LA VITA È TROPPO KURT – UN ESTRATTO DEL LIBRO DEL MANAGER DEI NIRVANA DANNY GOLDBERG CHE RACCONTA COME COBAIN FOSSE DISORIENTATO DALLA FAMA: “HA DETTO PIÙ VOLTE CHE L’IMPROVVISO SUCCESSO DI NEVERMIND È STATO UNA SORPRESA ANCHE PER LUI. ALCUNI ASPETTI COLLATERALI DELLA CELEBRITÀ LO DISORIENTAVANO, E A VOLTE RIMPIANGEVA CHE NON ESISTESSE UN CORSO DI BASE PER FARE LA ROCKSTAR, EPPURE HO LA SENSAZIONE CHE ABBIA PIANIFICATO I…”

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Ecco un estratto di «Serving the Servant» (HarperCollins) il memoir di Danny Goldberg che verrà presentato dall’autore al Salone del Libro, sabato 11 alle 18.30, in sala Blu

 

Danny Goldberg da "www.corriere.it"

 

danny goldberg serving the servant libro su kurt cobain danny goldberg serving the servant libro su kurt cobain

... Kurt ha detto più volte che l’improvviso successo di Nevermind è stato una sorpresa anche per lui. Alcuni aspetti collaterali della celebrità lo disorientavano, e a volte rimpiangeva che non esistesse un corso di base per fare la rockstar, eppure ho la sensazione che abbia pianificato i passi successivi dei Nirvana con la stessa lucidità che aveva dimostrato nella musica.

 

Mentre a livello personale stava facendo i conti con i dolorosi risvolti fisici ed emotivi della disintossicazione e con la gravidanza di Courtney (che invece lo emozionava molto), a livello artistico continuava a riflettere sul suo ruolo nella cultura punk e sul fatto che Nevermind avesse ampliato in un batter d’occhio il campo delle sue possibilità.

 

kurt cobain kurt cobain

Era determinato a restare con un piede nella cultura indie e l’altro in quella mainstream come nessuno aveva mai fatto prima di lui. Ciascuno a modo suo, tutti i membri della band furono travolti dal successo. Dave ha raccontato dei suoi attacchi di panico, e Krist aveva l’ulteriore problema, coi suoi quasi due metri d’altezza, di essere il più riconoscibile dei tre. Subito dopo l’uscita del video di “Smells Like Teen Spirit”, mi disse: «Mi riconoscevano ovunque andassi. Ho iniziato a fare dei sogni in cui ero nudo: i classici incubi da ansia».

la morte di kurt cobain 8 la morte di kurt cobain 8

 

Ammette di essere rimasto entusiasta quando Tom Hamilton, il bassista degli Aerosmith, lodò pubblicamente le sue linee, ma in quel periodo dichiarò anche al giornalista spagnolo Rafa Cervera: «Siamo stressati, quel che sta accadendo ci fa venire un’angoscia pazzesca. Siamo solo dei ragazzi della classe operaia, e di sicuro non inizieremo ad amare tutti quelli che finora ci hanno ignorato. ’Fanculo, non rovineremo tutto diventando avidi e materialisti».

 

kurt cobain e i nirvana a tunnel 16 kurt cobain e i nirvana a tunnel 16

«Venivamo dalla controcultura, e invece della stampa mainstream leggevamo le fanzine. Ci sentivamo degli outsider e poi di botto siamo diventati la band numero uno al mondo» riflette oggi. Ma aggiunge anche che i Nirvana erano determinati a «mostrare a tutti che non erano dei venduti, anzi: erano lì per promuovere una rivoluzione ». Il ruolo che Kurt aveva nel gruppo contribuì a puntare ulteriormente i riflettori su di lui: in fondo, ricorda Krist, «era il leader, il cantante e l’autore delle canzoni».

danny goldberg con kurt cobain courtney love e la loro figlia frances bean cobain 1 danny goldberg con kurt cobain courtney love e la loro figlia frances bean cobain 1

 

