ALè, LA RéVOLUTION – SARKò ALLE STRETTE: DOMANI ALTRO SCIOPERO GENERALE CoNTRO LE POLITICHE ECONOMICHE DEL GOVERNO - 3 FRANCESI (IN CRISI) SU 4 LO APPROVANO – SOTTO ACCUSA IL PACCHETTO FISCALE DEL 2007 – LA SòLA SUGLI STRAORDINARI…

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Attilio Geroni per \"Il Sole 24 Ore\"

Sarkoland non è la terra promessa. In Francia le fabbriche chiudono e le aziende licenziano come altrove, anche se l\'Eliseo, il Governo e il ministero dell\'Economia non si stancano di ripetere che il Paese resiste alla crisi meglio di altri. La maggioranza dell\'opinione pubblica la pensa diversamente e il disagio è così forte che domani ci sarà un altro sciopero generale.

NicolasNicolas Sarkozy

Tre francesi su quattro lo approvano e il segretario della Cgt, Bernard Thibault, si attende una partecipazione almeno uguale a quella dello sciopero del 29 gennaio, quando un milione di francesi (due milioni e mezzo secondo il sindacato) protestò nelle strade e nelle piazze.

Da allora, nonostante un pacchetto aggiuntivo di misure in aiuto ai redditi più bassi, ai disoccupati e ai cassintegrati, il dibattito sulla giustizia sociale si è infiammato e perfino all\'interno della maggioranza c\'è chi ha cominciato a rimettere in discussione la politica neoliberista di Nicolas Sarkozy reclamando tasse per i ricchi o una revisione dell\'attuale bouclier fiscal, il tetto massimo d\'imposizione abbassato dal 60 al 50% del reddito.

Sotto accusa sono le riforme con le quali il presidente della Repubblica aveva cominciato il quinquennato a passo di carica e in particolare il pacchetto fiscale varato frettolosamente nell\'agosto 2007.

L\'opposizione socialista è arrivata a chiederne la soppressione per recuperare 12 miliardi di euro all\'anno - tanto costano, a regime, i vari sgravi concessi attraverso la drastica riduzione della patrimoniale, delle imposte di successione, la detassazione degli straordinari - e trasformarli in sostegno diretto al potere d\'acquisto.

A fare le pulci a quella prima ventata riformista che finse di non vedere un rallentamento congiunturale già in marcia, ci si sono messi con impegno, tra gli altri, due economisti, Pierre Cachuc, professore al Politecnico di Parigi, e André Zybelberg, direttore della ricerca al Cnrs.

ParigiParigi Scontri

Con un titolo spietato, «Le riforme mancate del presidente Sarkozy », edito da Flammarion, hanno passato al setaccio alcuni capisaldi del sarkozysmo contestandone cifre alla mano, competenza ed esperienza alle spalle-l\'efficacia e l\'utilità.

Il capitolo più interessante, e meglio argomentato, riguarda la detassazione degli straordinari e l\'aumento della loro remunerazione, misura che dava sostanza allo slogan elettorale del «lavorare di più per guadagnare di più» e scardinava, senza toccarle, le famigerate 35 ore.

Cahuc e Zybelberg ritengono che il dispositivo giri a vuoto, oltre ad essere costoso (6 miliardi di euro all\'anno, a pieno regime) e di dubbia efficacia sul piano occupazionale. Gli studiosi hanno rilevato, tra il secondo trimestre 2007 e il secondo trimestre 2008, un aumento del 34,5% degli straordinari nelle imprese.

Tendenza che non si spiega con la corrispondente frenata del Pil nello stesso periodo, la cui crescita si è quasi dimezzata. E che si spiega invece con un atteggiamento diverso da parte delle aziende, incentivate dal nuovo dispositivo a dichiarare gli straordinari per beneficiare delle detrazioni contributive a loro carico.

In sostanza, come dimostra una ricerca del ministero del Lavoro nel 2006, gli straordinari si facevano anche prima e probabilmente non meno di adesso, solo che le aziende ne dichiaravano una parte.

In più, aggiungono gli autori, la nuova formula permette di mascherare, attraverso la remunerazione delle ore lavorate oltre la durata contrattuale, quelli che una volta erano i premi di performance e produzione. Il risultato, concludono, è che grazie a questo dispositivo in molti possono «guadagnare di più senza lavorare di più».

Presa in contropiede dalla crisi, la politica economica di Nicolas Sarkozy non potrà essere sconfessata dall\'oggi al domani. Non vi è dubbio però che chiusure di fabbriche come quella di Continental a Clairoix, dove perderanno il posto 1.100 persone, sembrano dar ragione ai sostenitori di un revival della condivisione del lavoro, aborrita dal presidente e dai suoi consiglieri fino a pochi mesi fa.

Nell\'impianto in questione si viaggiava da oltre un anno a 40 ore la settimana, per aumentare la competitività ed evitare i licenziamenti. Si è ottenuto l\'effetto opposto e la recessione brutale non ha fatto che amplificare la sovracapacità produttiva.

Operai disperati hanno lanciato uova contro dirigenti portatori di disoccupazione, mentre il Governo si è prodotto in una straordinaria cacofonia sui 550 tagli occupazionali in Francia di Total (14 miliardi di utile netto nel 2008), segno di un nervosismo crescente. Sarkozy non è mai stato così in difficoltà: in crisi non c\'è soltanto la Francia, ma anche il modello riformista per il quale milioni di francesi lo avevano votato.

 

 

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