E' STATA MARINA BERLUSCONI A SPINGERE IL CAV A FARE UN PASSO INDIETRO SUL QUIRINALE - UGO MAGRI: "A UN CERTO PUNTO DELLA MATTINA DI SABATO, NEL PIENO DEL TORMENTO SE INSISTERE O RINUNCIARE, IL CAV ERA DIVENTATO QUASI AFASICO, ANSIMANTE PER LO STRESS, CON LE PALPEBRE SEMI-ABBASSATE. È STATO LÌ CHE L'INTERA FAMIGLIA HA DETTO "BASTA", CON MARINA BERLUSCONI PORTAVOCE DI TUTTI I FIGLI SEBBENE FINO A QUEL MOMENTO LEI PER PRIMA AVESSE RISPETTATO, PUR SENZA CONDIVIDERLA, LA SMANIA PATERNA DI CIMENTARSI NELL'IMPRESA IMPOSSIBILE…"

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Ugo Magri per "la Stampa"

 

Marta Fascina Silvio Berlusconi Marina Berlusconi

Con quale stato d'animo Berlusconi abbia rinunciato al suo sogno presidenziale può comprenderlo a fondo solo chi ne conosce la psicologia di seduttore. L'uomo è totalmente convinto di meritarsi l'amore dei suoi simili, anzi di più: la loro incondizionata adorazione.

 

Dunque non era mai stato neppure sfiorato dal sospetto che la sua candidatura avrebbe sollevato un'onda tellurica di tali proporzioni. Silvio s' illudeva (e una quantità di gente ha contribuito a illuderlo) che la mossa di un anno fa, quando aveva deciso di sostenere il governo delle larghe intese, sarebbe stata sufficiente a trasformarlo da Cavaliere nero in padre della Patria, facendo scivolare nel dimenticatoio le mille vicende giudiziarie passate e quelle ancora in piedi. Com'era ovvio, non è andata così.

silvio e marina berlusconi

 

Ma prenderne atto, tornando con i piedi per terra, per l'ex premier è stato doloroso. Sufficiente a gettarlo in uno stato di prostrazione tale che è impossibile non scorgere un nesso con l'intera domenica trascorsa all'ospedale San Raffaele: ufficialmente per controlli già programmati, ma secondo chi lo frequenta a titolo precauzionale perché la botta anche fisica è stata tremenda; venerdì quasi faticava a reggersi per effetto di troppe notti insonni e di giornate trascorse al telefono nel tentativo di convincere uno via l'altro sconosciuti «peones», senza una vera cabina di regia, senza qualcuno in grado di tenergli il pallottoliere.

 

marina e silvio berlusconi

A un certo punto della mattina di sabato, nel pieno del tormento se insistere o rinunciare, sotto la doccia scozzese dei numeri altalenanti che gli forniva Vittorio Sgarbi, con gli alleati che pretendevano risposte immediate e una quantità di parlamentari assatanati che lo incitavano a non mollare, il Cav era diventato quasi afasico, ansimante per lo stress, con le palpebre semi-abbassate (nella cruda testimonianza di chi gli sta intorno), vero motivo del suo forfait alla «call» serale con Giorgia Meloni e Matteo Salvini.

 

licia ronzulli antonio tajani

È stato lì che l'intera famiglia ha detto «basta», con Marina Berlusconi portavoce di tutti i figli sebbene fino a quel momento lei per prima avesse rispettato, pur senza condividerla, la smania paterna di cimentarsi nell'impresa impossibile. Fedele Confalonieri, Licia Ronzulli, Antonio Tajani, insomma la cerchia più stretta, ha fatto pesare che l'ottantacinquenne patriarca non sarebbe stato in grado di reggere un clima di scontro frontale. Il Colle, sogno di Berlusconi, sarebbe diventata la sua espiazione.

 

MARINA E SILVIO BERLUSCONI

Alla fine lui s' è convinto; ha dovuto ammettere anzitutto a se stesso che, pure se fosse riuscito a farsi eleggere per il rotto della cuffia, sarebbe stato peggio di una sonora bocciatura in quanto poi si sarebbe scatenato l'inferno. Addirittura ha rivisto come in un incubo il fantasma del colonnello Gheddafi.

 

Anche lui «prima osannato e poi fatto fuori dagli stessi che lo consideravano il migliore», tragica testimonianza dell'ingratitudine umana. Nel caso di Berlusconi nulla di così cruento, solo qualche sfottò del Popolo viola e qualche adunanza delle Sardine, oltre alle ironie dei media specialmente stranieri, col New York Times alleprato dalla fantasia delle «feste eleganti» al palazzo del Quirinale.

sestino giacomoni foto di bacco

 

«La scelta di ritirarsi è stata la risposta più nobile agli odiatori di professione», sospira Sestino Giacomoni, tra i più vicini al leader. A lui, come agli altri irriducibili berlusconiani, resta la speranza che passi pure questa nottata e Silvio superi l'ennesima depressione. Resistendo nel frattempo, si augura Giorgio Mulè, «senza cominciare a scannarci tra noi e con la stessa grinta di una testuggine romana».