Sulla stampa mainstream qualcuno mise in giro l’idea, prevedibile quanto assurda, che Kurt dovesse essere una specie di portavoce della sua generazione. E anche tra i fan più smaliziati ci sono cascati in molti. Una pressione mediatica che a lui doveva sembrare surreale, così come lo era stata per gente come Dylan, Lennon e Bowie. C’erano periodi in cui non voleva essere riconosciuto in giro, e a volte indossava occhiali finti e altri stratagemmi del genere per camuffarsi.

danny goldberg kurt cobain danny goldberg kurt cobain

 

«Ogni artista vorrebbe essere libero, ma il successo non glielo consente» mi ha detto Montgomery. «Anche se la Geffen e la Gold Mountain si impegnavano al massimo per garantire alla band il completo controllo sulla loro carriera, non c’era nulla da fare quando mtv o Rolling Stone insistevano per ottenere qualcosa da loro».

 

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Ma per molti versi la celebrità non ha cambiato Kurt. Non si è messo a frequentare le star del cinema o vip vari, non ha cambiato modo di vestire e non ha iniziato a sperperare denaro (a parte le droghe, quando ci ricascava). Krist ricorda che anche nei tour successivi, quando la band poteva ormai permettersi i migliori catering, «per Kurt era roba troppo raffinata.

 

Preferiva i panini e i maccheroni al formaggio». Krist mi ha anche parlato di quanto potesse essere contraddittorio il suo approccio al successo. «Quando eravamo in cerca di un’etichetta discografica abbiamo incontrato il boss della Columbia, Donny Ienner.» Ienner aveva alle spalle una carriera gloriosa, ma il suo background nella promozione per le radio commerciali e la sua personalità ambiziosa incarnavano perfettamente lo spirito del music business.

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In ogni caso, Kurt ne rimase colpito e con la massima serietà gli disse: «Vogliamo essere la band migliore del mondo, devi fare di tutto per promuoverci». Krist a questo punto del suo racconto si è fatto una risata e ha concluso, vagamente sarcastico: «E poi, quando siamo diventati davvero il miglior gruppo al mondo, ha iniziato a dire: “Non è questo che voglio”».

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Il mio ruolo nella carriera di Kurt, però, mi imponeva di concentrarmi sul lato di lui che desiderava il successo. Un pomeriggio mi chiamò in preda all’ansia e mi disse: «È da un po’ che sto guardando mtv, hanno passato i Pearl Jam tre volte e noi solo una. C’è qualcuno che ce l’ha con i Nirvana?».

 

Dopo il boom di Nevermind, iniziò a dire che vendite e classifiche non gli interessavano, ma verso la fine del 1991, quando il giornalista australiano Robyn Doreian gli chiese durante un’intervista telefonica «Come ci si sente ad aver venduto seicentomila copie solo negli Stati Uniti?», Kurt lo corresse: «Veramente le copie vendute in America sono state un milione e quattrocentomila».

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Dopo l’uscita dell’album bisognava stabilire quale singolo avrebbe seguito “Smells Like Teen Spirit”. Con Silva, Gersh e la band ci incontrammo al Jerry’s Deli di Van Nuys per discuterne. Avevamo sempre pensato che “Come as You Are” avesse il ritornello e la melodia giusti per le radio pop, ma Kurt era preoccupato perché pensava che il riff di chitarra fosse troppo simile a quello di “Eighties” dei Killing Joke.

 

Dopo esserci trastullati per un po’ con l’idea di scegliere “In Bloom” (il ritornello mi era rimasto in testa), decidemmo di attenerci al progetto originario. Dissi a Kurt che difficilmente i Killing Joke avrebbero intentato una causa per plagio contro i Nirvana, e per fortuna avevo ragione. (Nel 2003 Dave suonò la batteria nel loro nuovo disco, forse per pareggiare i conti.) Una volta deciso il singolo, Kurt trascorse il resto del pranzo cercando di convincere Gersh a ingaggiare i Mudhoney, anche se Gersh era convinto che non avessero le canzoni giuste e non ne voleva sapere.

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Ma lui continuò a insistere, sostenendo che erano il miglior gruppo di Seattle: l’idea che una band che ammirava non avesse un contratto con una major gli dava sui nervi. In ogni caso, qualche tempo dopo i Mudhoney firmarono con la Warner Bros.: una cosa in meno di cui preoccuparsi. Nel frattempo, quel giorno, Kurt non aveva smesso di pensare alla sua band.

