O CONTE-TER O DRAGHI UNO - RENZI FA LE PROVE GENERALI DEL DISCORSO CHE FARÀ IN SENATO DOPO LA MANOVRA: ''IL PREMIER O CAMBIA SQUADRA O CAMBIA MESTIERE, QUI SIAMO ALLE BARZELLETTE''. DISTRIBUIRE UN PO' DI POLTRONE PER EVITARE IL RIMPASTO, LA FILOSOFIA DEL PREMIER CON LA TROVATA DELL'ENNESIMA TASK FORCE PER GESTIRE IL RECOVERY. IL PARADOSSO È CHE QUESTO CARROZZONE NON LO VUOLE NESSUNO, MA AD ECCEZIONE DI RENZI IN POCHI LO DICONO

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Alessandro De Angelis per www.huffingtonpost.it

 

Al momento Matteo Renzi lo va dicendo solo ai suoi, sapendo che i segreti in questo mondo non esistono. Con l’atteggiamento di chi sta facendo le prove generali di un discorso che ha già dentro. E aspetta solo il momento giusto per essere pronunciato, il giorno in cui in Senato sarà approvata la manovra: “Conte o cambia squadra o cambia mestiere, perché così siamo alle barzellette”. È un pensiero che incrocia una sensibilità diffusa, anche se di ilarità in giro ce n’è poca.

 

RENZI CONTE RENZI CONTE

Distribuire un po’ di poltrone per evitare il rimpasto. Questa è stata la filosofia del premier con la trovata dell’ennesima task force per gestire il Recovery, che poi sarebbe questa la barzelletta in questione. Diventata l’oggetto delle lamentele di mezzo governo, perché per evitare il rimpasto vero questa trovata assomiglia a un rimpasto di fatto, al punto che il mite Zingaretti ha dovuto allargare le braccia all’ennesima telefonata di un suo ministro: “A me non importa che siano tre o trecento, a me importa che si faccia il Recovery”.

 

È chiaro quel che teme Conte, gran professionista dell’arrocco e dell’arte di dire sì e poi rimbalzare ogni richiesta. Teme che ciò che inizia come rimpasto dei ministri finisca con un rimpasto del premier. E dunque fa un po’ di ammuina, trecento consulenti, “a’ Fra che te serve”, e la nave va.

 

Il paradosso di questa storia è che questo carrozzone non lo vuole nessuno, ma ad eccezione di Renzi in pochi lo dicono. Eppure lo pensano. A partire dai ministri che gestiscono i dossier strategici, tipo Paola De Micheli e Sergio Costa. Semplicemente furibondi, perché vedono svuotato il proprio ruolo. E non capiscono, in questa confusione, chi deve pensare, chi coordina, chi decide. Raccontano i ben informati che nelle chat interne dei partiti è già in atto un nuovo capitolo del manuale Cencelli: tecnici in “quota di” che si propongono, esperti, vecchie glorie, ruffiani, portaborse e mezzecalze, per dirle col poeta. E ancora non sono arrivati i curriculum di chi rappresenta gli interessi veri in un paese in cui i poteri forti amano tenere la politica al guinzaglio corto, rendendola debole e condizionabile.

PAOLA DE MICHELI ROBERTO SPERANZA PAOLA DE MICHELI ROBERTO SPERANZA

 

Sempre a Renzi si torna, attorno alla cui contagiosa insofferenza si è sviluppata una diffusa simpatia al punto che anche Goffredo Bettini non si nega a una consuetudine telefonica. Perché il ragazzo, sulle battute, non è male: “Siamo ai navigator del Recovery – ha detto a chi gli ha riferito l’esito della riunione odierna -. In tutto il mondo si discute di progetti, da noi si parla di consulenti”. Da quelle parti è tutto un festival di battute, perché “in tutto il mondo si discute di idee per ripartire, da noi dell’ora di nascita di Gesù bambino”. E in tutto il mondo se un ministro non funziona lo cambi, non crei un governo parallelo.

 

Il che dà l’idea del clima che si respira: il piccolo cabotaggio, l’orizzonte quasi alla giornata, il trionfo del particolare, gestito con più o meno maestria. In un capannello alla Camera, Matteo Orfini, ragionando a voce alta si chiede: “Io sinceramente non so quanto questa roba possa durare, tra cabine di regia e consulenze. È surreale”. In un altro capannello si parla dell’inchiesta di Report, sullo studio dell’Oms ritirato “perché metteva in imbarazzo il governo italiano, il cui piano di prevenzione era datato 2006 e il direttore aggiunto dell’Oms Ranieri Guerra, che tra il 2014 e il 2017 era dg Prevenzione al Ministero della Sanità”. Roba che in altri tempi sarebbe venuto giù il mondo. E comunque qualcuno sarebbe stato chiamato in Parlamento a riferire.

sergio costa sergio costa

 

Ecco, il governo sembra entrato in una terra di nessuno, e infatti nessuno si assume la responsabilità di una mossa. Balla sul Mes, ma non si sa cosa voglia fare del Mes, come su Autostrade e Alitalia, discute di cenoni, regala a Berlusconi la “salva-Mediaset” senza neanche averne i voti in cambio. Siamo cioè entrati in una fase in cui l’inadeguatezza è così conclamata che, se provi a capire come la pensano ai piani alti del Nazareno su progetto, durata e sul “che succede” la risposta è “boh”. La verità in fondo è che, pur scettici sul fatto che andrà fino in fondo, in molti si aspettano che Renzi faccia ciò che è scontato che a questo punto non scandalizzerebbe nessuno, ma che fatto da lui lascia agli altri la coscienza pulita. Pare che faccia sul serio, questa è l’impressione dei suoi, perché se pure stavolta can che abbaia non morde, nessuno lo prenderà più sul serio: “Alla fine di questa storia – ripete – o c’è il Conte ter o il Draghi 1, vedrete. Per questo Conte metterà mano alla squadra”.  In fondo, cosa ha da perdere.

 

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