A CHI FISCHIERANNO LE ORECCHIE? IL DRAMMA DI GIORGIO AIRAUDO, SEGRETARIO GENERALE DELLA FIOM: “MIA MADRE È MORTA IERI. DIECI GIORNI DOPO MIO PADRE. TRAVOLTI DAL COVID E DAL SILENZIO. EVIDENTEMENTE NON ERANO STATI GIUDICATI ABBASTANZA FRAGILI PER ESSERE VACCINATI IN TEMPO. NON AVEVANO UN ORDINE PROFESSIONALE CHE LI TUTELASSE, NESSUNA CORSIA PRIVILEGIATA. MA AVEVANO FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI…"

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Giorgio Airaudo* per “la Stampa”

*60 anni, politico e sindacalista. Nel 2013 è stato eletto deputato nella fila di Sinistra Ecologia e Libertà. Attualmente è il segretario generale della Fiom in Piemonte.

 

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Mia madre è morta ieri, all'ospedale di Rivoli, vicino a Torino. Dieci giorni dopo mio padre, che è mancato a Tortona perché non c'erano più letti per ospitarlo vicino a casa. Travolti dal Covid e dal silenzio. Se ne sono andati come migliaia e migliaia della loro generazione. Dopo averci insegnato il rispetto per le istituzioni, il dovere di combattere per migliorarle, la forza per non accontentarsi.

 

Sono morti divisi dall'impazzimento e dalla disorganizzazione di quel sistema che invece avrebbe dovuto salvarli. La clessidra, per mia madre, ha cessato di scorrere ieri. Evidentemente non era stata giudicata abbastanza fragile per essere vaccinata in tempo. Non aveva un ordine professionale che la tutelasse e le creasse una corsia privilegiata. Come mio padre, quelle corsie non le aveva mai cercate. Una tentazione per molti forte, un modo per arrivare prima alla vaccinazione.

 

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Quello che alla loro condizione di ottantenni può spesso fare la differenza tra la vita e la morte. Ma avevano fiducia nelle istituzioni, nel fatto che tutto, alla fine, sarebbe stato organizzato per il meglio. Perché nell'Italia che ci avevano insegnato a sognare non c'erano corsie preferenziali, amici degli amici, scorciatoie. Erano arrivati a Torino a fare gli operai, venuti da lontano, da famiglie contadine. Mia madre addirittura dall'immigrazione istriana e dai campi profughi. Nella città che il boom economico stava radicalmente trasformando, avevano imparato una nuova educazione civica. Quella che si insegnava nelle fabbriche, nelle lotte collettive per migliorare le condizioni di vita di tutti. Perché, ci dicevano, quello era l'unico modo per cambiare lo stato delle cose esistenti. Mamma, papà, diciamolo: non è andata così. Avreste potuto essere più fortunati.

 

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In questa Italia delle assurdità, dove ogni Regione ha le sue regole, poteva andarvi meglio. Potevate avere l'occasione di vivere nel Lazio, dove in questi giorni si cominciano a vaccinare i settantenni. Non ci siete riusciti. Non è certo colpa dei medici e degli infermieri che anzi in queste settimane hanno fatto ogni sforzo per impedire che la sabbia nella clessidra si fermasse.

 

Tu, papà, sei arrivato in ritardo di poche ore. Alle quattro del pomeriggio hai ricevuto il messaggio che fissava l'appuntamento per il vaccino. Sei morto quella sera. Oggi che mi avete lasciato non posso più tacere, devo gridare il dolore delle centinaia di migliaia di fragili che restano ancora in fondo alle file delle priorità nei centri vaccinali italiani. Superati da categorie potenti quando mai come oggi i criteri validi, gli unici validi, dovrebbero essere quello dell'anzianità e quello della fragilità.

 

Che poi, a ben pensarci, è un unico grande criterio, quello utilizzato da tutti i popoli nei momenti di difficoltà: proteggere gli anziani e i più deboli per salvare la memoria di tutti. Se non torneremo presto a questo unico criterio, diventeremo tutti un po' più disumani.

Giorgio Airaudo Giorgio Airaudo

 

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