 

Mentre pranzavamo aveva scarabocchiato qualcosa su un tovagliolo, e alla fine me lo consegnò comunicandomi che si trattava del «design per la prossima t-shirt». Ogni minimo dettaglio relativo all’immagine dei Nirvana per lui era importante. E se per la copertina di “Come as You Are” si limitò a dire a Robert Fisher, l’art director della Geffen, di usare «qualcosa con delle immagini microscopiche e del viola», il suo coinvolgimento nel video fu decisamente maggiore.

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Dopo i conflitti su “Smell Like Teen Spirit” non voleva più lavorare con Sam Bayer e scelse Kevin Kerslake, che aveva diretto diversi video dei Sonic Youth. Anche Courtney, dopo aver lavorato con lui in “Garbage Man”, glielo aveva raccomandato. Ai tempi delle riprese di “Smells Like Teen Spirit” i Nirvana erano una band emergente.

 

Ora che erano delle superstar, le aspettative e il budget erano molto più alti. Robin Sloane diede carta bianca a Kurt: «Tutti i video nascevano da una sua idea» ricorda, «ed era sempre lui a discutere i dettagli con i registi». Per “Come as You Are” non partì da una storia, ma da un’atmosfera impressionista dai toni violacei. I primi fotogrammi ritraggono una pistola fluttuante.

 

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Per le inquadrature della band voleva sottolineare la nuova realtà di superstar dei Nirvana, e insisté molto perché lui, Kris e Dave venissero ripresi dietro una cortina d’acqua che ne offuscasse i volti. Personalmente ho sempre pensato che il modo in cui Kurt appare nel video, a volte a fuoco e a volte no, rappresentasse una specie di metafora della sua personalità. In alcuni momenti lo sentivo vicino come un fratello, in altri mi sembrava lontano anni luce, quasi invisibile attraverso le distanze siderali che ci separavano.

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Non tutte le immagini del video sono astratte, comunque: Kurt si assicurò che alcune inquadrature fossero chiare abbastanza perché i fan potessero vedere bene la sua maglietta dei Flipper, la stessa del Saturday Night Live. 1 “Come as You Are” era esteticamente molto diverso e molto più complesso di “Smells Like Teen Spirit”, ma al tempo stesso era più astuto dal punto di vista commerciale.

 

Nel caso ci fosse qualche spettatore di mtv troppo fatto o troppo stupido per riconoscerlo come un video dei Nirvana, ci infilammo dentro un neonato che nuota verso una banconota agganciata a un amo da pesca. Kurt e Courtney in quel periodo si erano trasferiti nell’appartamento di Spaulding Avenue.

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Il mio ricordo più vivido di quel posto è il numero impressionante di quadri e disegni che Kurt aveva realizzato nelle prime settimane dopo il trasloco. Non la smetteva mai di creare. Eric Erlandson viveva a Seattle, ma tornava ogni settimana e passava da loro. «Quando la situazione era fuori controllo, Courtney mi chiedeva di raggiungerli. Vivevano in una specie di grotta. Kurt aveva una paura pazzesca di essere riconosciuto per strada, e per questo voleva che andassi con lui a fare shopping.»

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E durante quelle uscite lo rimproverava perché Eric non metteva la cintura di sicurezza. «Era estremamente prudente, voleva sentirsi al sicuro… Io pensavo fosse un po’ paradossale per uno che sul palco si lancia sul pubblico dal punto più alto che riesce a raggiungere. » E la sua fissazione in questo senso aumentò il 29 aprile 1992, quando gli agenti della polizia di Los Angeles che erano stati ripresi mentre picchiavano Rodney King furono assolti da tutte le accuse.

 

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Quel pomeriggio ci furono degli scontri, ed Eric ricorda: «Io e Kurt siamo andati in diversi negozi perché voleva fare scorta di provviste, per paura che i disordini finissero per bloccare la città. Gli scaffali erano già stati ripuliti, ma abbiamo trovato sigarette, acqua e zuppa. A Melrose Avenue, vicino al loro 167 appartamento, ci furono dei saccheggi, e Kurt era parecchio agitato. Sono rimasto con loro fino a notte fonda a guardare gli edifici in fiamme sulla Cnn»...

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