IL MARRAZZONE S’INGROSSA – E SE IL RICATTO A M’ARRAZZO FOSSE SOLO LA PUNTA DELL’ICEBERG? – L’INCHIESTA SEMBRA PORTARE A TRACCE DI ALTRI POLITICI RICATTATI DAI CARRAMBA – COSA È SUCCESSO NEI 15 GIORNI TRASCORSI DALL’ACQUISIZIONE DEL VIDEO DA PARTE DI SIGNORINI E LA TELEFONATA DI BERLUSCONI AL GOVERNATORE?...

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Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

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Il 5 ottobre scorso la Mondadori prese visione del video che ritraeva Piero Marrazzo con un trans e poi ne ottenne una copia. Il cd-rom con le immagini fu consegnato dalla titolare dell'agenzia Photo Masi al direttore di "Chi", Alfonso Signorini, che firmò una ricevuta di «presa in consegna». Nei giorni scorsi il giornalista ha detto di averne parlato subito con Marina Berlusconi, presidente del gruppo editoriale. Ma Silvio Berlusconi avvisò il governatore del Lazio soltanto due settimane dopo, fornendogli poi il contatto per poterne trattare l'acquisto.

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Che cosa accadde in quei quindici giorni? Perché il capo del governo attese tanto tempo? E, soprattutto, quante volte e per chi fu duplicato quel filmato?

In precedenza il direttore di "Oggi" e quello di "Libero" avevano visto il video, ma avevano detto di non essere interessati. Anche Signorini ha spiegato di averlo «giudicato subito non pubblicabile», eppure lo ha tenuto in redazione fino al 21 ottobre, quando gli è stato sequestrato dai carabinieri del Ros.

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È possibile che proprio in quei giorni, altro materiale compromettente sia circolato e anche in questo caso a esserne protagonisti sarebbero uomini politici, o comunque personaggi pubblici.
Una traccia concreta - che poi ha portato a ipotizzare il coinvolgimento di almeno due esponenti delle istituzioni nell'inchiesta avviata dalla Procura di Roma - è nelle carte dell'inchiesta contro i carabinieri della Compagnia Trionfale arrestati la scorsa settimana, anche se non viene specificato se si tratti di un verbale di interrogatorio o di un'intercettazione.

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Il quadro investigativo fin qui delineato fornisce comunque indizi su almeno altre due irruzioni compiute nelle case dei transessuali mentre erano in compagnia dei clienti, da Luciano Simeone e Carlo Tagliente, i due militari già accusati di aver ricattato Marrazzo. Altre verifiche sono in corso, ma appare probabile che i due abbiano utilizzato lo stesso copione seguito con l'esponente del Pd. Del resto loro stessi hanno ammesso davanti ai magistrati di essere entrati nell'appartamento di via Gradoli perché avevano ricevuto una «soffiata», quasi a lasciar intendere di aver ottenuto analoghe informazioni in diverse occasioni.

Vuol dire che erano consapevoli di trovare nell'appartamento soldi, cocaina e qualcuno da poter tenere sotto pressione, proprio come accaduto per il presidente della Regione. Una personalità disponibile a cedere al ricatto, pur di salvare la reputazione.

Lapo Elkann e paparazzo Massimiliano Scarfone - Copyright PizziLapo Elkann e paparazzo Massimiliano Scarfone - Copyright Pizzi

Districarsi nella girandola di nomi che in queste ore circolano - in alcuni casi avvalorati dagli stessi transessuali che abitano in quel condominio e in altri appartamenti nelle zone vicine - appare davvero complicato, soprattutto in assenza di una contestazione formale. Ma l'inchiesta sembra aver imboccato una strada che ipotizza una ragnatela ben più ampia di quella delineata inizialmente dai pubblici ministeri.

L'esistenza di altri personaggi tenuti sotto ricatto spiegherebbe la scelta fatta dai carabinieri di vendere il video, nonostante fossero consapevoli che in questo modo non avrebbero potuto più ricavare nulla dalla vittima. L'ipotesi è che abbiano preferito spillare soldi a chi veniva sorpreso in una situazione imbarazzante per poi guadagnare altre decine di migliaia di euro offrendo le immagini sul mercato.

Nel caso di Marrazzo gli investigatori del Ros hanno messo fine al ricatto, portando in carcere i loro colleghi. Adesso si deve scoprire in quanti altri casi i militari del Trionfale siano riusciti a farla franca.

 

 

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