IL GATTOSARDO SCRIVE A NAPOLITANO - ALL’INCONTRO TRA LE VEDOVE PINELLI E CALABRESI MANCAVA LA TERZA VITTIMA, SOFRI - COSSIGA CHIEDE LA GRAZIA “PER UNA VITA CHE SI AVVIA ALLA FINE A CAUSA DI GRAVISSIMI MALI” - E SBATTE AL MURO SCALFARI, ECO, FO...

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Lettera del senatore Francesco Cossiga al Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano (11 maggio 2009)

Francesco CossigaFrancesco Cossiga

Signor Presidente, come tutti gli italiani ho molto apprezzato, quale contributo a una memoria condivisa e a una Nazione infine moralmente pacificata, quanto da Lei detto in occasione del 25 aprile, Festa della Liberazione della Patria dal nazifascismo e quanto successivamente da Lei detto e fatto in occasione della Giornata della Memoria per le vittime del terrorismo, anche con l'atto altamente nobile e altrettanto nobilmente messo in atto con la loro partecipazione, di far incontrare al Quirinale, la casa di tutti gli italiani, la vedova del commissario di pubblica sicurezza Calabresi e la vedova del povero ferroviere anarchico Pinelli, sulla cui misteriosa morte mai è stata detta una parola chiara e convincente.

Non credo che mi faccia velo la mia antica amicizia verso Adriano Sofri - alla cui colpevolezza non ho mai creduto anche a causa della farfugliata sentenza di condanna e dei caratteri del movimento comunista di Lotta Continua che mai ha praticato la lotta armata -, se Le chiedo di voler concedere la grazia ad Adriano, una grazia che gli farebbe vivere in piena libertà una vita che già si avvia dolorosamente al suo termine a causa di gravissimi mali.

Lei, signor Presidente che è un uomo retto e giusto non può trascurare la circostanza che, se anche fosse vero che il Sofri è stato il mandante dell'uccisione del commissario Calabresi, mandanti politici, culturali e morali potrebbero essere considerati i firmatari del famoso appello che indicava in Luigi Calabresi il torturatore e l'assassino dell'anarchico Pinelli.

NAPOLITANO CON VEDOVE PINELLI E CALBRESINAPOLITANO CON VEDOVE PINELLI E CALBRESI

Il 13 giugno 1971 infatti il settimanale L'Espresso, allora diretto dal grande giornalista democratico Eugenio Scalfari, pubblicò un articolo di Camilla Cederna, intitolato "Colpi di Scena e Colpi di Karatè" e sottotitolato "Gli Ultimi Incredibili Sviluppi del Caso Pinelli", in cui si accusava, da un lato, il Commissario Luigi Calabresi della morte di Giuseppe Pinelli e, dall'altro, tutto l'apparato istituzionale per la protezione che gli garantiva. In calce a questo articolo c'era un appello in cui, sulla base di queste argomentazioni, si chiedeva apertamente alle autorità competenti di intervenire contro il commissario Calabresi ed i suoi presunti protettori.

Giuseppe PinelliGiuseppe Pinelli

Nell'appello si leggono termini inequivocabili, come "commissari torturatori, magistrati persecutori, giudici indegni". L'appello si conclude con la richiesta di ricusazione di tutti gli interpreti che, fino ad allora, avevano avuto un ruolo nella vicenda. Questo appello, presentato come lettera aperta, fu sottoscritto da numerose personalità ed ebbe un numero di adesioni crescente nei giorni seguenti, tanto che L'Espresso decise ripubblicarlo nei due numeri successivi.

Sull'ultima pubblicazione, uscita il 27 giugno 1971, si contano 757 firme, tra le quali molti esponenti di primissimo piano nel mondo della politica, del giornalismo e della cultura in genere, tutti elettori o simpatizzanti del Partito Comunista o di altri partiti di sinistra. L'appello diceva: «Il processo che doveva far luce sulla morte di Giuseppe Pinelli si è arrestato davanti alla bara del ferroviere ucciso senza colpa. Chi porta la responsabilità della sua fine, Luigi Calabresi, ha trovato nella legge la possibilità di ricusare il suo giudice. Chi doveva celebrare il giudizio, Carlo Biotti, lo ha inquinato con i meschini calcoli di un carrierismo senile. Chi aveva indossato la toga del patrocinio legale, Michele Lener, vi ha nascosto le trame di una odiosa coercizione.

