DITTATURA, UN PASSO ALLA VOLTA - MADURO “VINCE” LE ELEZIONI PER LA COSTITUENTE E MINACCIA GIUDICI E PARLAMENTO - LE OPPOSIZIONI LO ACCUSANO: “E’ UNA GIGANTESCA FRODE ELETTORALE” - IL PAESE E’ SEMPRE PIÙ ISOLATO E CON IL PRESIDENTE RESTANO SOLO BOLIVIA, EL SALVADOR E NICARAGUA
-Emiliano Guanella per “La Stampa”
A passi distesi verso il totalitarismo, il Venezuela si è svegliato tramortito dopo le elezioni per l'Assemblea costituente e si interroga ora su futuro imminente che non promette nulla di nuovo. L' opposizione ha detto chiaramente che gli otto milioni di voti dichiarati dal Consiglio elettorale non esistono, sono una gigantesca frode elettorale. «Secondo i nostri calcoli - hanno dichiarato - non sono stati più di due milioni».
Chi ha percorso i seggi domenica a Caracas e nelle principali città del Paese ha registrato un panorama desolante; pochissime le persone in coda, lontano dallo scenario del «popolo in festa democratica» descritto, senza le immagini a supporto, dalla televisione pubblica. Ma il presidente Nicolas Maduro tira dritto; per lui tutto è stato regolare e l' affluenza record, nemmeno Chavez ha mai superato la soglia di 8 milioni di consensi, è il segnale che la rivoluzione bolivariana è ancora viva.
Il futuro Il parere è unanime; ora può succedere di tutto. Maduro ha sempre detto che l' Assemblea costituente è il «potere dei poteri», dando ad essa ampie facoltà per ridisegnare la mappa istituzionale del Paese. I primi a cadere potrebbero essere i deputati dell' attuale Parlamento, l' 80% dei quali è anti-governativo. In qualsiasi momento la Corte Suprema può scioglierlo, Maduro ha già detto domenica sera che «devono iniziare a dire addio alla loro immunità parlamentare»; possono essere arrestati con l' accusa di cospirazione, istigazione alla ribellione od alto tradimento.
Stesso destino può capitare a Luisa Ortega Diaz, la procuratrice generale che si è schierata da subito contro il progetto della Costituente. Ancora più facile far cadere la scure su sindaci, governatori, leader sindacali o studenteschi.
La repressione A reprimere le manifestazioni sono la polizia e la guardia nazionale bolivariana, le forze armate sono rimaste finora nelle caserme. I generali sono fedelissimi di Maduro, undici di loro sono ministri, ma nessuno conosce gli umori dei sottufficiali, fino a che punto siano disposti a sporcarsi le mani. Ultrafedeli, invece, sono i «colectivos», piccoli gruppi di civili armati che intervengono al momento del bisogno. Sono chiamati anche «motorizados». Sul mezzo sono sempre in due; uno guida, l' altro spara, e poi si dileguano.
Agli inizi della protesta le piazze si riempivano ogni volta che l' opposizione convocava una manifestazione. La scia di morti, uno al giorno, ha seminato il panico; a difendere le barricate oggi sono soprattutto ragazzi di strada, spesso giovanissimi (uno dei caduti di domenica aveva 13 anni), che non hanno niente da perdere e che continueranno ad immolarsi con molotov e fionde.
Guerra civile Oggi in Venezuela la forza sta dalla parte del governo, ma nel Paese, uno dei più violenti al mondo, circolano migliaia di armi non registrate. Nei «barrios» popolari ostili al governo fame e disperazione potrebbero far scattare rivolte con scenari da guerriglia urbana.
Il petrolio e le reazioni Il Venezuela esporta 1,9 milioni di barili di greggio al giorno, 800.000 dei quali negli Usa. Se Washington volesse tagliare le gambe al governo dovrebbe bloccare l' importazione, ma questo potrebbe appoggiare la tesi del golpe imperialista di cui tanto parla Maduro.
Salvo la scontata reazione statunitense, che minaccia sanzioni, i più importanti Paesi sudamericani hanno ripudiato la Costituente. Solo la Bolivia di Evo Morales, anche lui ha cercato di cambiare la Costituzione per farsi rieleggere, il Nicaragua e El Salvador rimangono amici di Maduro. Anche l' Ue e persino la pacata Svizzera hanno condannato il voto di domenica.
L'Italia, con il ministro degli Esteri Alfano, ha fatto appello al tentativo di mediazione (dicembre 2016), della Santa Sede. Il premier Gentiloni ha detto: «In Venezuela c' è una situazione al limite della guerra civile e al limite di un regime dittatoriale. Non riconosceremo questa Assemblea costituente voluta da Maduro». La strada del dialogo è stata tentata da papa Francesco, dalla Oea, da ex presidenti della regione, ma se era difficile prima, ora il dialogo sembra davvero impossibile.