EURO-DUCETTA IN TOUR - LA MISSIONE UE DI GIORGIA MELONI: A BRUXELLES VEDE E TENTA DI RASSICURARE SASSOLI E GENTILONI ACCREDITANDOSI COME NUOVA LEADER DEL CENTRODESTRA E DEI CONSERVATORI E RIFORMISTI EUROPEI: UNA VOCAZIONE NON (SOLO) SOVRANISTA ED EUROSCETTICA MA "A DIFESA DELLE IDENTITÀ" - A CENA PERÒ INCONTRA IL PUZZONE ORBAN: "IL SUO INGRESSO IN ECR? VALUTEREMO..."

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Paola Di Caro per il "Corriere della Sera"

 

giorgia meloni con paolo gentiloni

La lunga marcia di Giorgia Meloni verso la leadership del centrodestra, mai ammessa ma visti i sondaggi ormai nei fatti, passa anche attraverso l'accreditamento in un'Europa diffidente verso il sovranismo e l'euroscetticismo.

 

Per questo è importante quanto delicata la due giorni della leader di Fratelli d'Italia a Bruxelles, che ha visto in agenda incontri con il premier ungherese Orbán, quello polacco Morawiecki, lo sloveno Jansa, ma anche con il presidente del Parlamento europeo David Sassoli e il commissario Paolo Gentiloni.

 

giorgia meloni con david sassoli

Sì perché la Meloni - mentre nel centrodestra si litiga sul partito unico che lei esclude e Salvini non affonda il colpo in Europa - ha dalla sua il vantaggio di presentarsi nella doppia veste di leader di uno dei primi partiti italiani ma anche di presidente del partito dei Conservatori e riformisti europei, che nelle sue intenzioni dovrebbe via via togliere peso e spazio a un Ppe che «è ormai a rimorchio del centrosinistra europeo, di Pse, Liberali e Verdi», come dice il capodelegazione di FdI Carlo Fidanza, che col vice presidente di Ecr Raffaele Fitto ha preparato il viaggio.

 

david sassoli e giorgia meloni

La scommessa e insieme la sfida della Meloni è duplice: allargare l'area dei conservatori rendendola baricentro del centrodestra europeo, prima che eventualmente nasca un'altra formazione a destra con chi si sente «a disagio» nel Ppe o ne è già uscito. Ma assieme rassicurare sul fatto che questa destra non sarà di stampo puramente sovranista o estremista, piuttosto «a difesa delle identità».

 

E i suoi incontri con esponenti istituzionali come Sassoli e Gentiloni sono serviti da un lato a chiedere maggiore spazio per il suo partito nel dibattito sull'Europa che verrà, dall'altro per assicurare che, nonostante l'opposizione al governo Draghi, sui grandi temi come il no al ritorno alla Patto di stabilità versione pre-pandemia, l'Italia è compatta.

 

giorgia meloni e viktor orban

Un punto di svolta è rappresentato dal rapporto con il premier ungherese Victor Orbán, che ieri ha incontrato a cena e che, proprio mentre in Italia infuria la polemica sulla legge Zan, è al centro di una bufera politica per la sua legge «contro la promozione dell'omosessualità».

 

«Noi siamo interessati ad allargare la famiglia di Ecr, che oggi è sostanzialmente il gruppo di trade-union del Centrodestra e credo che possa essere attrattivo tanto per formazioni come il caso di Fidesz che arrivano dal Ppe e che sono stanche di un approccio troppo prono alla sinistra, tanto per chi dalla nostra destra vuole uscire da una opzione di marginalità», dice la Meloni. Che su Orbán si tiene cauta: la contestata legge? «Non l'ho ancora letta, voglio studiarla bene, ne parlerò con lui».

 

giorgia meloni con viktor orban

Un suo ingresso nell'Ecr? «Fidesz per ora non ha fatto richiesta di ingresso in Ecr e se lo facesse chiaramente io sarei contenta di valutarla. La considererei anche una collocazione abbastanza naturale per il percorso di Fidesz».

 

La Meloni però sa bene che Orbán potrebbe avere interesse a porsi lui a capo di una nuova formazione, e anche per questo l'atteggiamento verso il premier ungherese non è di sostegno incondizionato. Si vedrà, insomma.

 

giorgia meloni mario draghi

E mentre in Ecr entrano due nuovi eurodeputati (uno da FI), la linea politica resta ferma: «Sul tema delle migrazioni la proposta italiana finora è stata irragionevole, perché noi pretendiamo che nazioni che difendono, come noi, un pezzo di confine dell'Ue e non fanno entrare immigrati clandestini, redistribuiscano i nostri».

 

giorgia meloni dopo l'incontro con draghi

Sul Recovery invece, cuore dell'incontro con Gentiloni, Meloni (FdI si è astenuto nel voto europeo) si è detta «preoccupata per i tempi di erogazione delle risorse», per le «condizionalità», per «l'eccessiva discrezionalità della Commissione» e poi per il «Patto di stabilità, che se tornasse in vigore nel 2023 con i parametri che conosciamo, di fatto creerebbe moltissimi problemi alla nostra crescita economica: su questo abbiamo chiesto uno sforzo e garanzie».