Adriano SofriAdriano Sofri

Oggi come ieri - quando denunciammo apertamente l'arbitrio calunnioso di un questore, Michele Guida, e l'indegna copertura concessagli dalla Procura della Repubblica, nelle persone di Giovanni Caizzi e Carlo Amati - il nostro sdegno è di chi sente spegnersi la fiducia in una giustizia che non è più tale quando non può riconoscersi in essa la coscienza dei cittadini. Per questo, per non rinunciare a tale fiducia senza la quale morrebbe ogni possibilità di convivenza civile, noi formuliamo a nostra volta un atto di ricusazione.

Una ricusazione di coscienza - che non ha minor legittimità di quella di diritto - rivolta ai commissari torturatori, ai magistrati persecutori, ai giudici indegni. Noi chiediamo l'allontanamento dai loro uffici di coloro che abbiamo nominato, in quanto ricusiamo di riconoscere in loro qualsiasi rappresentanza della legge, dello Stato, dei cittadini.»

bobbio norbertobobbio norberto

I suoi firmatari erano tra gli altri Enzo Enriques Agnoletti, Giorgio Amendola, Laura Betti, Giorgio Benvenuto, Alberto Bevilacqua, Giorgio Bocca, Liliana Cavani, Lucio Colletti, Tullio De Mauro, Umberto Eco, Giulio Einaudi, Federico Fellini, Dario Fo, Renato Guttuso, Margherita Haker, Ferruccio Parri, Pierpaolo Paolini, Vittorio Ripa di Meana, Umberto Terracini, e infine il grande giornalista combattente di tante battaglie per la libertà Eugenio Scalfari e il grande filosofo Noberto Bobbio, da tutti oggi celebrato come "padre delle libertà e della democrazia".

D'altronde credo che la vedova Calabresi e suo figlio Mario nell'accettare di incontrare la signora Pinelli si siano proprio posti sulla strada della pacificazione generale. La vedova Calabresi ha riconosciuto che non fu atto temerario, ma largamente giustificato dalle circostanze, che la signora Pinelli denunciasse il commissario per l'assassinio del marito; e la signora Pinelli incontrando la vedova Calabresi ha riconosciuto che le responsabilità del commissario di polizia nella morte del marito dovevano inquadrarsi nel clima politico del periodo e nella politica di repressione poliziesca dello Stato di cui il Calabresi era un dipendente.

Luigi CalabresiLuigi Calabresi

Perché quest'incontro fosse esaustivo mancava però la terza vittima: Adriano Sofri. E a questa assenza Lei può riparare concedendo la grazia a questo amico, esponente di un movimento che fu tra i più duri nell'opporsi ad ogni minaccia di involuzione autoritaria dello Stato. D'altronde, signor Presidente, Lei che ha avuto una rigida formazione rivoluzionaria secondo la dottrina marxista-leninista, non può essere per principio contro la violenza, e non può porre sullo stesso piano la violenza di uno Stato borghese, ancorchè formalmente "democratico", e cioè quella che è stata esercitata contro il Pinelli, e la violenza contro lo Stato borghese che forse si era macchiato anche di tremende stragi e che sarebbe stata esercitata in spirito di vendetta proletaria da un movimento comunista: che tale era Lotta Continua.

Credo che Lei vorrà accogliere questa mia richiesta che si pone nella linea della pacificazione nazionale e del riconoscimento di una memoria condivisa da Lei .
Spero che Lei, signor Presidente, in coerenza con la sua cultura e la sua militanza democratica e comunista, saprà compiere questo atto di coraggiosa equità.

 

 

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