IL GOVERNO IN BOLLETTA CHIEDE L'ANTICIPO SULLO STIPENDIO - GUALTIERI VORREBBE CHE 15 DEI 39 MILIARDI DELLA MANOVRA FOSSERO GIÀ NELLA COLONNINA ''RECOVERY FUND''. MA IL VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE UE VALDIS DOMBROVSKIS, CHE GERARCHICAMENTE È IL CAPO DI PAOLO GENTILONI, IERI HA DATO UN ULTERIORE COLPO DI FRENO, AVVERTENDO CHE I BONIFICI AGLI STATI PARTIRANNO ''SOLO QUANDO I PAESI DIMOSTRERANNO DI AVER RAGGIUNTO TRAGUARDI CHIARI E OBIETTIVI IDENTIFICATI NEI LORO PIANI NAZIONALI''

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Fausto Carioti per ''Libero Quotidiano''

 

E due. Seconda conferenza stampa in meno di ventiquattr' ore. Il ritorno del Covid riempie i reparti di terapia intensiva e terrorizza gli imprenditori, ma per Giuseppe Conte è il tonico dei miracoli. L' apparizione di ieri è stata tutta dedicata alla manovra finanziaria da 39 miliardi di euro, cioè alle promesse economiche. Tanto vaghe quanto generose.

Dunque sgravi fiscali per il Sud, l' azzeramento per un triennio dei contributi per i neoassunti con meno di 35 anni, una riforma organica dell' Irpef che (a parole) dovrebbe agevolare le famiglie.

giuseppe conte roberto gualtieri

 

E ancora fondi per scuole, sanità e trasporti, la copertura per un nuovo ciclo di cassa integrazione, misure che dovrebbero garantire alle imprese la liquidità che non hanno, una nuova crociata per abolire il contante a partire da dicembre («Italia cashless» è lo slogan di Conte) e così via. Un mix di cose già promesse e mai fatte, piccoli interventi a basso prezzo e riforme ambiziose per le quali, però, servirà molto tempo, e chissà mai se si vedranno.

 

Il problema è il solito: i soldi non ci sono. L' assegno «fino a 200 euro per figlio per tutte le tipologie di famiglia», ad esempio, costerà 5-6 miliardi di euro. Infatti, bene che vada, inizierà a vedersi da luglio.

 

Per la «organica riforma dell' intero sistema fiscale e tributario», che dovrebbe includere la revisione delle aliquote Irpef e del sistema di riscossione, Conte e il ministro Roberto Gualtieri prevedono un esborso annuale di 8 miliardi, oltre ai proventi della lotta all' evasione fiscale (un sempreverde che spunta ogni volta in cui non si sa dove trovare le coperture). E in questo caso l' orizzonte è ancora più distante: prima del gennaio del 2022 non se ne parla.

 

Rimandare è necessario anche perché manca l' informazione più importante: non si sa quando arriveranno i quattrini europei. Non quelli del fondo salva-Stati, sul quale la maggioranza ancora litiga, ma quelli del fondo per la Ripresa, il Recovery Fund, da cui Conte vuole prendere 15 dei 39 miliardi necessari a finanziare la manovra (il resto, ovviamente, verrà dall' indebitamento).

 

COLPO DI FRENO

GENTILONI DOMBROVSKIS

Il vicepresidente della commissione Ue Valdis Dombrovskis, che gerarchicamente è il capo di Paolo Gentiloni, ieri ha dato un ulteriore colpo di freno, avvertendo che i bonifici agli Stati partiranno «solo quando i Paesi dimostreranno di aver raggiunto traguardi chiari e obiettivi identificati nei loro piani nazionali». È un messaggio rivolto innanzitutto all' Italia: quei soldi non potranno essere usati per finanziare spese a pioggia, ma solo per le riforme che la commissione avrà avallato. Per Conte, che ha presentato a Bruxelles un programma alquanto fumoso, è un ulteriore ostacolo.

 

Le carte ufficiali del governo sono già meno ottimistiche dei proclami del premier.

Nel Documento programmatico di bilancio (Dpb), diffuso ieri, il ministero per l' Economia avverte che solo «entro la fine del decennio», e con un «trend di crescita dell' economia nettamente superiore a quello del passato decennio», sarà possibile riportare il debito pubblico, oggi vicino al 160% del Pil, «al di sotto del livello pre-Covid-19», ossia del 135%. Nella migliore delle ipotesi, insomma, occorreranno dieci anni di sofferenza per tornare come stavamo dodici mesi fa, quando la situazione non era certo florida.

 

Sempre che a causa della pandemia il quadro non peggiori, eventualità che il documento programmatico non esclude. La diffusione del virus in Italia e in Europa potrebbe infatti «frenare la ripresa delle esportazioni italiane osservata negli ultimi mesi». E dai tagli alle spese, la famosa "spending review", non arriverà nulla per i prossimi due anni: le parole d' ordine messe dal Tesoro nel Dpb sono «efficientamento», «revisione» e «rimodulazione»: significa che i soldi saranno spesi in modo diverso, ma le uscite non caleranno di un euro.

 

conte merkel

Rischia di farne le spese il "superbonus" del 110% per le ristrutturazioni in casa, che a differenza di altri incentivi ("ecobonus", "bonus facciate" e "bonus verde"), dei quali è prevista la proroga, è scomparso dai documenti dell' esecutivo: per confermarlo oltre il 2021 serviranno i soldi del Recovery fund.