LA GIUSTIZIA È LETALE PER TUTTI - IL GOVERNO PENSA DI INFILARE LA NUOVA PRESCRIZIONE NEL MILLEPROROGHE PER PARLA PASSARE A COLPI DI FIDUCIA - SENZA L’APPOGGIO DI “ITALIA VIVA” IN SENATO MANCANO 7 VOTI MA PD E M5S SONO CONVINTI CHE I RENZIANI USCIRANNO DALL’AULA PER EVITARE DI FAR CADERE IL GOVERNO - SALVINI SI LECCA I BAFFI: “NON VEDO L'ORA DI VEDERE LA SCENA D'AULA DEL DISFACIMENTO DI UNA MAGGIORANZA GIÀ SFASCIATA” - BERLUSCONI VIETA IL “SOCCORSO AZZURRO”…

-


1 - PRESCRIZIONE, GOVERNO PRONTO ALLA FIDUCIA

Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”

 

conte renzi

Giuseppe Conte cerca il rilancio, perché «il Paese vuole correre». Ma le lame che volano sul tema giustizia rischiano di segare le gambe ai «tavoli di lavoro per l' Agenda 2023», che partiranno lunedì a Palazzo Chigi. Sulla prescrizione la maggioranza resta spaccata nonostante il ministro Bonafede, per scongiurare la crisi, abbia ammorbidito la sua posizione e consentito un accordo.

 

Il piccolo partito di Renzi, Italia Viva, resta arroccato sul no al «lodo bis» di Conte e il caso sarà presto un delicato affare di numeri parlamentari. Ragion per cui premier e Guardasigilli, dopo aver vagliato trappole e rischi, stanno maturando l' idea di evitare un decreto ad hoc e di inserire la «nuova» prescrizione nel Milleproroghe, per farla passare a colpi di fiducia.

MATTEO RENZI GIUSEPPE CONTE

 

«Un decreto che recepisse il lodo Conte si schianterebbe in Parlamento», prevede l'azzurro Enrico Costa. Il punto è che Palazzo Chigi non intende toccare di una virgola l'impianto della mediazione faticosamente raggiunta. «Non possiamo darla sempre vinta a Renzi», ha concordato il premier con i capi delegazione di M5S, Pd e Leu. Nelle stanze del governo nessuno pensa che Renzi porterà lo strappo fino in fondo, votando con la Lega e con Forza Italia. «Uscirà dall' Aula», è la previsione.

 

DAVIDE FARAONE

Eppure la tensione è fortissima. Perché i renziani, sospettati di ogni possibile manovra di palazzo, minacciano anche di non dare il via libera alla riforma del processo penale, con cui il Guardasigilli conta di eliminare «ogni isola di impunità». Zingaretti è stufo e accusa l'ex premier di «picconare» il governo.

 

In questo clima tempestoso, Conte è scivolato sulla proverbiale buccia di banana.

«Non chiedetemi se sono garantista o se sono giustizialista - ha scolpito su Twitter - Queste contrapposizioni manichee vanno bene per i titoli dei giornali». Italia Viva è insorta, dando a Conte del populista-giustizialista e ribadendo la distanza siderale tra i renziani e i seguaci, per dirla con Davide Faraone, del «nascente partito unico Pd/M5S».

 

orfini serracchiani

Ma ora, per quanto determinati a sostenerlo, anche i dem lanciano al premier segnali di sofferenza. Orfini: «Chiedetegli solo se pensa di essere furbo, o che siamo fessi noi». Il capogruppo Marcucci: «Io sono fieramente garantista, a differenza del premier». E Nannicini, nel giorno in cui Zingaretti rilancia Conte come «leader progressista», tocca il nervo dolente del Pd: «Il garantismo è la risposta dei progressisti».

 

Un assalto tale che in serata il premier prova a rassicurare gli alleati: «Non vorrei si fosse creato un malinteso. È chiaro che dobbiamo essere per tutte le garanzie costituzionali».

Purché il garantismo non venga «brandito come una clava», spiega Conte sottovoce.

Ma intanto l' uscita infelice ha consentito ai renziani - che in questa battaglia hanno l' appoggio dell' Unione delle Camere penali - di puntellare il loro no , strizzando l' occhio a Forza Italia e a quella parte di Pd che mal sopporta un certo giustizialismo grillino.

