“REPUBBLICA” CONTRO LE AMBIZIONI SBAGLIATE DI MARIOPIO - FOLLI: “DRAGHI È ANCORA A PALAZZO CHIGI, MA UNA PARTE DELLA MAGGIORANZA SI SENTE GIÀ AFFRANCATA DAI VINCOLI. PER CUI, SE L'UNITÀ NAZIONALE DEVE DURARE FINO AL '23, C'È BISOGNO DI UN NUOVO PATTO SULLE COSE CONCRETE DA FARE. MA SOLO DRAGHI PUÒ MEDIARLO FINO A INDURRE I PARTITI A SOTTOSCRIVERLO. PER FARLO, EGLI DOVREBBE RINUNCIARE ALL'IDEA DEL QUIRINALE E IMPEGNARSI A FONDO NELLA GUIDA DEL GOVERNO’’

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STEFANO FOLLI per la Repubblica

 

GIANCARLO GIORGETTI E MARIO DRAGHI

Nonostante la rabberciata unanimità raggiunta in Consiglio dei ministri, la giornata di ieri lascerà il segno: nel senso che la maggioranza di quasi unità nazionale è finita, almeno per come l'abbiamo conosciuta in questi mesi. Magari può tirare avanti ancora un po', per mancanza di alternative e soprattutto di idee. Ma è venuto meno quel minimo collante, reso efficace dalla credibilità del presidente del Consiglio, che finora l'aveva giustificata. 

 

Ieri sono saltate sia le certezze sia le illusioni. Da un lato Draghi ha ottenuto, tra luci e ombre, il risultato rigorista a cui puntava; dall'altro, Giorgetti - il moderato Giorgetti - è tornato nei territori leghisti. E non è una metafora, perché il ministro dello Sviluppo, finora grande alleato di Draghi, è partito per Varese e non ha partecipato né alla cosiddetta "cabina di regia" né al successivo Cdm. 

salvini giorgetti

 

È il segnale che la Lega non crede più alle ragioni per cui un anno fa è nato l'esecutivo d'emergenza. Per dirlo ha scelto la politica sanitaria anti-Covid del premier e di Speranza. Salvini e i suoi, in apparenza di nuovo compatti, cercano di girare al largo, nel tentativo di non perdere il contatto con quella parte dell'elettorato del nord che è scettico - a dir poco - circa la vaccinazione obbligatoria e si sente smarrito nei meandri del Green Pass. 

 

meme del presepe con matteo salvini giorgia meloni silvio berlusconi

Di fatto Salvini e Giorgetti pensano al loro mondo, anche se per ora non ritengono di aprire una formale crisi del governo. Ma siamo sul crinale. Si è spezzato quel filo per cui ognuno rinunciava a qualcosa e tutti insieme concorrevano allo sforzo collettivo la cui sintesi era Draghi. 

 

Così la destra, che finge di essere unita nel sostenere le ambizioni di Berlusconi e in realtà è divisa in tre spezzoni, cerca di darsi un orizzonte, ma non è in grado di indicare quale. E il centrosinistra non sta molto meglio: il Pd è il paladino dell'obbligo vaccinale e delle scelte di Draghi, ma il suo confuso alleato, il M5S, non segue la stessa linea. 

 

Qualcuno, certo esagerando, si spinge a dire che sta rinascendo lo spirito "giallo-verde", l'attrazione reciproca tra leghisti e grillini. Non siamo a questo, tuttavia il tessuto connettivo dell'esecutivo si sta lacerando. E qui l'intreccio con il rebus Quirinale è oggettivo. La maggioranza si frantuma perché le prospettive di Draghi e dei partiti si stanno divaricando. 

 

CONTE DI MAIO

Salvini l'aveva fatto capire un paio di settimane fa: "Se il premier vuole proiettarsi verso la presidenza della Repubblica - aveva detto all'incirca - , io non intendo continuare a sacrificarmi governando con il Pd". Sottinteso: lasciando a Giorgia Meloni gli spazi dell'opposizione. Come spesso accade, i fatti accelerano. 

 

Draghi è ancora a Palazzo Chigi e forse è destinato a restarci, ma una parte della maggioranza si sente già affrancata dai vincoli. Per cui, ecco la contraddizione. Se l'unità nazionale deve durare fino al '23, c'è bisogno di un nuovo cemento in grado di ridefinire il patto sulle cose concrete da fare. 

 

conferenza stampa di fine anno di mario draghi 7

Ma solo Draghi può mediarlo fino a indurre i partiti a sottoscriverlo. Per farlo, egli dovrebbe rinunciare all'idea del Quirinale e impegnarsi a fondo nella guida del governo. In caso contrario, è irrealistico che possa riuscirci domani una figura "x", priva di peso politico, chiamata a surrogare le funzioni del premier. Meglio non dimenticare che la legislatura è ormai senza baricentro e l'ingovernabilità del Parlamento incombe.