Domenico Quirico per "la Stampa"
Sarkozy e Carla BruniLa libertà di stampa in Francia, come sollecitava quell'impetuosa e ingenuosissima persona che era Victor Hugo, è vastissima, ben presidiata dalle leggi, cara all'opinione pubblica. Con un ma...da quando c'è Sarkozy: non aguzzare troppo lo sguardo sulle attività sentimentali del presidente. Essendo le medesime da alcuni anni procellose e vastissime, la categoria dei pettegoli è avvertita, dovrebbe sapere quali rischi si corrono.
Sarkozy e Carla BruniOvvero: non che ti depennino dal successivo banchetto estivo nei giardini dell'Eliseo, il 14 luglio. Il rischio è che ti licenzino, che ti trovi sulla strada senza pane e companatico. Più o meno come è successo nel ben più ruvido zarismo capitalistico di Putin quando un giornale ha accennato a una «passione» un po' extraconiugale del Presidente. In Francia bisogna chiedere informazioni a Alain Genestar che dirigeva "Paris Match": aveva ingemmato una copertina, nel 2006, con Cécilia ancora in Sarkozy che cinguettava con l'Altro, a New York. Hanno aspettato un anno e poi lo hanno licenziato.
Stavolta al «Journal du dimanche» non hanno atteso nemmeno una settimana: per dimissionare i due responsabili del «rumore» planetario che suggeriva una procella tra «chouchou» Sarkozy e la moglie Carla, con propositi di separazione e cuori già affranti per altri soggetti. Che cosa lega i due episodi oltre che il tragico destino lavorativo dei reprobi? Sia "Paris Match" che il "JDD" sono proprietà di Arnaud Lagardère, un amico del presidente, anzi per usare parole dell'uomo d'affari, «un fratello».
Come evitare il dubbio universale che l'Eliseo abbia svolto una parte preponderante nei licenziamenti? Impossibile.
Anche per una coincidenza: Carla Bruni si è appena lamentata dell'accaduto con le amiche di «Madame Figaro»: vividamente «indignata con i sedicenti giornalisti». Michael Amand era direttore operativo di Newsweb, la società a cui il JDD delega la gestione tecnica e editoriale del suo sito internet: appartengono comunque entrambe a Lagardère.
Mesi fa aveva chiesto, senza dirlo a nessuno, al capo del marketing, tipo giovane, talentoso anche se non giornalista, di allestire un blog sotto pseudonimo sul JDD: doveva stiparci informazioni bollenti, pettegolezzi genere people, scoop pruriginosi, purtroppo non sempre verificati.
Trovata astuta, pensava, per aumentare i contatti senza sporcarsi le mani. Missione compiuta. «Michael F» produceva come una fornace, non gli scappava nulla nè sulla riva destra nè sulla riva gauche. Fino a quel nove marzo quando Michael F. ha deciso, dal computer di casa, di spiattellare le voci che ascoltava con sempre maggiore e pungente frequenza sulla crisi a Palazzo.
È stato vittima del successo, si può dire, moltiplicato dal Capo di Buona speranza al deserto del Taklamakan. Terrorizzati al JDD hanno subito censurato il blog. Troppo tardi, hanno solo aumentato il sospetto che tutto fosse vero. Ma al JDD pensavano di farla franca: in fondo era un blog, malelingue esterne di cui il giornale non aveva responsabilità. Ma quando hanno chiesto a Amand l'indirizzo IP del bloghista, il numero cioè che permette di individuare il computer, per sterminarlo a colpi di querele, ha confessato. Ne hanno accettato con piacere le «dimissioni». Olivier Jay è il direttore di redazione del JDD: «Nessuna ingerenza dall'alto. Abbiamo deciso noi. Lagardère? Certo è stato tenuto al corrente!».