PREPARATE IL PALLOTTOLIERE PER IL BERLUSCOLLE - SALVINI TEME IL TRAPPOLONE E CHIEDE A "ZIO SILVIO" DI VERIFICARE I NUMERI "CHE SOSTIENE DI AVERE”. SE AL QUARTO SCRUTINIO IL CAV NON RIUSCISSE A PASSARE, AL VOTO SUCCESSIVO, CON IL SUO NOME ORMAI BRUCIATO, LA COALIZIONE DI CENTRODESTRA SAREBBE ESPOSTA AL RISCHIO DI VEDER SALIRE AL QUIRINALE UN ALTRO CANDIDATO – IL MAL DI PANCIA DI GIORGETTI E LA MERAVIGLIA DOPO IL COLLOQUIO CON CONTE: “QUELLO PENSA SOLO A COME FAR FUORI DRAGHI”
-FRANCESCO VERDERAMI per il Corriere della Sera
Berlusconi vuole giocarsela alla quarta votazione, Salvini non vuole venir giocato alla quinta. In discussione non è la lealtà verso il Cavaliere o la volontà di sostenere la sua corsa al Colle, il punto è che il capo della Lega scorge sul percorso una trappola. Se la coalizione decidesse di muoversi in proprio e al quarto scrutinio Berlusconi non riuscisse a passare, allo scrutinio successivo - con il suo candidato ormai bruciato - sarebbe esposta al rischio di veder salire al Quirinale un altro candidato, appoggiato da uno schieramento che avrebbe reso inutili i voti del centrodestra.
Sarebbe la Waterloo dell'alleanza, ne decreterebbe probabilmente la fine e certamente minerebbe la leadership di Salvini. Perciò il segretario del Carroccio chiede al Cavaliere di «verificare più e più volte i numeri che dici di avere». Non basta aver regalato ai parlamentari un quadro accompagnato da un bigliettino in cui c'era scritto: «Votami votami». «Piuttosto Silvio, riparla con quanti ti hanno fatto una promessa. Perché promettere è una cosa, mettere un nome su una scheda è un'altra». Si capisce allora la prudenza di Salvini, l'attesa che c'è tra gli alleati per verificare quale sia la sua carta coperta, il fatto che sia scomparso dai radar dei media e abbia preso a contattare i maggiorenti degli altri partiti senza darne notizia. Il tavolo comune (per ora) non c'è. Con Letta ha parlato prima di Natale.
Ma è stato il colloquio con Conte a meravigliarlo: «Quello pensa solo a come far fuori Draghi». Ed eccolo il convitato di pietra, il nome del candidato che - come prevede un autorevole esponente del Carroccio di rito salviniano - «alla fine ci ritroveremo tutti a votare senza entusiasmo». Che poi è lo stato d'animo che il Capitano ha constatato nel giro delle chiese politiche, dove c'è aria di rivalsa. Per esempio Di Maio - nel caso in cui il premier si trasferisse al Colle - vorrebbe come garanzia l'assenza di qualsiasi ambiguità sul fatto che la legislatura vada fino in fondo. Sì, ma come? Perché Giorgetti prevede che - chiunque siederà a Palazzo Chigi nell'anno elettorale - sarà destinato al ruolo di san Sebastiano. E non intende beccarsi una parte delle frecce. Da settimane ormai attraversa i corridoi del suo dicastero con battute votate (più del solito) al pessimismo.
Al punto che i dirigenti di alto rango del ministero per lo Sviluppo economico sono convinti che a fine mese «farà gli scatoloni». Il problema non è il rapporto personale con Draghi, è la quotidianità a logorare le cose. E le misure anti-Covid sono diventate una sorta di innesco. Per Giorgetti vanno oltre la questione di merito, convinto com' è che «non si può bloccare il Paese». C'è dell'altro: «Questo tema è diventato ormai terreno di scontro politico». Si vedrà se avrà riflessi nella partita per il Colle. Piuttosto l'atteggiamento dei partiti sembra un modo per bilanciare i rapporti di forza con il premier in vista della corsa.
Lo fa capire uno degli esponenti di lungo corso della Lega: «Per la presidenza della Repubblica ci sono decine di candidati ma ad oggi nessuno ha fatto una proposta convincente di governo. E finché questa proposta non emergerà, è certo che il Parlamento non voterà». Sembra paradossale, ma ogni colloquio tra leader inizia parlando di Quirinale e finisce parlando di rimpasto. Perciò, se davvero Draghi punta al Colle, dovrà dare una risposta a tutti. Compreso Salvini, su cui grava un peso enorme. Deve tenere unita la coalizione, «perché questa è la mia priorità», e contemporaneamente sciogliere alcuni nodi.
Nell'anno che precede le elezioni, il governo dovrà mantenere la stessa compagine o dovrà essere cambiato secondo le esigenze delle forze politiche? E la Lega resterà in maggioranza o andrà all'opposizione? «Perché se andiamo all'opposizione previo accordo con il Pd - dice un dirigente del Carroccio - chi ci garantisce che poi Letta non colga al volo l'occasione per andare alle urne? A quel punto avremmo dato ragione alla Meloni, che è rimasta lì ad aspettarci». Berlusconi, Draghi, le trappole degli avversari, il movimentismo di Renzi: è in questo ginepraio che Salvini dovrà mostrare doti manovriere e riscattare gli errori commessi nell'estate del 2019. Stavolta non sono previsti esami di riparazione.