1. “THE ECONOMIST” LANCIA IL DILEMMA MORALE INDICIBILE: “FINO A QUANDO POTREMO PERMETTERCI DI DIRE CHE UNA VITA UMANA NON HA PREZZO?” - IL SETTIMANALE ANALIZZA LE MISURE PRESE FINO AD OGGI NEI VARI PAESI E FA I CONTI IN TASCA AL MONDO: “OGNI SCELTA HA COSTI SOCIALI ED ECONOMICI, E VA AIUTATO CHI LE PAGA DI PIÙ. SUI GIOVANI CADRÀ GRAN PARTE DEL PESO. IL COSTO DEL DISTANZIAMENTO SOCIALE POTREBBE SUPERARE I BENEFICI PERCHÉ…”
2. TOH, LE COINCIDENZE: NEL CDA DELL'ECONOMIST C'E' ANCHE DIEGO PIACENTINI, GIA' AMICO DI RENZI CHE LO NOMINO' ALL'AGENDA DIGITALE. E CHI SPINGE PER RIAPRIRE TUTTO IN ITALIA? 


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A proposito di The Economist: pochi giorni fa Diego Piacentini è entrato nel cda di The Economist. È amico di Matteo Renzi che lo nominò capo del digitale italiano. Chi, e non ha tutti i torti, vuole riaprire le attività? Renzi. Si, il mondo è piccolo...

 

Gianluca Mercuri per www.corriere.it

 

the economist

Quanto siamo disposti a spendere e a perdere nella lotta al virus? Quanti soldi, quanti posti di lavoro, quante aziende, quanto futuro, quante prospettive per le prossime generazioni, per i bambini che stiamo tenendo chiusi in casa? Quanto saremo capaci di mettere sempre la vita umana — la vita di qualunque essere umano, di qualunque età e di qualunque condizione fisica — prima di ogni considerazione che oggi ci appare cinica, ma prima o poi può sembrarci invece realistica?

 

CORONAVIRUS - BARE A BERGAMO

Toccava all’Economist porre in modo aperto queste domande disturbanti, che spesso affiorano nelle conversazioni private, nelle video chiamate, nelle chat con amici e colleghi ma che nessuno, finora, aveva avuto il coraggio di esplicitare. Toccava all’Economist perché nessun giornale al mondo esprime meglio la sintesi necessaria tra interessi e doveri, tra principi e realtà. E il loro continuo scambiarsi di ruolo, perché a un certo punto riconoscere la realtà diventa un principio sacro.

CORONAVIRUS - LE BARE PORTATE VIA CON I CAMION

 

«We’re not going to put a dollar figure on human life». Il giornale inglese parte da questa frase, dalle parole con cui il governatore di New York Andrew Cuomo ha commosso i suoi concittadini e il mondo. Intendeva dire che una vita umana non ha prezzo, che per salvare vite non si bada a spese, che i conti si faranno dopo, che ogni persona che si ammassa negli ospedali va curata a qualsiasi costo. Parole di un leader coraggioso, ma nel commentarle il giornale si carica dello scomodo compito del passo successivo: fino a quando il trade-off è sostenibile, fino a quando potremo permetterci di dire che una vita umana non ha prezzo?

 

esercito a bergamo per portare via le bare

Domande terribili, chiaro. Ma non sempre ciniche. In questa fase, per esempio, fissare «il prezzo di una vita» ne salva tante, almeno in America. All’inizio, il presidente Trump diceva che la cura sarebbe stata peggiore del male, per i danni economici che avrebbe comportato. Poi i modelli hanno dimostrato che la diffusione incontrastata del virus avrebbe ucciso un milione di persone in più. Per evitare quella strage, è bastato decidere di chiudere tutto e spendere l’equivalente di 60 mila dollari a famiglia. «L’America può dire oggi che il costo della chiusura è di gran lunga superato dalle vite salvate». Per poterlo dire ha dovuto dare un prezzo a quel milione di vite. E la scelta non è stata difficile.

 

bare a bergamo

Ma sarà sempre così, si chiede — e ci chiede — uno dei più autorevoli giornali del mondo? L’America è un Paese ricco, ma «se in India il lockdown non riesce a fermare la diffusione del contagio la sua scelta, tragicamente, andrà in un’altra direzione». E tutti, presto, potremmo trovarci di fronte a dilemmi analoghi.

 

Per cavarcela, qualche principio può orientarci. Per esempio, essere consapevoli che ogni scelta ha costi sociali ed economici, e se quella americana finora è stata relativamente facile, non tutte lo saranno. Secondo, aiutare chi le paga di più, le scelte che stiamo facendo: i lavoratori che hanno perso il posto, i bambini che non hanno più un pasto a scuola per loro vitale. E i giovani, «su cui cadrà gran parte del peso della malattia, sia oggi sia in futuro, con tutto il debito che i loro Paesi accumuleranno». Terzo, adattarsi. Il bilancio costi-benefici cambia col passare del tempo, e il tempo guadagnato con la chiusura deve servire a prepararci a un ritorno del virus, ad attrezzarci.

esercito a bergamo per portare via le bare 3

 

Infine, dobbiamo essere pronti anche a questa conclusione: «Forse non troveremo presto vaccini e cure. Con l’estate, le economie avranno subito crolli a doppia cifra. Mesi di reclusione casalinga avranno minato coesione sociale e salute mentale». Alla fine, «il costo del distanziamento potrebbe superare i benefici». E questo «ancora nessuno è pronto ad ammetterlo».