“EVA KAILI MI HA TIRATO IN BALLO? QUELLO CHE HA DETTO NON È AFFATTO CHIARO..." – LA DIFESA DI BRANDO BENIFEI: "SUL FATTO CHE SIA STATO CITATO IL MIO NOME DAGLI INVESTIGATORI, CREDO SIA NORMALE DATO IL MIO RUOLO DI CAPO-DELEGAZIONE DEL PD ALL’EUROPARLAMENTO - SU PANZERI SBAGLIAMMO A FIDARCI, CON GIORGI NON MI SONO MAI SCAMBIATO NEMMENO UN WHATSAPP” – "BLANDO" BENIFEI NULLA DICE SULLA SUA FARSESCA USCITA SUL FATTO CHE LA CORRUZIONE CHE COINVOLGE LA SINISTRA SIA “COLPA DELLA DESTRA”

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Marco Bresolin per “la Stampa”

brando benifei foto di bacco

 

Chi intraprende un'attività privata dopo aver fatto il parlamentare o il ministro, anche per un'Ong, per almeno cinque anni non potrà più occuparsi dei temi che ha trattato lavorando per le istituzioni. È la proposta che Brando Benifei, capo-delegazione del Pd a Strasburgo, lancia al suo partito. Una norma interna sulle "porte girevoli", da trasformare poi in legge dello Stato, per rispondere al caso-Panzeri.

 

Negli interrogatori, gli investigatori hanno fatto il suo nome e pare che Eva Kaili abbia fatto riferimento a un suo presunto coinvolgimento: perché?

«Quello che avrebbe detto Kaili non è affatto chiaro. Sul fatto che sia stato citato il mio nome nelle domande, credo sia normale in quanto sono il capo-delegazione del Pd e dunque ho un ruolo».

eva kaili

 

Ma proprio per questo, come è possibile che non si sia mai accorto di nulla di strano?

«In questi anni sono emerse posizioni anche contrastanti all'interno del gruppo sui vari temi, ma si tratta di divergenze legate a rispettabili posizioni politiche. È successo anche sulla Cina, per esempio».

 

Il gruppo dei socialisti-democratici ha sospeso e denunciato un funzionario perché sospettato di essere corrotto da Doha e di lavorare per l'Iran, ma era lì da 15 anni...

«Se ci sono stati comportamenti scorretti, è giusto aver preso queste decisioni. Ricordo che su di lui giravano strane voci e che per questo avevo sollevato la questione, che ora dovrà essere approfondita coi vertici del gruppo».

ANDREA COZZOLINO - BRANDO BENIFEI - ALESSANDRA MORETTI - MARIA ARENA

 

Le prese di posizione su Marocco e Qatar non hanno mai destato alcun sospetto?

«Per capire che non si trattava di legittime posizioni politiche è servito il lavoro di cinque Servizi segreti, le intercettazioni. Detto questo, sul Qatar qualche discussione politica si era aperta, seppur solo recentemente e in seguito ad alcuni episodi, come l'incomprensibile discorso di Kaili in plenaria o dopo la mail di Cozzolino. Sul Marocco invece le cose sono un po' diverse».

 

C'è stata una sottovalutazione?

«La magistratura stabilirà se ci sono state ingerenze, ma secondo me sul Marocco il gruppo S&D ha tenuto posizioni sbagliate, contrarie a quelle che io difendevo. Tanto che avevo co-firmato alcune iniziative con Ana Gomes, che ha fatto grandi battaglie. Sono stato uno dei pochi a votare per il rinvio alla Corte di Giustizia dell'accordo commerciale che non rispettava i diritti del popolo Sahrawi. Sul Marocco avevo posizioni opposte a quelle di Panzeri».

 

Che rapporti ha avuto con lui dopo la fine del suo mandato?

FRANCESCO GIORGI EVA KAILI

«Mi è capitato di parlarci di questioni di politica nazionale, era un dirigente di Articolo Uno. Ma non mi ha mai contattato per questioni di politica estera: forse proprio perché sapeva come la pensavo. Con Giorgi non mi sono mai scambiato nemmeno un whatsapp».

 

Dunque lei non ha nulla da rimproverarsi?

«Dovendo fare un'auto-critica, direi che abbiamo sbagliato a fidarci di Panzeri. Era ancora molto presente nei corridoi del Parlamento, ma chi mai avrebbe pensato che facesse le cose di cui ora è accusato?

 

Del resto a giugno pure la presidente Roberta Metsola era a un convegno co-organizzato da Fight Impunity all'interno del Parlamento. Ora abbiamo capito che la fiducia non basta più, servono regole e il Pd dovrebbe urgentemente dare l'esempio con norme stringenti sulle porte girevoli per impedire a chi ha lavorato nelle istituzioni di sfruttare le proprie relazioni».

 

ABDERRAHIM ATMOUN - FRANCESCO GIORGI - ANTONIO PANZERI

In che modo?

«Bisogna stabilire un periodo di "cooling-off": chi ha fatto il parlamentare, l'europarlamentare o il ministro, per un determinato periodo non potrà più occuparsi nelle sue attività private dei temi che ha trattato. Io dico per almeno cinque anni. E questo dovrebbe essere esteso anche alle attività all'interno delle Ong, che purtroppo sono state screditate da questa vicenda. Come eurodeputati Pd proponiamo al partito di dotarsi subito di regole chiare per dare l'esempio e poi fare una battaglia per introdurre un'apposita legge».

EVA KAILI CON IL VELO
ANTONIO PANZERI
EVA KAILI
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ANTONIO PANZERI
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BRANDO BENIFEI