ANCHE MIELI SI RAVVEDE SULLA CENSURA A TRUMP E I TRUMPIANI: ''LE TV CHIUDONO L'AUDIO ALLA PORTAVOCE DEL PRESIDENTE (VIDEO) SOLO PERCHÉ CHIEDE IL RICONTEGGIO DEI VOTI, LEGALI E ILLEGALI, MI PARE ASSOLUTAMENTE INCREDIBILE. QUEL CHE È ACCADUTO SULLA FOX È UNA VERGOGNA, AVREI FATTO MEGLIO A USARE TONI PIÙ CAUTI''. I NETWORK NON TOGLIEVANO LA PAROLA A OSAMA BIN LADEN MA LO FANNO COL PRESIDENTE (SOLO PERCHÉ CONSIDERATO SCONFITTO, OVVIAMENTE)

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Maurizio Tortorella per “la Verità

 

Paolo Mieli s' è ricreduto.

paolo mieli foto di bacco

La decisione di chiudere brutalmente il collegamento audio di un Donald Trump che sta denunciando l' esistenza di presunti brogli elettorali, decretata in diretta da alcuni dei principali anchorman americani, non è più la scelta «impeccabile, perfetta, inappuntabile» di alcuni «eroi televisivi», come aveva scritto lunedì in un editoriale sul Corriere della Sera.

 

Sommessamente criticato dalla Verità, che ieri gli ha fatto notare come si tratti di una pratica del tutto sbagliata, che incarna piuttosto un' inaccettabile censura preventiva, illiberale e contraria a ogni regola del buon giornalismo, Mieli - con grande onestà intellettuale - ha cambiato idea: «Mi viene il dubbio che abbia ragione a criticarmi».

 

È quanto l' ex direttore del Corriere ha dichiarato ieri a Radio 24, nella trasmissione del mattino condotta da Simone Spetia, che gli chiedeva conto delle obiezioni della Verità e intanto gli faceva ascoltare la nuova, brusca (e assurda) interruzione imposta nella notte da un conduttore di Fox News all' addetta stampa di Trump, Kayleigh McEnany, che in modo del tutto neutro parlava della necessità di «ricontare voti legali e illegali».

 

la portavoce di trump mcenany censurata su fox news

Mieli, dopo aver ascoltato il giornalista di Fox News che a quelle parole sussulta e grida «Non ci sono le prove!», e di colpo lascia cadere la mannaia sull' audio, imponendo così un' evidente (e inaccettabile) censura, ha ammesso: «Forse sbagliavo». Poi, rivolgendosi a Spetia, ha aggiunto: «Quel che mi hai fatto ascoltare è assolutamente incredibile. Non è che adesso, ogni volta che parla un rappresentante di Trump, o Trump stesso, si spegne il microfono!».

 

Eppure questo è esattamente il rischio segnalato ieri dalla Verità: quando il giornalista abbandona il suo tradizionale diritto di critica e s' impanca a «giudice preliminare», arrogandosi il diritto di stabilire che cosa sia «vero» e «non vero», e comincia a cancellare dalla pagina, dal video o da un audio tutto quello che decide d' infilare a forza nella seconda categoria, opera solo e soltanto una censura preventiva. Che è pericolosa e inammissibile non soltanto nei confronti di Trump, ma anche nei confronti di Joe Biden come di chiunque altro.

donald trump in louisiana

 

Ieri La Verità faceva l' esempio, volutamente paradossale, di Osama Bin Laden, il fondatore di al Qaeda cui nessun giornalista vent' anni fa si sarebbe mai sognato di togliere la parola, malgrado si trattasse del più pericoloso fra i terroristi e dell' ideologo della Jihad, la guerra santa islamica. La parola gli veniva liberamente data, e altrettanto liberamente veniva qui criticata, là derisa, e a volte perfino giustificata.

 

Ma visto che ora, purtroppo, il taglio della voce e del video sembra essere la nuova tendenza dei mass media americani, si crea il rischio di una deriva pericolosa, forse capace di avvelenare l' informazione dell' intero Occidente. Su questo, per fortuna, anche Mieli si dice d' accordo. E dato che si tratta di un grande giornalista, e si sa che i giornalisti non amano smentirsi, il cambio di rotta gli fa doppiamente onore: «Quel che è accaduto stanotte sulla Fox è una vergogna», ha ammesso ieri, «e probabilmente avrei fatto meglio a usare toni più cauti».

 

kayleigh mcenany

Speriamo condividano la «svolta» anche al Corriere, che a Mieli aveva affidato come spesso accade la posizione più nobile che «impegna» anche il giornale. Dal canto suo, l' ex direttore ha spiegato che della prima censura imposta dai conduttori statunitensi a Trump, in realtà, aveva colto soprattutto - e apprezzato - il tentativo di evitare che le dichiarazioni bellicose del presidente sulla truffa elettorale si trasformassero in benzina da gettare sul fuoco delle proteste, innescando nuove violenze e incidenti: «Ma un conto era stato l' una tantum di quella notte», nella quale, ha precisato, temeva «una guerra civile» e «in quel momento pensavo fosse giusto».

 

Ora, invece, Mieli si dice convinto che la situazione negli Stati Uniti sia molto più serena: «Non vedo armati nelle strade». La guerra civile, insomma, sembra scongiurata. Per questo, ha precisato nella sua intervista di ieri a Radio 24, «non vorrei prendesse questa piega: che chiunque parla a nome di Trump, o Trump stesso, non meriti». S' immagina volesse concludere: di essere ascoltato.

 

Mieli infine ha voluto ironizzare sul comportamento della Fox, l' emittente americana tradizionalmente più vicina alla destra repubblicana, che è stata l' ultima a unirsi al coro dei taglia-voce inaugurato da Nbc, Cbs, Abc e Cnn. L' ex direttore del Corriere l' ha criticata («Rischia di cadere nel ridicolo») e ha paragonato la sua svolta a 180 gradi a quella dei «partigiani del 26 aprile», cioè i tanti «complici del regime» che dopo la sua caduta, nel 1945, s' erano velocemente riciclati e «indossavano camicie rosse, si facevano vedere con il mitra a tracolla, mostrando benemerenze che chiaramente non avevano».

 

donald trump intervistato da fox news 1

Ma se la censura è sempre e comunque intollerabile, sui cambi di casacca si può essere più tolleranti. Perché le umane debolezze, proprio in quanto inevitabilmente umane, sono spesso da giustificare. Dopotutto, poi, la testa degli uomini è rotonda proprio per permettere alle idee di girare. E di cambiare.

A volte anche nel giro di 24 ore.