IL MINISTRO DELLE (SUE) FINANZE - LA CASA D’”EVASIONE” AI PARIOLI DI GRILLI FA GIRARE LE PALLE A MONTI - IN UN ANNO QUANTI GUAI! DALLE TELEFONATE IMBARAZZANTI CON L’ “AMICO” PONZELLINI AL PRESUNTO CONTRATTO FINMECCANICA ALL’EX MOGLIE LISA, CHE PIU’ SI INDEBITAVA E PIU’ VENIVA FORAGGIATA DALLE BANCHE - LA CONVERSAZIONE CHOC TRA ORSI E GOTTI TEDESCHI – NEL SUO FUTURO LA GOLDMAN SACHS…

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Marco Franchi per il "Fatto quotidiano"

Pare che questa volta Mario Monti abbia perso l'algido aplomb da tecnico. Il suo ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, ne avrebbe combinata un'altra. È inciampato sulla casa. O meglio, sul prezzo "scontato" di quattordici stanze al piano terra, con tanto di giardino, nell'esclusivo quartiere Parioli di Roma. Prima del mattone pariolino altre tegole si sono abbattute in questi mesi sulla testa dell'ex direttore generale del Tesoro, promosso a novembre 2011 viceministro delle Finanze e asceso, a luglio del 2012, alla poltrona più alta dello stesso dicastero, temporaneamente occupata dallo stesso Monti.

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In poco più di un anno Grilli ha messo insieme una ricca collezione di imbarazzi. A ottobre ha dovuto smentire con una lettera al Sole 24 Ore di aver esercitato pressioni per far ottenere consulenze in Finmeccanica (un'azienda pubblica controllata dal Tesoro) all'ex moglie americana, Lisa Lowenstein. Tutta colpa delle rivelazioni contenute nei verbali degli interrogatori dell'ex banchiere dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, cui il presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi aveva confidato di aver "risolto alcuni problemi" della signora che "ha lasciato qualche casino in giro, buchi".

Anche Orsi e la ex compagna di Grilli hanno negato. Eppure quelle frasi sono state intercettate e trascritte dai Carabinieri e ascoltate da Gotti Tedeschi che ha confermato davanti ai pm di averle udite. Quindi delle due l'una: o mente Orsi, o mente Grilli. Non solo. Rimane ancora da chiarire che fine abbiano fatto i debiti di Lisa Lowenstein. Esperta di marketing museale, nel 1997 Lisa fonda insieme al fratello Daniel la Made in Museum, società che si occupa di ideare, realizzare e vendere oggetti d'arte ispirati a opere conservate nei musei.

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Nel 1998, primo anno di attività, la start up chiude i conti con appena 5 mila euro di ricavi e ben 71 mila euro di perdite, ma ottiene 266 mila euro di finanziamenti: 40 mila euro dalla Bnl, 50 mila euro dalla sua controllata Efibanca, 100 mila euro da Unicredit. Nel 1999 i ricavi della società salgono a 119 mila euro e le perdite a 129 mila euro, anche perché un terzo del fatturato se ne va in interessi. Eppure il credito balza da 266 mila a 723 mila euro e ad aprire i cordoni della borsa sono anche Banco di Sicilia e Banca Nazionale dell'Agricoltura.

PONZELLINI E LISA LOWENSTEINPONZELLINI E LISA LOWENSTEIN

Grazie all'aiuto delle banche, la società investe e apre negozi nei duty free in aeroporto a Fiumicino, Vienna e Pisa. L'obiettivo è allargare il business ad altri scali europei e al Medio Oriente. Dopo la tragedia dell'11 settembre però Lisa torna con i piedi per terra: alcuni negozi vengono chiusi, le perdite aumentano e nel 2006 decide di vendere l'azienda per solo 1.600 euro.

Nell'ottobre 2008, fallisce anche il rapporto con Grilli. A dicembre la Lowenstein torna in America e apre la Style Muffin in Duane Street a New York, nel quartiere di Tribeca dove oggi continua a vendere oggetti ispirati alle collezioni museali. E intanto nessuno ancora sa come la coppia Grilli-Lowenstein, prima della rottura, abbia risolto il problema di quel debito.

CASA GRILLICASA GRILLI

Nemmeno il tempo di indagare che scoppia un'altra grana: altre intercettazioni mettono in luce la sua relazione con Massimo Ponzellini, al tempo presidente della Popolare di Milano, con cui nel giugno 2011 Grilli ha dialogato in maniera piuttosto improvvida per tentare la scalata alla Banca d'Italia come successore di Mario Draghi. Il ministro si difende ricordando che quello con Ponzellini "è un rapporto amicale iniziato quasi venti anni fa ".

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E che quindi le conversazioni ("Massi, acqua in bocca, massima prudenza perché circola la voce che se divento io il governatore della Banca d'Italia poi si tranquillizza tutto con la Bpm") andavano appunto lette in "chiave amicale e privata". Di certo, resta curioso che un personaggio dal lungo curriculum e dall'elevato standing internazionale avesse bisogno della sponsorizzazione dell'amico Massi (e di una banca sotto ispezione proprio da parte di Bankitalia) per catturare il consenso dei politici e prendere il timone dell'istituto di Vigilanza.

giuseppe orsigiuseppe orsi

Dopo l'ultimo scivolone sulla casa ai Parioli, a Palazzo Chigi l'aria è diventata pesante. Lo ha capito anche lo stesso Grilli. Tanto da tirar fuori dal cassetto il curriculum preparato già ai tempi della dipartita di Berlusconi, e dunque pronto per essere spedito in qualche grande banca internazionale o distribuito durante qualche cena blasonata del gotha della finanza come quella tenuta a Londra a metà novembre.

C'è anche chi sospetta che l'ultima trasferta americana, decisa per rassicurare la Casa Bianca in vista dei prossimi appuntamenti politici, sia servita al ministro del Tesoro anche per guardarsi intorno in vista di futuri incarichi. Già da prima che diventasse ministro hanno circolato insistenti le voci che lo vorrebbero pronto a un incarico in una grossa banca d'affari internazionale.

 

 

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