UNA STORIA TOCCANTE – UN MARESCIALLO CAPO PLOTONE DELLA BRIGATA ALPINA TAURINENSE È INDAGATO PER VIOLENZA SESSUALE: DURANTE LE ESERCITAZIONI ALLUNGAVA LE MANI E PALPEGGIAVA IL SEDERE ALLE SOLDATESSE – INDAGATI ANCHE DUE UFFICIALI DELL’ESERCITO CHE LO AVREBBERO COPERTO – LE RAGAZZE ALL’INIZIO NON PARLAVANO, POI…

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Massimiliano Nerozzi per torino.corriere.it

 

Più che alla linea delle discese alpine, si dedicava a quella delle allieve, durante le esercitazioni di sci, allungando le mani sui fianchi e palpeggiando il sedere, fino a baci sulle guance (non richiesti): per questo, un maresciallo capo plotone della brigata alpina Taurinense è indagato dalla Procura per violenza sessuale, nei confronti di tre soldatesse. L’uomo, 35 anni, è anche accusato di maltrattamenti con l’aggravante razziale, ai danni di un militare di origini marocchine. Che sarebbe stato più volte pesantemente insultato.

 

Indagati anche due ufficiali

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Nell’ambito della stessa inchiesta — coordinata dal pubblico ministero Barbara Badellino — sono indagati anche due ufficiali dell’esercito: un capitano, 44 anni, per omessa denuncia; e un quarantasettenne tenente colonnello, per favoreggiamento. Due contestazioni che allungano sulla vicenda la cupa ombra di un tentato insabbiamento del caso, tra rassicurazioni e l’augurio di risolvere tutto in caserma. Perché poi, invece, una seria attività di accertamento dei fatti fu avviato solo quando era già partita l’indagine dei carabinieri.

 

palpeggiamento palpeggiamento

La vicenda inizia nel gennaio del 2017, e si snoderà per circa un anno, in occasione degli allenamenti in vista dei campionati sciistici delle truppe alpine, quando il plotone del maresciallo sale diverse volte in alta quota: da Oulx a Pragelato, qui in Piemonte, da Brusson (Valle d’Aosta) al Passo del Tonale (Lombardia). Si dovrebbe affinare la tecnica sulle piste, in vista delle gare e come patrimonio tecnico per la carriera, ma — secondo la ricostruzione fatta nell’avviso di fine indagini notificato alle parti — il maresciallo ne approfitta per molestare gravemente le tre soldatesse, che all’epoca hanno tra i 25 e i 21 anni.

 

brigata alpina taurinense brigata alpina taurinense

In più occasioni, l’uomo mette le mani sui fianchi delle ragazze, palpeggia i glutei e, in un paio di occasioni, le bacia sulle guance. Per il codice penale, non è altro che violenza sessuale, aggravata dell’abuso di autorità. All’inizio, le giovani stanno zitte, al massimo ne parlano tra loro, anche perché l’atteggiamento di alcuni ufficiali, che finiranno indagati, non dev’essere il massimo. Dentro una brigata, la Taurinense, che tanto lustro ha dato all’esercito, con missioni in tutto il mondo, e che tanto ha investito sull’apertura dell’esercito alle donne. E, va da sé, sul loro rispetto. Morale: il capitano, comandante del reparto, avrebbe tenuto comportamenti tali da configurare il reato di omessa denuncia da parte del pubblico ufficiale, e un tenente colonnello accusato di favoreggiamento personale. Detto brutalmente, l’impressione è che si volesse coprire il maresciallo.

 

L’inchiesta

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A un certo punto, però, una delle soldatesse, si confida con un carabiniere che, subito dopo, compila una relazione: e da lì, parte l’inchiesta arrivata all’avviso di fine indagini. Un atto che, solitamente, precede la richiesta di rinvio a giudizio. Oltre che di palpeggiamenti, una delle tre soldatesse è stata bersaglio di offese e frasi intimidatorie, durante le esercitazioni: «Non hai le capacità degli altri — ha urlato una volta il militare — prima lo ammetti e prima fai un favore a te stessa». In un caso, la ragazza era stata mandata via dall’esercitazione prima del suo termine. Per questo, al maresciallo capo vengono contestati anche i maltrattamenti, nei confronti di quella soldatessa.

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Razzismo

L’imputazione di maltrattamenti è annotata pure per gli epiteti pronunciati contro un soldato di origine marocchina. Toni e modi odiosi, secondo la ricostruzione degli investigatori: «Cosa canti l’inno — ha gridato un mattino il maresciallo, davanti all’alza bandiera — pensi di essere italiano?». E ancora, durante le esercitazioni, il militare veniva chiamato «negretto, mau mau», e con una lunga serie di nomignoli. Da qui, l’aggravante della discriminazione razziale. Oltre alle offese, durante alcune esercitazioni, il maresciallo avrebbe calcato un po’ di più la mano sul ragazzo, all’epoca ventenne. «È un procedimento delicato — commenta l’avvocato Valerio D’Atri, che tutela le parti offese — e ora attendiamo le determinazioni del pubblico ministero». Il prossimo passo formale — in assenza di archiviazioni — sarà la richiesta di rinvio a giudizio dei tre indagati.

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