Giovanni Bianconi per \"il Corriere Della Sera\"
Quella nomina fu una ferita mai rimarginata. E con le intercettazioni sulle manovre sotterranee per ottenerla è tornata a sanguinare. Al punto da dover correre ai ripari in tutta fretta, per quanto si può.
La decisione di far presiedere la corte d\'appello di Milano ad Alfonso Marra divise a metà il Consiglio superiore. Era il 3 febbraio scorso. Marra ottenne 14 voti contro i 12 dell\'altro candidato, Renato Rordorf. Fu una spaccatura trasversale, anche all\'interno delle correnti. Dentro Unicost e Magistratura indipendente, i due gruppi «moderati», Berruti e Patrono si schierarono a favore di Rordorf, considerato «di sinistra».
Alfonso MarraE tra i «laici» eletti dall\'Ulivo, Celestina Tinelli preferì Marra. Come i tre membri dell\'ufficio di presidenza (Mancino, il presidente della Cassazione Carbone e il procuratore generale Esposito); per motivi di opportunità, fecero trapelare, legati a un precedente voto unanime in favore dello stesso giudice, e perché Rordorf aveva lavorato al Csm.
Spiegazioni che all\'epoca non convinsero. Perché nei corridoi del palazzo dei Marescialli, sede del Csm, si sussurrò fin da subito che dietro i voti determinanti della Tinelli, di Mancino e di Carbone c\'era qualcosa di strano. Niente di dimostrabile, ma molto di avvertito.
NICOLA MANCINONell\'abituale resoconto per gli aderenti alla sua corrente, la consigliera di Magistratura democratica Elisabetta Cesqui- già pubblico ministero nel processo alla Loggia P2 - sulla nomina di Marra si lasciò andare a considerazioni amare: «L\'aria viziata delle pressioni si è sentita fortissima... Il Consiglio può fare tutti gli sforzi di rinnovamento che vuole, ma quando si parla di decisioni veramente importanti, l\'esigenza di presidio di certi territori e di certi uffici prevale sistematicamente sulle logiche di merito effettivo».
dellutri carboni pasquale lombardi e arcangelo martino allhotel eden a romaOra le registrazioni di alcuni colloqui messi a fondamento dell\'arresto dei tre ispiratori della presunta «associazione segreta» che si sarebbe adoperata, fra l\'altro, per la nomina di Marra, ha dato nuovi argomenti a chi sosteneva quella tesi.
Al di là della loro rilevanza penale. I dialoghi fra Pasquale Lombardi, il «ministro della Giustizia» del gruppo, con lo stesso Marra e con il sottosegretario Giacomo Caliendo (ex magistrato di Unicost) sembrano dare concretezza ai sospetti. Come se avessero strappato un velo.
«Mi pare che ho concluso, per te, col capo», diceva Lombardi a Marra dopo un incontro con Carbone. «Ma bisogna avvicinare \'sto cazzo di Berruti...», ribatteva Marra. E Lombardi a Caliendo: «Per quanto riguarda Berruti te la devi vedere tu». Poi ancora a Marra: «Ho parlato con Giacomino e... stiamo operando».
Giacomo CaliendoAlla Tinelli chiedeva: «È opportuno che ne parli un poco con il presidente Carbone?». E lei: «Sì, assolutamente». In altri dialoghi Lombardi faceva intendere che il voto di Carbone si poteva conquistare prolungando la sua permanenza al vertice della Cassazione, con un emendamento sull\'eta pensionabile; riferiva di incontri con Mancino, e consigliava Marra di rivolgersi all\'ex ministro Diliberto per convincere la «laica» Letizia Vacca.
Tutte chiacchiere emillanterie, replicano gli interessati; Carbone avrebbe persino avvisato il ministro della Giustizia che non avrebbe accettato proroghe della sua presidenza. Ma è difficile districarsi tra intercettazioni e giustificazioni.
verdini p3Restano la puzza di bruciato che si avvertì al tempo della nomina e le conversazioni che oggi rivelano le pressioni. Almeno tentate, visto il tempo trascorso al telefono da Lombardi per il suo amico Marra. «Pasqualì, poi facciamo \'na bella festa, aMilano o a Roma», diceva il giudice. E l\'altro: «Eh, ce la facimm\' \'na bella festa! ».
La rapidissima decisione del Csm - giunto a fine mandato, scadrà fra due settimane - di avviare la pratica per la rimozione di Marra sembra il tentativo di cancellare una pagina opaca della propria storia. Quasi certamente toccherà al prossimo Consiglio decidere il destino di quel giudice, ma chi l\'ha nominato ha voluto mettere le basi per dissipare l\'ombra di una scelta condizionata da un gruppo di potere occulto e illegale, almeno secondo l\'accusa.
dellutriLo stesso Csm ha chiesto alla Procura di Roma «ogni utile informazione» su altri magistrati i cui nomi emergono dall\'inchiesta. A cominciare da Arcibaldo Miller, il capo degli ispettori del ministero della Giustizia, che- hanno scritto i carabinieri nel loro rapporto- «forniva il proprio contributo alle attività di interferenza». Al pari del sottosegretario Caliendo e dell\'ex avvocato generale della Cassazione Antonio Martone, che però hanno abbandonato la toga.
Anche la decisione della Procura generale di aprire l\'istruttoria per un procedimento disciplinare a Marra suona come uno squillo di riscossa rispetto alla «questione morale» nella magistratura; e così l\'allarme del segretario dell\'Associazione magistrati Giuseppe Cascini, che confessa di aver provato «vergogna, indignazione e rabbia» a leggere i dialoghi dei suoi colleghi intercettati.
L\'Anm ha chiesto ai probiviri di valutare sanzioni, fino all\'eventuale espulsione. Come se ci fosse l\'urgenza di fare pulizia nella corporazione, a costo di dividere i magistrati e le loro correnti, pure al proprio interno. Per dare un esempio alla politica, l\'altro potere toccato dall\'indagine giudiziaria, col quale le toghe (non tutte, a leggere i resoconti dell intercettazioni) sembrano in perenne conflitto.