IL PADRE DEL MOSE HA UN FIGLIO IMMATURO - ALBERTO SCOTTI: ''ATTIVARLO LA SETTIMANA SCORSA? COME GUIDARE UNA FERRARI SENZA FRENI''. L'INGEGNERE CHE CONOSCE OGNI BULLONE: ''LA DECISIONE È STATA MOLTO SOFFERTA. MA IN QUELLE CONDIZIONI SAREBBE STATA UNA FOLLIA. SI RISCHIAVA L'ALLAGAMENTO DELLE GALLERIE DOVE CI SONO I TECNICI A LAVORARE. SENZA COLLAUDO, E CON UN SOLO COMPRESSORE, IL MARE SAREBBE PASSATO SOPRA LE PARATOIE'' - E PARLA DI INCHIESTE, SOLDI E TANGENTI

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Fabio Tonacci per “la Repubblica

 

L' uomo del Mose ha detto no.

Quando l' acqua intorno a Venezia saliva e saliva ancora, è stato l' ingegner Alberto Scotti il primo a escludere la possibilità di sollevare d' urgenza le paratoie agli imbocchi della Laguna. «Sarebbe stato un atto di pura incoscienza. Dovete togliervelo dalla testa, il Mose non può ancora proteggere Venezia perché non è finito. Sarebbe stato come guidare una Ferrari senza i freni». Al mondo non c' è persona che conosca quest' opera idraulica quanto l' ingegner Scotti: è lui che l' ha progettata alla fine degli anni Ottanta (era a capo di un pool di 150 ingegneri), ed è lui che da trent' anni ne assiste al parto infinito. «Più che il padre, sono il nonno del Mose».

DENTRO IL MOSE DI VENEZIA

 

Milanese, 73 anni, amministratore delegato della Technital, del sistema di dighe mobili conosce ogni bullone.

E non è un modo di dire.

Il sindaco grillino di Chioggia sostiene che se aveste chiuso almeno la bocca di Lido, i danni sarebbero stati inferiori.

 

«Non sa di cosa sta parlando. Tecnicamente era possibile sollevare le barriere, ma poi non saremmo stati in grado di seguire la marea, perché gli impianti non sono pronti».

 

In che senso?

«Per alzarle nel tempo utile di una mezz' ora, come avverrà quando il Mose sarà a regime, servono tre compressori. Ad oggi ne abbiamo solo uno. Ci avremmo impiegato cinque ore, non aveva senso».

 

ALBERTO SCOTTI MOSE

Si sapeva dal giorno prima che sarebbe arrivata l' alta marea. Non potevate programmarlo?

«Il Mose si può azionare solo quando l' acqua raggiunge un certo livello, intorno agli 80-90 cm. Non si può e non si deve farlo prima. E comunque se anche avessimo chiuso le bocche del Lido e di Chioggia, lasciando aperta quella di Malamocco dove il test di prova ha mostrato vibrazioni anomale nelle condotte, sarebbe cambiato poco: forse dieci centimetri di acqua in meno rispetto ai 187 che si sono avuti».

 

L' allarme per Venezia non imponeva di fare almeno un tentativo?

«La decisione è stata molto sofferta.

giancarlo galan silvio berlusconi e luca zaia tagliano il nastro del mose

Non creda che io e i due commissari del Consorzio non ci sentiamo addosso questa responsabilità. Ma in quelle condizioni sarebbe stata una follia».

 

Cosa si rischiava?

«L' allagamento delle gallerie dove ci sono i tecnici a lavorare. Senza collaudo, e con un solo compressore, il mare sarebbe passato sopra le paratoie».

 

Quando avete preso la decisione?

«Il giorno prima, al telefono.

Sapevamo che avremmo avuto acqua a 150-160 cm, non certo 187. Di fronte a quell' informazione, sono contento della nostra scelta».

 

Scelta unanime?

«L' avvocato Fiengo era possibilista, ma né io né l' altro commissario, l' ingegner Ossola, l' abbiamo ritenuta un' ipotesi fattibile. Capisco l' esigenza della politica, perché la popolazione è stremata, ma il Mose non può ancora essere azionato in sicurezza».

IL MOSE DI VENEZIA

Il prefetto, la Protezione civile o il ministero in teoria potrebbero obbligarvi a farlo.

«Se qualcuno me lo impone io scappo».

 

Però comprenderà il nervosismo dei cittadini per un' opera di cui si parla da trent' anni, costata quasi sei miliardi, e incompiuta.

«Ai tempi di Giovanni Mazzacurati, il Consorzio diffondeva cronoprogrammi del tutto impossibili da rispettare. Ora abbiamo una data di consegna realistica: 31 dicembre 2021. Stavolta ce la faremo».

mose

 

Ma perché ci state mettendo tanto?

«Vi dimenticate che i fondi dello Stato non sempre stati erogati con continuità. Intorno al 2008 chiusero i rubinetti e il Consorzio dovette chiedere un finanziamento internazionale per andare avanti. Poi c' è stata l' inchiesta dei magistrati veneziani, giustissima, ma che ha portato alla fuga o al fallimento delle grandi ditte che costruivano il Mose».

 

Le ditte delle tangenti e delle sovrafatturazioni, ingegnere.

mose

«Ripeto, inchiesta sacrosanta. Però ora Condotte, Mantovani, Fincosit non ci sono più, e questo rallenta i lavori. È inevitabile, il Mose è un' opera innovativa e complessa, non è come fare un ponte dove puoi alternare le imprese senza troppi problemi. Era sbagliato illudersi che il terremoto giudiziario non avrebbe creato rallentamenti».

Anche adesso, però, non pare che andiate spediti.

mose

«Il Provveditorato alle opere pubbliche del Veneto non vuole darci i soldi per aggiustare gli errori degli altri. Ma gli altri, cioè le grandi ditte, sono scomparsi. E dove lo troviamo il denaro per rimettere a posto gli sbagli del Sistema Mazzacurati?

 

» Hanno rovinato per sempre il Mose?

«No, però l' eredità è rognosa. Ad esempio l' aria condizionata nelle gallerie subacquee, che permette di tenerle asciutte, doveva essere la prima cosa da fare, invece l' hanno messa per ultima. Anche la corrosione delle cerniere delle paratoie in parte è dovuta a errori di programmazione».

 

Errori voluti, per poi lucrarci sopra?

«Per ignoranza, in realtà. Non erano esperti in impianti, prendevano decisioni in termini di economia di azienda. Ora non si può tornare indietro».

È comunque costato uno sproposito.

giovanni mazzacurati

«Se lo confrontiamo con barriere simili costruite all' estero, sul Tamigi o sulla Schelda, costa la metà».

 

Avevate preventivato un terzo di quanto ha dovuto poi sborsare lo Stato. Non ha niente da dire sulle decine di varianti in corso d' opera?

«Ha ragione. Ma qui parliamo di un' opera idraulica innovativa che non ha eguali al mondo. Era impossibile azzeccare il prezzo finale. Anche tutti gli "acciacchi" attuali, come le vibrazioni nelle condotte, sono normali per un impianto di questa complessità».

 

In molti ritengono che il Mose sia già obsoleto, perché pensato negli anni Ottanta quando gli effetti del riscaldamento globale sulle maree erano sottovalutati.

«Abbiamo fatto i calcoli e studi fino al 2000. Il Mose è un sogno: raggiunge l' obiettivo di difendere Venezia senza che si veda. Funzionerà anche con maree alte tre metri. E non trasformerà la Laguna in una palude».

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