UN PANZER CONTRO GANZER - LE PESANTISSIME MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DI PRIMO GRADO AFFOSSANO IL COMANDANTE DEI ROS - UN “TRADITORE” DELLO STATO CHE SI È SEMPRE TRINCERATO “DIETRO LA NON CONOSCENZA E LA MANCATA (E SLEALE) INFORMAZIONE DA PARTE DEI SUOI SOTTOPOSTI” - LO STESSO UOMO CHE HA GUIDATO LE OPERAZIONI SU ‘NDRANGHETA IN ITALIA, PROTEZIONE CIVILE, TELECOMSPARKLE/FASTWEB, P3, FINMECCANICA E ENAV, SI SAREBBE ACCORDATO CON PERICOLOSISSIMI TRAFFICANTI, SOLO PER FARE CARRIERA…


Paolo Colonnello per \"La Stampa\"

Giampaolo Ganzer

Le sentenze si rispettano, aspettiamo le motivazioni». Disse così il generale Giampaolo Ganzer, brillante comandante dei Ros, quando nel luglio scorso una sentenza di primo grado dei giudici di Milano lo condannò a 14 anni di reclusione per aver organizzato e coperto negli Anni 90 traffici di droga nonché creato fondi neri in cambio «di carriera, potere, visibilità». E adesso che le motivazioni sono arrivate, Ganzer dovrà trarre delle conclusioni, sebbene già si faccia sapere che verranno rimandate al ricorso in appello.

Ma anche nel Paese dei conflitti d\'interesse non è possibile che lo stesso uomo che ha guidato l\'ultima e più importante operazione contro la ‘ndrangheta in Italia, che ha indagato sugli appalti della Protezione civile di Bertolaso, sulla maxi frode TelecomSparkle/Fastweb, sulla P3, sulla Finmeccanica e sull\'Enav, sia al tempo stesso considerato da un Tribunale un narcotrafficante, sebbene solo al fine di fare carriera.

Giampaolo Ganzer

Perché le 1.100 pagine scritte dai giudici dell\'ottava sezione penale sono, se possibile, ancora più pesanti della condanna a 14 anni, anche se di primo grado e dunque riformabile in appello. E non si tratta solo di parole. Perché per i giudici Ganzer «ha tradito per interessi personale tutti i suoi doveri e fra gli altri quello di far rispettare le leggi dello Stato». Ha tradito «il dovere di essere leale con gli altri organi dello Stato con i quali avrebbe dovuto collaborare».

E ha tradito infine i suoi stessi uomini: «Colpisce nel comportamento di Ganzer non tanto il fatto che non abbia avuto alcun momento di resipiscenza... ma che abbia preso le distanze da tutte le persone che con il suo incoraggiamento, avevano commesso i fatti in contestazione».

MOKBEL

Il generale infatti, secondo i giudici, si è trincerato «sempre dietro la non conoscenza e la mancata (e sleale) informazione da parte dei suoi sottoposti». E l\'accusa di «tradimento», per un militare è forse la più infame che si possa immaginare. Anche se il punto, per la difesa, è sempre stato proprio questo: non è Ganzer ad aver «tradito» i suoi uomini/complici ma loro ad aver tradito il generale, tenendolo all\'oscuro di tutto. Ed è su questo che il comandante dei Ros promette di battersi in appello, proclamando la sua «assoluta estraneità» a tutte le accuse.

BERTOLASO con CAschetto

E\' vero che per Ganzer i giudici non hanno riconosciuto la partecipazione a un\'associazione per delinquere preferendo tratteggiare i vari episodi di cui il pluridecorato generale sarebbe stato protagonista non come «un unico disegno criminoso», ma come scalini diversi di una carriera salita in fretta, escludendo per giunta dai reati l\'uso delle armi di servizio e prescrivendo le accuse di peculato e falso: circostanze che hanno permesso di contenere l\'iniziale richiesta a 27 anni di carcere fatta dal pm Luisa Zanetti.

Ma è una magra consolazione: per i giudici Ganzer faceva pienamente parte di «un patto criminale» e «non si è fatto scrupolo di accordarsi con pericolosissimi trafficanti ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia decine di chili di sostanze stupefacenti, garantendo loro assoluta impunità, tradendo così, per interesse personale, tutti i suoi doveri».

Tribunale di Milano

Pene e spiegazioni severe (7 anni di reclusione) anche per il ruolo di Mario Obinu, attuale alto dirigente dei servizi segreti civili, all\'epoca dei fatti (‘94-‘97) braccio destro di Ganzer in qualità di comandante del reparto di Criminalità Organizzata del Ros Centrale e considerato pienamente partecipe alle «operazioni specchietto» antidroga.

Ma, riconoscono i giudici, «l\'esistenza di reiterate deviazioni nell\'ambito del Ros... non sia sufficiente ad integrare il delitto de quo (l\'associazione, ndr) in mancanza di un vincolo stabile tra gli imputati e la creazione da parte degli stessi di una seppur minima struttura finalizzata al raggiungimento di fini illeciti e criminosi». Un patto sceleris insomma, deciso in nome della carriera. E sacrificato sull\'altare della fiducia dei cittadini nelle istituzioni.