LA RIVINCITA DEI SECCHIONI – ALL’UNIVERSITÀ DI READING, IN INGHILTERRA, GLI STUDENTI FESTEGGIANO L’APERTURA 24 ORE SU 24 DELLA BIBLIOTECA – IN CALO DROGHE E ALCOL, SI PENSA SOLO A COME TROVARE UN LAVORO DOPO LA LAUREA

Il filosofo Maurizio Ferraris: “Nel momento in cui la globalizzazione ha esteso la competizione su scala mondiale, la coscienza, o almeno un certo puritanesimo, sembrano un buon investimento, e se non altro una strategia di sopravvivenza, per un Occidente che non è più abbastanza ricco per permettersi il libertinaggio”... -

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1.LONDRA, LA FESTA É FINITA

Enrico Franceschini per “la Repubblica

 

Gli studenti dell’università di Reading hanno vinto da poco una grande battaglia. Più assemblee? Esami in collettivo? Maggiori spazi per le attività ricreative? No: l’apertura della biblioteca universitaria 24 ore su 24, in modo da poter studiare anche di notte. Quando i loro rappresentanti hanno annunciato la notizia, è stata accolta da applausi scroscianti.

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Adesso la biblioteca è piena di centinaia di studenti con la testa sui libri perfino alle ore piccole. I ventenni di Reading non sono una classe di eccezionali secchioni: sono la norma di quelli che il Financial Times definisce i “nuovi puritani”. Per le generazioni precedenti, gli anni dell’università erano un periodo di spensierato edonismo sponsorizzato dallo Stato.

 

Si studiava, ma con tasse d’iscrizione inesistenti o contenute e con la ragionevole sicurezza di trovare un lavoro dopo la laurea c’era posto anche per altro: per la leggerezza, per l’impegno politico, per le passioni alternative. Oggi l’iscrizione costa 9 mila sterline (12 mila euro) l’anno e il posto garantito è una chimera in un mercato del lavoro inflazionato da troppi laureati e dalla fragilità dell’economia. Una situazione tipica non solo dell’Inghilterra, ma di tutta Europa. Risultato: c’è tempo solo per lo studio, per il lavoro e per il volontariato, che spesso è una casella in più da riempire nel curriculum.

 

Le statistiche (inglesi, ma probabilmente valide anche per altri paesi europei) confermano il fenomeno. Nell’ultimo decennio il numero dei giovani che fanno uso di droghe è calato del 47 per cento. Nello stesso periodo quello dei fumatori tra gli adolescenti è sceso dal 9 al 3 per cento.

 

Dal 2005 la percentuale dei ragazzi astemi è salita al 43 per cento; e quella di coloro che praticano il “binge drinking (sbornia veloce) fra i 16 e i 24 anni è passata dal 29 al 16 per cento. Ovviamente nessuno si lamenta, a cominciare dai genitori, se i giovani fanno meno uso di droghe, alcol e tabacco.

 

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Ma il mutamento nelle abitudini, accoppiato con il fatto che due terzi degli studenti odierni fanno lavori part-time per mantenersi agli studi, è così significativo da far dire a Toni Pearce, presidentessa della National Union of Students, l’associazione nazionale degli studenti: «La festa è finita».

 

Questo “nuovo puritanesimo”, che spinge ragazzi e ragazze a studiare di più e a divertirsi di meno rispetto alle generazioni precedenti, non ha motivazioni morali. È il risultato di maggiori costrizioni finanziarie (studiare costa di più) e crescente incertezza sul futuro (cosa farò da grande). «La vita è un campo di battaglia e devi essere preparato per affrontarla», dice al quotidiano della City la 19enne Louise Bula, matricola alla Reading University. «Se non studi duramente non avrai la minima chance». Indubbiamente giusto. Senonché lo scopo degli anni universitari dovrebbe essere anche un altro, osserva David Bainbridge, docente di Cambridge e autore di un libro sull’argomento: «È come se agli studenti di oggi mancasse una scintilla.

