A CHE SERVE LA NATO SE POI GLI AMERICANI FANNO SEMPRE I LORO PORCI COMODI? – IL DISASTRO IN AFGHANISTAN RENDE EVIDENTE (SE CE NE FOSSE ANCORA BISOGNO) IL FALLIMENTO TOTALE DELL’ALLEANZA ATLANTICA: GLI ALLEATI, IN QUANTO TALI, SI ASPETTAVANO CHE “BANANA JOE” LI RENDESSE PARTECIPI DELLE DECISIONI SUL RITIRO DA KABUL. E INVECE, SIAMO ALLE SOLITE CON IL SOLITO SENSO DI SUPERIORITÀ AMERICANO E CON IL VIZIETTO DI NON FIDARSI DEI LEADER EUROPEI. MA A FURIA DI TIRARE LA CORDA SI SPEZZA…

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joe biden vertice nato 1

LA PRESIDENZA BIDEN, DOPO APPENA 7 MESI, STA SVANENDO COME UN PROFUMO SCADENTE. SE VUOLE SOPRAVVIVERE, DEVE SOLO PENSARE A COME VENDICARE I 13 MILITARI USA UCCISI. TRANNE PAOLO MIELI, TUTTI SOTTOLINEANO IL VIZIO AMERICANO DI NON FIDARSI DEI LEADER EUROPEI. SECONDO PUNTO DOLENS: IL SENSO DI SUPERIORITÀ AMERICANO IMMANCABILMENTE ARRIVA ALL’ARROGANZA DEL MARCHESE DEL GRILLO: IO SO’ IO E VOI NON SIETE UN CAZZO

https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/presidenza-biden-dopo-appena-mesi-sta-svanendo-come-profumo-280976.htm

attentato all aeroporto di kabul

 

NATO, ANNO ZERO

Francesco Grignetti per “La Stampa”

 

La fine ingloriosa della missione in Afghanistan, la più lunga onerosa impegnativa sanguinosa nella storia dell'alleanza, lascia in macerie l'alleanza stessa. Lo rimproverano gli analisti americani a Joe Biden, su tutti Ian Bremmer: «Quando è venuto il momento di staccare la spina - ha scritto - Biden lo ha fatto da solo, sia in termini di scelta politica che di decisione, comunicazione, attuazione e ripercussioni. Gli alleati si aspettavano dagli americani un atteggiamento diverso nei confronti degli amici».

attentato all aeroporto di kabul 9

 

È ormai stranoto, a questo punto, che Washington non ha minimamente consultato o ascoltato gli alleati nelle trattative con i taleban.

 

MARIO DRAGHI CON ANGELA MERKEL

A malapena sono stati informati a cose fatte. Ma ci sono alcuni retroscena su quanto avvenuto negli ultimi giorni che se possibile hanno avvelenato ancor di più i rapporti euro-atlantici.

 

ursula von der leyen, emmanuel macron, charles michel, angela merkel e mario draghi al g7 2

Il 15 agosto, quando i primi taleban hanno fatto ingresso a Kabul - e di certo l'Amministrazione Biden non l'ha saputo dai media - al mattino è scattato il piano di evacuazione dell'ambasciata. C'è da dire che era una struttura enorme, con quasi 4000 addetti. Una città nella città.

 

joe biden piange dopo l attentato all aeroporto di kabul

Ebbene, che i diplomatici americani stessero scappando gli altri lo hanno scoperto sentendo il rumore degli elicotteri. Al pari della gente comune. È stata una doccia gelata per tutti, afghani e alleati. Che infatti si sono riversati confusamente tutti verso l'aeroporto. Nella nostra ambasciata hanno distrutto in fretta i cifrari, bruciato le carte più sensibili, manomesso le automobili nel garage. E sono andati via. La seconda sgradita sorpresa si è avuta all'aeroporto.

 

joe biden vertice nato

L'area civile era inutilizzabile ed era in mano talebana. La parte militare, invece, dove fino alla sera prima c'era l'esercito afghano a protezione, il 15 mattina sono subentrati i marines a stelle e strisce.

 

Loro e solo loro. Tutti gli altri, salvo gli inglesi che avevano avuto un canale di comunicazione più riservato, si sono ritrovati nella scomoda posizione di ospiti poco graditi. Gli alleati hanno scoperto che le forze armate americane avevano preventivamente requisito buona parte degli spazi, compreso il terminal, adibito a Centro di smistamento per il loro ponte aereo. Tutti gli altri hanno dovuto arrangiarsi.

 

recep tayyp erdogan joe biden

Gli italiani, per dire, si sono presi un hangar che era rimasto vuoto e hanno provato ad attrezzarlo con quel poco che trovavano in giro. Restava poi una palazzina su due piani, separata con cancelli e reti dall'area americana, e lì, alla buona, ogni Paese Nato si è sistemato in una stanza. Ora si racconta con una certa enfasi del ponte aereo.

 

emmanuel macron e mario draghi al g7

Se però si osservano i comunicati di Washington, salta agli occhi che giornalmente veniva diramata una contabilità su quanti aerei americani e quanti profughi avevano portato via loro, più un'aggiunta su quanti voli e profughi erano stati aiutati dagli alleati. Già la contabilità separata dà l'idea di una frattura profonda.

 

attentato all aeroporto di kabul 12

Dentro l'aeroporto, poi, è montata una specie di lite coniugale. Per i primi tre giorni, gli americani hanno preteso di ricevere dagli europei le liste di chi aveva avuto il loro visto, da girare ai marines ai cancelli, che avrebbero poi provveduto a farli passare.

 

Un meccanismo che da subito si è rivelato impossibile da applicare, vista la marea umana che faceva da tappo davanti ad ogni ingresso. Nei giorni seguenti, le rigidità si sono parzialmente allentate. Tutti hanno capito che bisognava ingegnarsi. Ed è iniziata la trafila di presentarsi al canale di scolo per farsi riconoscere e tirare su dal famoso muro. Ciascuno dal proprio contingente di riferimento.

 

attentato all aeroporto di kabul 10

La salvezza è stata affidata ai messaggi whatsapp da fuori a dentro e viceversa. A tentare un minimo di coordinamento, quantomeno a salvare le forme, è rimasto fino all'ultimo l'ambasciatore Stefano Pontecorvo, un diplomatico italiano designato solo pochi mesi fa «Rappresentante Nato» nel Paese. Pontecorvo è salito ieri sul penultimo C130J dell'Aeronautica italiana assieme al giovane console Tommaso Claudi, il diplomatico che in questi dodici giorni ha rappresentato il nostro Paese all'aeroporto. «Lascio Kabul con il cuore pesante», ha scritto Pontecorvo nel suo ultimo tweet. Forse non si riferiva solo all'Afghanistan.

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STEFANO PONTECORVO ALL AEROPORTO DI KABUL
joe biden dopo l attentato di kabul
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luigi di maio saluta tommaso claudi e stefano pontecorvo
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draghi merkel