MACCHè FUGA EROICA, IL GIORNALISTA DEL NYT RAPITO DAI TALEBANI è STATO LIBERATO DA EX AGENTI DELLA CIA, CACCIATI PER LO SCANDALO IRAN-CONTRAS – IL RUOLO DECISIVO DI Dewey Clarridge CHE, PER IRONIA DELLA SORTE, FU MASSACRATO DA NEW YORK TIMES….

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Claudio Gatti per "Il Sole 24 Ore"

Quella dell'inviato del New York Times in Afghanistan, David Rohde, è stata una storia a lieto fine. Due settimane fa, dopo oltre sette mesi di prigionia, è riuscito a sfuggire ai suoi rapitori. Grazie a una corda in qualche modo trafugata, si è calato dal muro della cella in cui era rinchiuso ed è scappato. Con straordinario coraggio e ancor più straordinaria fortuna.

La Sede del New York TimesLa Sede del New York Times

Questa è la versione ufficiale. Adesso però sta emergendo anche quella ufficiosa. Più vicina alla realtà. E con questa, è emerso anche il ruolo di Duane Clarridge, detto Dewey, storico capocentro della Cia in Italia a cavallo tra la fine degli anni 70 e l'inizio degli anni 80, che per mesi avrebbe coordinato via telefono e computer gli sforzi per liberare il giornalista dalla sua casa vicino a San Diego, in California.

Insomma, quella della liberazione di Rohde è una storia molto più complessa di quanto non si sia finora scritto. I primi a mobilitarsi sono stati gli uomini della Clayton Consultants, una società specializzata in sicurezza fondata da un omonimo ex agente della Cia. A chiedere il suo intervento è stata la società di assicurazione Aig (sì, quella che qualche mese fa ha sfiorato la bancarotta), con la quale il New York Times ha assicurato i propri inviati.

A coordinare il tutto è stato Jack Cloonan, un ex agente dell'Fbi che dal 2005 è presidente di Clayton. Ma il suo è un compito difficile. Perché i rapitori hanno chiesto una cifra esorbitante per liberare Rohde - 25 milioni di dollari - e soprattutto perché, per evitare di creare precedenti, né il New York Times né il governo americano avrebbero voluto pagare alcunché. Si cerca comunque di stabilire contatti diretti e certi con i rapitori e si valutano varie opzioni.

Grattacielo del New York Times by Renzo PianoGrattacielo del New York Times by Renzo Piano

Ma passano le settimane e i risultati non si vedono. Nella famiglia di Rohde crescono le preoccupazioni. E la moglie del giornalista, Kristen Mulvihill, decide di chiedere al giornale di considerare alternative.

Suo cognato Lee aveva contattato un ex membro delle Forze speciali dell'esercito americano, il quale aveva suggerito di rivolgersi a un concorrente di Clayton, la società di Boston, American International Security Corporation, o Aisc. Il New York Times accetta l'invito della famiglia Rohde. È poi Michael Taylor, presidente di Aisc, a rivolgersi a Dewey Clarridge.

Con alle spalle due decenni di esperienza internazionale nell'antiterrorismo, fondatore del Counterrorism Center della Cia, Clarridge è passato alla storia come uno degli agenti più agguerriti che la Agency abbia mai avuto. Non a caso, fu costretto alle dimissioni dalla vicenda Iran- Contras, il piano clandestino con cui si fornirono armi finanziate dai sauditi alle forze anti-sandiniste in Nicaragua.

Coordinata da Clarridge, Aisc ha cominciato a tessere una tela di contatti sul campo. A fine anno aveva anche studiato un piano di intervento armato da far condurre da un team specializzato al suo servizio. Ma i rapinatori non erano un bersaglio facile. Continuavano a spostarsi in varie zone dell'Afghanistan e poi del Pakistan, e il piano militare fu messo da parte Si decise così di privilegiare due opzioni.

L EX CIA DUANE _DEWEY_ CLARRIDGEL EX CIA DUANE _DEWEY_ CLARRIDGE

La meno appetibile comportava il pagamento di un riscatto la cui cifra era però da negoziare (e di varie grandezze inferiore a quanto richiesto inizialmente). La scelta preferita consisteva nel trovare il modo di corrompere con piccole somme alcuni dei carcerieri.

DAVID STEPHENSON ROHDE NEL 2007 IN AFGHANISTANDAVID STEPHENSON ROHDE NEL 2007 IN AFGHANISTAN

Ed è questa seconda strada che si stava percorrendo la settimana scorsa, proprio nei giorni precedenti alla fuga di Rohde. Se quella fuga sia stata facilitata da pagamenti ad alcuni carcerieri talebani, oggi non lo conferma nessuno. New York Times, Aisc e Clarridge non hanno infatti voluto rilasciare dichiarazioni a proposito. Anche perché si metterebbero a repentaglio le vite di chi può essere stato coinvolto.

Insomma, meglio dire che Rohde è fuggito per coraggio e per fortuna. Sarebbe però molto ironico se dovesse la vita a Dewey Clarridge, ex funzionario della Cia tra i più veementi critici della stampa liberal americana.

 

 

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