PER RIANIMARE IL PD BISOGNA TRASFORMARLO IN UNA FILIALE DI "SE NON ORA QUANDO?" - LETTA INSISTE SUL TEMA DELLA PARITA' DI GENERE, DOPO AVER GIA' PROPOSTO QUESTIONI LUNARI COME IL VOTO AI 16ENNI E LO IUS SOLI - TRA CRISI ECONOMICA, NEGOZI CHE CHIUDONO, LICENZIAMENTI E FAMIGLIE A ZERO REDDITO, ENRICHETTO E' CONVINTO DI RILANCIARE IL PARTITO INTESTANDOSI LE BATTAGLIE CHE PIACCIONO AI CIRCOLINI AUTOREFERENZIALI?

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Milena Gabanelli e Simona Ravizza per il "Corriere della Sera"

 

ENRICO LETTA LAURA BOLDRINI

Enrico Letta, neosegretario del Pd, perché due donne capogruppo alla Camera e al Senato e non un uomo e una donna come tutto sommato vorrebbe la parità di genere? «La situazione del Partito democratico che ho trovato è incrostata di un maschilismo e per romperlo c'è bisogno di gesti forti. Io faccio il rompighiaccio».

 

Dopo che la sua battaglia per due capogruppo donna si è conclusa con la nomina di Simona Malpezzi a Palazzo Madama e, ieri, di Debora Serracchiani a Montecitorio, Letta è in collegamento su Corriere.it per intervenire sul tema delle donne in politica affrontato nell'ultima inchiesta di Dataroom: «Quote rosa, perché non funzionano: i meccanismi beffa».

 

ENRICO LETTA GIUSEPPE CONTE

In realtà, se uno va a vedere la composizione di genere nelle segreterie del Pd già ai tempi di Walter Veltroni c'erano otto uomini e nove donne. E metà e metà sia con Pier Luigi Bersani che con Matteo Renzi.

«Dico due cifre per far capire perché c'era bisogno che entrambi i capigruppo fossero donne. La prima linea del Pd finora è stata composta da uomini (il segretario, i ministri, i Presidenti di Regione, i capigruppo). Queste sono le persone che si vedono e che fanno il Pd. Quando io sono arrivato, erano tutti uomini. Undici uomini su undici persone.

 

enrico letta

Quando sono stato raggiunto da varie telefonate a Parigi e mi hanno chiesto di tornare a fare il segretario del Pd, io ho detto: "No, io sto facendo altro, c'è bisogno che scegliate una donna. C'è bisogno che facciate un gesto di rottura". Alla fine, poi, sono arrivato io, ma mi sono detto: "Undici figure maschili non va bene, bisogna cambiare e intanto mettiamo almeno due donne su undici". E aggiungo un'altra cifra importante: gli ultimi tre congressi del Pd hanno avuto ciascuno tre candidati alla segreteria. Nove persone, tutti maschi».

 

Insomma, fin qui il Pd ha tenuto le donne sempre un po' nelle retrovie?

enrico letta

«In questi giorni ho dovuto combattere contro le critiche di maschi, bianchi, cinquantenni che mi dicevano: "Due donne pur che sia? Vanno scelte in base alle competenze". Questo è assolutamente giusto. Peccato che nessuno faccia il discorso "due uomini pur che sia". Quando si tratta di andare su due uomini vai sull'automatico. Naturalmente quello che ho fatto è solo il primo passo».

 

Con l'inchiesta di Dataroom abbiamo mostrato come i partiti, pur candidando il 40% donne, adottano trucchi per favorire i maschi. Le pare normale?

Enrico Letta annuncia la candidatura a segretario del Pd

«Non ne avevo idea, e per me è stato utile saperlo. E lo dico subito: mi prendo l'impegno. Se toccherà a me organizzare le liste del Pd per le prossime elezioni, e se la legge elettorale resterà questa, io mi faccio garante del non utilizzo di questi giochini che sono un modo per aggirare la legge, proprio per arrivare a un obiettivo che ritengo sacrosanto, quello di garantire la parità e promuovere la presenza delle donne».

 

Bisogna proprio essere delle quote? Non c'è un'altra strada?

«Lo dico in modo semplice: le quote rosa sono una soluzione brutta, ma chi le contesta, mi deve dire qual è l'alternativa. Io vorrei che il Paese discutesse di questo. L'Italia è un Paese tutto al maschile. La questione chiave è quella dei vertici. Quando si arriva a competere per una posizione apicale, c'è sempre un uomo. Non è questione soltanto di politica».