 

nicola zingaretti giuseppe conte

Per spazzare via i dubbi della sinistra e gli attacchi della destra, che giudica incostituzionale il decreto e si scaglia, con Mariastella Gelmini, contro «l' ergastolo processuale», Riccardo Fraccaro parla della contestatissima norma come «una conquista di civiltà». E Bonafede chiarisce in cosa consista la seconda mediazione di Conte: «Sospensione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio in caso di condanna». Se poi in appello c' è l' assoluzione, la persona che in primo grado era stata condannata «recupera i tempi di prescrizione».

 

2 - SENZA IV IN SENATO MANCANO 7 VOTI BERLUSCONI VIETA IL SOCCORSO AZZURRO

Mario Ajello per “il Messaggero”

 

I peones azzurri sono, o si mostrano, tranquillissimi. E numeri del Senato alla mano - che dicono che senza i 17 renziani la maggioranza rosso-gialla non c' è più e va sotto di almeno sei o sette voti - fanno questo ragionamento: «Noi siamo 61 a Palazzo Madama. Se si va a votare, visto che un altro governo in questa legislatura non ci sarà affatto, torniamo in Senato al massimo in cinque o sei». Quindi?

AVVOCATI DI NAPOLI CON LE MANETTE PER PROTESTA CONTRO LA RIFORMA BONAFEDE DELLA PRESCRIZIONE

 

«Quando la prescrizione arriverà in aula, chi si darà malato, chi si sarà fatto mettere in missione, chi si attarderà alla toilette e correrà in aula a scrutinio già fatto fingendo di scusarsi...». Dunque si abbassa il quorum, si salva la legislatura e ci si tiene il posto. Ma sarà davvero così, come crede anche il premier Conte, arciconvinto che responsabili berlusconiani o centristi sbucheranno per salvare lui ma soprattutto se stessi? In realtà lo scenario numerico è da horror e su questo Renzi ha buon gioco.

 

I CALCOLI Senza quelli di Italia Viva la maggioranza che sostiene l' esecutivo si fermerebbe, nella migliore delle ipotesi, a quota 155 contro i 161-162 che hanno sulla carta tutte le opposizioni più i renziani. I senatori 5 Stelle, dopo espulsioni e fughe, sono 98. A questi vanno aggiunti i 36 del Pd e poi ci sono gli otto senatori del gruppo Per le Autonomie di cui sette solitamente votano con il governo. E ancora: i 19 senatori del gruppo Misto, tra cui i quattro di LeU, dei quali 14 sono schierati con la maggioranza che sostiene Conte.

la solitudine di alfonso bonafede

 

Se tutti saranno in Aula e nessuno si sfilerà si arriva a quota 155. Il fronte opposto è così formato. I 61 di Forza Italia più i 60 della Lega più i 18 di FdI. Poi c' è il senatore del gruppo Per le Autonomie che non vota con il governo e i cinque del Misto. Se a questi si aggiungono i renziani, si arriverebbe a un totale di 162 e il governo andrebbe sotto di almeno 6 o 7 voti. A questo si arriverà? Renzi continua a fare fuoco e fiamme ma non vuole far cadere il governo. E così, si fa strada l' ipotesi più probabile che al momento di pronunciarsi i 17 di Renzi disertino l' aula per abbassare il quorum dei voti necessari e far passare la legge. Rimarcando il totale dissenso politico e di principio.

matteo salvini silvio berlusconi

 

ROTONDI DIXIT E comunque, Salvini si lecca i baffi: «Non vedo l' ora di vedere la scena d' aula del disfacimento di una maggioranza già sfasciata». Mentre a Berlusconi devono essere arrivate le voci di un possibile soccorso azzurro, e fa sapere ai suoi: «Guai a chi dei nostri si azzarda a dare un aiutino al governo. Sulle questioni della giustizia non si transige!».

 

gianfranco rotondi

Dunque la sicurezza che Conte ostenta, la sua totale fiducia sul fatto che «supereremo anche questo scoglio», parrebbe un po' fragile in realtà. I Responsabili di solito arrivano dall' area di centro, dal quel corpaccione continuista e democristianeggiante soprattutto meridionale ma anche no (Binetti, De Poli, Saccone per esempio) che appena si profila l' avventura reagisce con il tappo della stabilità. «Ma stavolta non sarà così», assicura Gianfranco Rotondi, il re di quell' area di mezzo: «Sull' economia o su altri terreni gli aiuti si possono dare, ma quando c' è in ballo il garantismo c' è in ballo il Dna del berlusconismo e del centrismo. Sconsiglierei a Conte di provare a vedere proprio sulla giustizia se c' è - come dicevano gli spagnoli al tempio di Aznar - una nueva mayoria, cioè una nuova maggioranza. Resterebbe scottato».