 

università Reading università Reading

Si incontrano sempre meno ragazzi appassionati alla politica o alle lotte ideali. L’università dovrebbe essere un periodo completamente diverso dal resto dell’esistenza. Non sei più un bambino, ma non hai ancora le responsabilità di un adulto. Dei miei anni universitari ricordo le manifestazioni di protesta e le discussioni fino a tarda notte sul senso della vita». Se passi la notte a studiare in biblioteca, forse ai tuoi vent’anni manca qualcosa. E anche gli anni che seguono saranno differenti.

 

 

2. LA CONCORRENZA GLOBALE CHE SCONFIGGE I LIBERTINI

Maurizio Ferrraris per “la Repubblica

 

I MIEI nonni, sebbene vissuti nella belle époque, ma probabilmente sprovvisti dei mezzi finanziari per goderne appieno, potevano deplorare la decadenza dei costumi nelle generazioni successive. E ancora un libro come Lasciarsi andare, di Philip Roth, uscito nel 1962, narrava di giovani americani schiantati in tenera età da obblighi immensi: sposarsi, avere dei figli, mantenere la famiglia. Ma la vita (e l’opera) successiva di Philip Rorth, così come quella di parecchie generazioni successive, è stata di tutt’altro tipo: progressivamente emancipata dagli imperativi della costruzione della famiglia, della monogamia, della vita morigerata e finalizzata alla riproduzione della forza-lavoro.

 

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Già trent’anni fa, Georges Wolinski (che sarebbe caduto sotto i colpi di una forma particolarmente sinistra di neo-puritanesimo) aveva dipinto, nel personaggio di Junior che appariva su L’Écho des Savanes , un capovolgimento dei ruoli. Il padre (una sorta di alterego di Wolinski), in giubbotto di cuoio e capelli lunghi, viveva in totale un disordine amoroso e dietetico, il figlio (Junior, appunto) era in forma, ben pettinato e ben vestito, e non aveva troppo tempo da perdere in galanterie: il lavoro lo attendeva.

 

Junior non era propriamente un puritano, era uno yuppie, un giovane professionista urbano incantato dal denaro, che forse aveva messo a frutto le riflessioni di Herbert Marcuse sulla “desublimazione repressiva”, per cui il capitalismo trasformerebbe l’umanità in una massa amorfa di consumatori, e in cambio offrirebbe una certa libertà sessuale, come parte integrante del pacchetto consumistico. Perché non prendersi il grosso del capitale invece che accontentarsi delle briciole?

 

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A trent’anni di distanza le cose sono ancora cambiate. Nel momento in cui Strauss-Kahn si deve appellare al libertinismo settecentesco per giustificare i propri comportamenti (probabilmente perché il loro risvolto venale rende poco credibile uno scenario neohippie), e in cui Michel Houellebecq riscopre il fascino reazionario di Huysmans e di Péguy, la probità dei giovani, oggi generalmente poco inclini al libertinaggio, non ha, con ogni probabilità, le motivazioni arrivistiche degli yuppies d’antan.

 

Più semplicemente, la globalizzazione ha abolito ogni rendita di posizione, e i giovani dell’Occidente in altri tempi decadente e crapulone devono confrontarsi con altri giovani probissimi e infaticabili di tutto il resto del mondo. Per esempio, si confrontano con orientali che nella famiglia trovano la spinta e il sostegno per diventare scienziati o manager, o magari violinisti iper-virtuosi perché capaci di sacrifici inauditi, e che risultano straordinariamente avvantaggiati rispetto alle famiglie occidentali spesso spezzate e ricomposte, e dunque con minore potere economico.

 

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Schopenhauer amava citare il detto di un inglese (che viveva nei tempi eroici del capitalismo coloniale): «Non sono abbastanza ricco per permettermi una coscienza ». Nel momento in cui la globalizzazione ha esteso la competizione su scala mondiale, la coscienza, o almeno un certo puritanesimo, sembrano un buon investimento, e se non altro una strategia di sopravvivenza, per un Occidente che non è più abbastanza ricco per permettersi il libertinaggio.

 

 

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