UN CACCIA NATO MORTO – IL FARAONICO PROGETTO FRANCO TEDESCO DA 100 MILIARDI DI EURO, CHE DOVREBBE FAR NASCERE IL CACCIA DEL FUTURO, PROCEDE A RILENTO. NON C’È ANCORA NEMMENO UN NOME CONDIVISO E I GRUPPI INDUSTRIALI DEI DUE PAESI FANNO RESISTENZA. OLTRE AL FATTO CHE È MOLTO DIFFICILE PROMUOVERE UN PROGETTO MILITARE CHE SI SGANCIA DALL’INFLUENZA AMERICANA E QUINDI DAL PERIMETRO DELLA NATO…

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Anais Ginori per www.repubblica.it

 

progetto caccia fcas progetto caccia fcas

Non decolla il faraonico progetto per il sistema integrato del caccia del futuro battezzato da Emmanuel Macron e Angela Merkel. Proprio nei giorni in cui l'autonomia strategica dell'Europa viene invocata dai leader nel consiglio europeo di Bruxelles, viaggia in mezzo a turbolenze uno dei simboli della cooperazione militare franco-tedesca, inserita nel trattato bilaterale di Aix-la-Chapelle due anni fa.

 

Anche se è un cantiere di lungo periodo, proiettato nel 2045, i lavori preliminari procedono a rilento. Il presidente francese e la cancelliera tedesca insistono per avanzare. "Al Consiglio di difesa e sicurezza franco-tedesco, poco più di quindici giorni fa, c'è stata una pressione molto forte per ottenere un risultato positivo", racconta una fonte dell'Eliseo. "La palla è ora nel campo degli industriali".

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Il progetto, che vale oltre 100 miliardi di euro, finora non ha neppure un nome condiviso. I tedeschi usano l'acronimo inglese Fcas (Future Combat Air System), i francesi parlano invece di Scaf (Système de combat aerien du futur). "Un eventuale fallimento segnerebbe una crisi dell'integrazione europea nella Difesa", avverte Claudia Major, analista al German Institute for International and Security Affairs, che ha lanciato un appello dalle colonne di Le Monde.

 

"Quando è stato lanciato - ricorda Major - il programma franco-tedesco era un sì all'Europa e un doppio no: alla Gran Bretagna, che aveva appena votato la Brexit, e agli Stati Uniti, che hanno sviluppato le attrezzature che molti alleati della Nato utilizzano". Parigi e Berlino volevano dimostrare che la sovranità europea sulla Difesa è possibile. La Germania e la Francia rappresentano circa il 40% del settore in Europa.

 

"Se restano da soli, ogni Paese ha un peso quasi insignificante" prosegue Major. "Il Fcas è l'ultima possibilità di andare verso un settore della Difesa veramente europeo. Ed è la condizione necessaria per affrontare la concorrenza dell'Asia, ma soprattutto degli Stati Uniti, e per ridurre la dipendenza da Washington".

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I buoni propositi di Macron e Merkel si sono scontrati con vari ostacoli. A Parigi i gruppi industriali francesi che devono sviluppare il prototipo, tra cui Airbus, Dassault e Safran, fanno resistenza sulla condivisione della proprietà intellettuale delle nuove tecnologie inserite nel sistema integrato del caccia da combattimento di sesta generazione.

 

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A Berlino il Bundestag ha ritardato e condizionato il voto sulle prime tranche dei fondi proprio sulla questione dell'Ipr (Intellectual property rights). In piccolo è un caso emblematico per riassumere tutti i problemi della cooperazione europea in questo settore: rivalità industriali, differenze di sistema politico, diverso peso della Difesa nelle priorità nazionali. In Francia, l'industria degli armamenti gode di sostegno bipartisan ed è fortemente aiutata dallo Stato mentre in Germania rimane in gran parte privata e soffre di una reputazione ambivalente nel mondo politico.

