“IL PAESE NON È FERMO, È TEMPO DI COSTRUIRE IL FUTURO” – IL DISCORSO DI SERGIO MATTARELLA PER IL 2 GIUGNO: “LA STORIA DELLA REPUBBLICA È LA SOMMA DI INFINITE MICROSTORIE, SCRITTE DA DONNE E UOMINI CON LE LORO VITE IN 75 ANNI” – IL RICHIAMO ALL’UNITÀ E LA STRIGLIATA AI PARTITI: “QUALCUNO A VOLTE MANIFESTA L’IMPRESSIONE CHE QUELLO SPIRITO SIA ANDATO SMARRITO, IMBRIGLIATO DA INERZIE E PIGRIZIE, BLOCCATO DA RENDITE DI POSIZIONE E DALL’ILLUSIONE DI POTER SOPRAVVIVERE SEGUENDO LA LOGICA EMERGENZIALE DEL GIORNO PER GIORNO, MA…” – VIDEO: LA CITAZIONE DI DE GREGORI
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Il discorso integrale del Capo dello Stato:
Marzio Breda per www.corriere.it
«La storia della Repubblica è la somma di infinite microstorie, scritte da donne e uomini con le loro vite in questi 75 anni. Ed è «la storia di una democrazia ben radicata e di successo». Lo dimostra il fatto che anche oggi, mentre stiamo attraversando l’ultima (così si spera) coda della pandemia, «il Paese non è fermo… è tempo di costruire il futuro».
Ha un taglio pedagogico tutt’altro che stucchevole e moraleggiante il discorso che Sergio Mattarella indirizza agli italiani per il 2 giugno. Parla, tenendosi sul piano dei valori e dunque chiamandosi fuori dalle tensioni e dai giochi sul Quirinale, in una ricorrenza che sembra da tempo raffreddata.
E sceglie di farlo, per rilanciarla, con una formula espressiva semplice e quasi colloquiale. Che mira ad aprire un dialogo in particolare con i giovani, che magari non hanno una precisa cognizione di cosa questa festa davvero rappresenti.
Le celebrazioni all’Altare della Patria: «Si apre una stagione di rilancio e rinascita»
Parte dalle basi, il presidente. Cioè dal referendum che 1946 cancellò la monarchia e dalla stagione costituente venuta subito dopo e dalle istituzioni, leggi e organizzazione.
Ma presto si concentra su «valori, sentimenti, impegno, laboriosità» che ogni cittadino ha speso da allora ad oggi, in Italia, «colmando vuoti, dando senso e traducendo in atti concreti parole come dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà». Vale a dire «le idee fondanti della Repubblica e di una Costituzione viva, che si invera ogni giorno nei comportamenti, nelle scelte, nell’assunzione di responsabilità dei cittadini, a tutti i livelli e in qualunque ruolo».
L’allusione è a quel che si potrebbe definire lo Stato-comunità, insomma. Così, nella logica per cui «lo Stato siamo noi», come cantava in un celebre brano Francesco De Gregori — non a caso citato nel discorso — Mattarella lega la spiegazione dei concetti potenzialmente complessi, come quello di democrazia, alle vicende anche minute di un popolo. Evoca dunque l’alternarsi di stagioni felici e di crescita (come quella del miracolo economico) a fasi buie (come quella del terrorismo rosso e nero, nelle quali «lo Stato ha prevalso con gli strumenti del diritto»).
Tutto si tiene, nel suo ragionamento, ben oltre lo schema degli astratti princìpi. Le battaglie per la «legalità», e quindi «l’impegno contro le mafie», e lo spirito di «solidarietà», che cominciammo a vedere fin dall’alluvione del Polesine, nel 1951, con 100 morti e 180 mila sfollati accolti ovunque nel Paese. Uno spirito che si è riaffacciato spesso, con le intermittenti alluvioni, terremoti e catastrofi naturali. Senza contare il peso che hanno avuto le riforme sociali, e non solo, messe in cantiere negli anni Cinquanta e Sessanta e che ci hanno reso un Paese moderno.
È un lungo percorso, quello che la Repubblica ha compiuto e che il capo dello Stato illustra. Lo dimostra anche la fatica di realizzare il principio d’uguaglianza, «pilastro della Carta costituzionale», ancora da realizzare pienamente, specie pensando alla «condizione femminile». E qui l’elenco delle donne di cui gli pare doveroso dare testimonianza è lungo: da Lina Merlin a Nilde Jotti, da Liliana Segre a Luana D’Orazio a Samanta Cristoforetti…
Ecco il punto politico di ciò che è diventata la Repubblica in questa «impresa collettiva» cominciata 75 anni fa. Ammette che sì, «qualcuno a volte manifesta l’impressione che quello spirito, che animò i costruttori di allora, sia andato smarrito.
Che il Paese si sia fermato, imbrigliato da inerzie e pigrizie, bloccato da rendite di posizione e dall’illusione di poter sopravvivere seguendo la logica emergenziale del giorno per giorno». Ma non è così, segnala Mattarella, facendo professione di ragionato ottimismo anche considerando il legame con l’Unione europea. «Il Paese non è fermo… il cambiamento è già in atto, ed è veloce». E, quel che più conta, «la Repubblica possiede valori e risorse per affrontare le sfide che ci stanno davanti a viso aperto».