 

Quindi per lei un'alternativa non c'è!

tweet su enrico letta segretario del pd

«Una vera parità ai vertici è possibile se cresce un universo di persone di sesso femminile che stanno già vicine a quelle responsabilità. È per questo che chi critica le quote rose nei consigli di amministrazione (introdotte con la legge Golfo-Mosca nel 2012, ndr ) sbaglia. Prima di quella legge, le donne che facevano parte dei cda erano una, due per cda e normalmente erano la figlia o la moglie del presidente dell'impresa.

 

Invece oggi nel nostro Paese si è creato un grande insieme di donne che facendo esperienza sono in grado di diventare amministratori delegati e presidenti delle stesse imprese. Prima di quella legge non era possibile. Quindi tutta l'ironia che si fa sulle quote rosa è tipica del benaltrismo italiano che io non condivido.

 

Io sono per dire: bisogna fare una cosa, non è bella, però è l'unica soluzione? Allora la si fa perché l'obiettivo è quello di far sì che il nostro Paese abbia il 50% di rettori donne, che un giorno il Corriere della Sera sia diretto da una donna, che ci sia la possibilità che anche il prossimo presidente della Repubblica possa essere una donna».

 

enrico letta

Ma si immaginava questo puferio tra Serracchiani e Madia?

«Non è un putiferio, non sono d'accordo. La discussione fra due uomini sarebbe stata ugualmente violenta (violenta verbalmente s'intende). La politica è fatta di contrapposizioni e di competizioni».

 

Così però si replicano gli stessi meccanismi maschili, quelli delle correnti che dilaniano il Pd da un bel po' di anni, e che sarebbero da scardinare.

«In un grande partito come il nostro, non tutti sono uguali e non tutti la pensano come il segretario. Quindi sono assolutamente legittime le aree culturali, le differenze di pensiero ed è anche legittimo che si organizzino. Quello che io trovo sbagliato è che questo finisca per sclerotizzarsi, in un'organizzazione eccessivamente dominata dalle correnti che occupano tutti gli spazi della vita di un partito».

ENRICO LETTA ALLA SEZIONE PD DI TESTACCIO

 

I cittadini si aspettano dalla politica la soluzione ai loro problemi, e quindi competenza, poco importa se uomo o donna. Per esempio, al di là della simpatia per Marianna Madia perché si è impegnata tanto, quando nel 2014 viene catapultata a ministro della Pubblica Amministrazione dichiarando la sua «grande incompetenza», come cittadini non c'è da stare tranquilli. Allora c'è da chiedersi: ma in base a quali criteri vengono definite le competenze?

«Sono totalmente d'accordo sul fatto che la selezione della classe dirigente sia un problema. È un obiettivo su cui sto già lavorando e lavorerò per far sì che la competenza venga premiata e che ci sia una buona sintesi tra la competenza e la rappresentatività, che però è sempre difficile da raggiungere. Perché il Parlamento non può essere un Parlamento tutto composto esclusivamente da professori universitari.

Enrico Letta

 

La politica è fatta di rappresentatività, rapporti con i territori, e per questo i partiti politici sono importanti, perché selezionano la classe dirigente, proponendo delle candidature agli elettori. Bene, se il partito questa selezione non la fa e propone semplicemente sulla base di chi sgomita o sulla base di chi fa più tessere...».

 

Non crede sia ora di inserire criteri di reclutamento più stringenti ovvero, prima di darti in mano un pezzo di Paese voglio vedere «quali risultati hai prodotto nell'attività che hai svolto precedentemente».

«Io ho proposto nella mia relazione di candidatura due settimane fa di far nascere le università democratiche, un luogo dove si fa formazione e da dove escono persone che le cose essenziali le sanno. Poi in tutto questo c'è anche la grande responsabilità politica di chi guida, che deve premiare il talento e non le appartenenze correntizie».

 

ENRICO LETTA SEGRETARIO DEL PD BY MAURO BIANI

Anche perché i candidati sono proposti dai partiti con le liste bloccate, e cittadini possono scegliere ben poco.

«Io sono da sempre un fiero avversario delle liste bloccate. Sono da sempre per l'introduzione di meccanismi che diano al cittadino la possibilità di scelta».

 

Un lettore scrive: «Il Pd tutto ti ha già tradito una volta, lo farà ancora!». Sta facendo gli scongiuri?

«No, ho imparato molto».