ANGELA MERKEL EMMANUEL MACRON ANGELA MERKEL EMMANUEL MACRON

 

La Francia continua ad essere il Paese europeo che più investe nel suo esercito, 39,2 miliardi nel 2020, in aumento per il terzo anno consecutivo. Nella legge sulla pianificazione militare pluriennale (Loi de programmation militaire) il bilancio del dicastero guidato da Florence Parly salirà fino a 41 miliardi nel 2022 e a 44 miliardi nel 2023. "In Germania - sottolinea l'analista Major - ci sono stati grandi progressi dal 2014, dopo l'annessione della Crimea, che è stato un vero shock per la Germania.

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Il bilancio della Difesa è aumentato da 33 miliardi di euro nel 2013 a quasi 47 miliardi nel 2021. Non siamo ancora al 2% che vorrebbe la Nato ma è un incremento considerevole. Nonostante questi progressi - prosegue Major - la Germania è ancora indietro nell'analisi delle minacce e dei rischi, la politica di Difesa è più reattiva e solidale. Per esempio, la partecipazione alla missione in Mali è decisa per questioni di sicurezza ma anche per solidarietà con la Francia".

 

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"Ci sono effettivamente delle differenze strategiche tra i vari Paesi europei" ammette l'ex premier francese Bernard Cazeneuve che insieme al saggista Nicolas Baverez ha firmato un recente rapporto del think tank liberale Institut Montaigne.

 

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"C'è una contrapposizione storica - prosegue Cazeneuve - tra molti Paesi baltici e dell'Europa centrale, da un lato, che percepiscono la Russia come la principale minaccia alla sicurezza europea, e altri Paesi, come Francia, Spagna, Italia o Grecia, dall'altro, che guardano a sud verso il Mediterraneo e l'Africa. Queste differenze devono essere riconciliate e la bussola strategica, che dovrebbe essere adottata all'inizio del 2022". 

 

E' proprio l'analisi dei rischi strategici che spinge la Francia ad accelerare in un mondo in cui avanzano "minacce ibride". "L'Europa è un continente che crede di essere in pace" avverte Baverez citando le frontiere ad alta tensione, dal Mediterraneo mai così esplosivo, fino al Baltico e allo stretto di Gibilterra. I due autori del rapporto non escludono neppure il ritorno di conflitti nel senso classico del termine. "Dal 2017 i governi europei hanno preso coscienza che devono fare di più per la loro sicurezza. Ora bisogna approfondire questi sforzi", raccomanda l'ex premier Cazeneuve.

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In parallelo del progetto Fcas, a guida francese, dovrebbe essere sviluppato anche il prototipo di carro armato del futuro, chiamato Mgcs (Main Ground Combat System), che sarà invece portato avanti dai tedeschi. Ma l'incertezza è forte.

 

"Ci stiamo proiettando in un orizzonte di cinquant'anni, qualche settimana di ritardo non è poi così grave" osserva una fonte dell'Eliseo. Per Macron si tratta di un bivio cruciale. Il leader francese ha lanciato il concetto di "autonomia strategica" nel suo ormai famoso discorso sull'Europa pronunciato alla Sorbona nel settembre 2017. Un termine ormai entrato nel lessico di Bruxelles, ripreso anche dal nuovo premier Mario Draghi durante il suo primo vertice europeo.

 

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Sullo sfondo c'è la difficoltà di promuovere un progetto che si sgancia dall'influenza americana, tanto più dopo l'arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca. Al binomio franco-tedesco per il Fcas si è aggiunta la Spagna, mentre l'Italia partecipa con i britannici all'altro progetto di caccia del futuro, Tempest. Nessuno esclude più che alla fine ci possa essere una convergenza tra i due programmi attualmente in concorrenza. E' quello che fanno capire nell'entourage di Macron. "Non crediamo che ci sarà alcuna obiezione - sottolineano all'Eliseo - al fatto che i britannici, ad un certo punto, vogliano unirsi al Fcas, una volta che avremmo definito le grandi linee e principi del programma".

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