SI SALVINI CHI PUO' - IL VICEPREMIER FIRMA IL DIVIETO DI INGRESSO PER LA NAVE "SEA WATCH". MA 10 MIGRANTI DEVONO SBARCARE. È MURO CONTRO MURO ITALIA-UE – 52 I NAUFRAGHI A BORDO DELLA BARCA, A POCHE MIGLIA DA LAMPEDUSA - I VOLONTARI DELLA ONG PARLANO DI CRIMINE CONTRO L'UMANITA': "SALVARE VITE UMANE NON È UN REATO, ACCANIRSI CONTRO DEGLI INERMI SÌ”

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Claudio Del Frate per corriere.it

 

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«Ho appena firmato il divieto di ingresso, transito e sosta alla nave Sea Watch 3 nelle acque italiane, come previsto dal Nuovo Decreto Sicurezza - comunica il vicepremier matteo Salvini -. Ora il documento sarà alla firma dei colleghi ai Trasporti e alla Difesa: stop ai complici di scafisti e trafficanti». A bordo dell’imbarcazione Ong, arrivata a poche miglia da Lampedusa nonostante il no del Viminale, 52 uomini salvati in mare 4 giorni fa: i volontari si sono rifiutati di traghettarli a Tripoli, non considerando lo scalo libico un porto sicuro. Ma la situazione a bordo della nave della ong è precaria, tanto è vero che poco dopo le 16 è stato autorizzato lo sbarco di 10 persone: 7 per motivi sanitari e 3 come accompagnatori. Del loro trasferimento a Lampedusa è stata incaricatra la Guardia Costiera italiana.

 

Il muro contro muro Italia-Ue

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La situazione rischia di trasformarsi in un muro contro muro non solo dal punto di vista giuridico e umanitario ma anche su quello politico con uno scontro diretto tra Italia e Ue. Il nuovo alt di Salvini - che è la prima traduzione in pratica al decreto sicurezza bis - fa seguito alla presa di posizione del vicepremier stesso di venerdì quando aveva detto che la Sea Watch è una nave «pirata» perché ha disobbedito alle indicazioni della Guardia Costiera libica; quest’ultima aveva indicato Tripoli come porto di sbarco per i migranti e Salvini ritiene che lì debbano fare ritorno i naufraghi soccorsi della ong. Ma subito dopo la portavoce della commissione europea Nathalie Bertaud ha smentito il vicepremier italiano: nessuna nave battente bandiera di uno stato Ue (la Sea Watch è registrata in Olanda) può riportare richiedenti asilo in Libia perché quest’ultimo è «porto non sicuro»: è infatti teatro di guerra e non garantisce il rispetto dei diritti umani.

 

Le sentenza del 2009

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Questo stato di cose è garantito oggi dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sui diritti umani e in più l’Italia è già stata sanzionata dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo proprio per aver rimandato in Libia (nel 2009, epoca dell’ultimo governo Berlusconi) un gruppo di migranti soccorsi in mare.

 

 

La replica delle Ong

Pronta la risposta di Mediterranea Saving Humans: «Il ministro dell’Interno ha comunicato da poco e con grande soddisfazione di aver firmato il divieto di entrata a Sea-Watch3, ma soprattutto alle donne, agli uomini e ai bambini che sono a bordo, soccorsi in acque internazionali mentre rischiavano la morte, in mare o nell’inferno libico. Sono un pericolo per la sicurezza dello Stato? No - scrive in una nota la rete delle associazioni italiane che, con Nave Mare Jonio, nei mesi scorsi ha monitorato il Mediterraneo centrale -. L’unico pericolo concreto per la democrazia e i diritti umani è rappresentato dall’uso illegale e illegittimo del potere, che mira a trasformare lo stato di diritto in stato di polizia». «Salvare vite umane non è un reato - conclude la nota -. Accanirsi contro persone innocenti, inermi, che chiedono aiuto è un crimine. Un crimine contro l’umanità».

 

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