i bambini, se si pensa che prima il tasso di positività al tampone tra i 2 e i 12 anni era l' 1% e oggi raggiunge il 15%.

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Pescara laboratorio d' Italia per l' emergenza variante inglese dunque? «Auspicherei che tutta la nazione diventasse zona rossa per due settimane per evitare un lockdown totale come l' anno scorso. Il rischio è troppo alto: il Paese si deve fermare per rallentare i contagi e al contempo deve essere incrementata la campagna vaccinale».

Ne è convinto anche il sindaco Carlo Masci, Forza Italia: «La nostra città, con 125 mila abitanti, rappresenta quello che può accadere anche altrove perché la variante inglese è troppo insidiosa.

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Certo mi rendo conto che non si può fermare l' economia e che non si possono chiedere altri sacrifici ai cittadini ma il pericolo è reale. L' anno scorso la gente ha affrontato il lockdown in modo bersaglieresco, oggi non vede la fine, non ce la fa più. Occorre vaccinare più gente più in fretta possibile».

 

Al tracollo economico pensa anche Enzo D' Ottaviantonio, presidente provinciale di Federmoda che fa capo a Confcommercio: «Mi rendo conto che non si poteva evitare di diventare zona rossa per ragioni sanitarie, ma per noi commercianti è un' altra mazzata. A settembre e ottobre ci eravamo ripresi un po' dalle perdite del lockdown, ma da novembre è ricominciato il declino: abbiamo avuto un tracollo di oltre il 50% nelle vendite. Compresi i bar e i ristoranti, a Pescara ci sono circa 3.500 attività commerciali e siamo vicini al collasso».

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Preoccupato anche il segretario provinciale della Cgil Luca Ondifero: «Con oltre 10 mila addetti Pescara vive prevalentemente di terziario e di sevizi, settori decisamente penalizzati dall' aggravarsi della pandemia. Se aggiungiamo i 5 mila operatori turistici il quadro della terribile contrazione è completo: oltre il 50% di fatturato in meno. Come Cgil abbiamo chiesto l' istituzione di un tavolo di crisi per mettere in atto delle strategie di rilancio».

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Decisamente convinta sulla bontà della scelta di diventare zona rossa è, invece, Irene Rosini, presidente dell' Ordine degli infermieri di Pescara: «Capisco che ci siano un' emergenza economica e sociale, ma quella sanitaria è la prioritaria. Vorrei invitare la gente ad apprezzare l' istituzione delle restrizioni anche nel rispetto del nostro lavoro.

Facciamo da un anno turni massacranti e siamo sottoposti a uno stress psicologico non indifferente, con i pazienti che ci muoiono sotto gli occhi. Io lavoro in terapia intensiva dove ogni giorno aggiorniamo i parenti dei ricoverati sulle loro condizioni. Mi creda che quando dobbiamo comunicare che non ce l' hanno più fatta è un momento terribile».

 

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In sintonia con questa linea è Carla Di Russo, 50 anni, che sta per entrare in ospedale per ritirare l' esito di una mammografia: «La situazione è degenerata per colpa della variante inglese e qui siamo fortunati ad avere una struttura sanitaria che funziona. Hanno creato un centro Covid in un' ala dell' ospedale è tutto il resto continua a funzionare, come dimostra l' esame che ho fatto».

 

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Angustiata dalla crisi economica è invece Luisella D' Angelo, 44 anni, cameriera nel ristorante di uno stabilimento balneare: «Noi addetti al turismo viviamo in condizioni davvero difficili. Non lavoriamo da ottobre e il primo bonus di mille euro è arrivato appena pochi giorni fa. So bene che la salute è la prima cosa che conta, ma così non possiamo più tirare avanti».

ospedale di pescara