SOLO ORA CHE FRATELLI D’ITALIA VOLA NEI SONDAGGI SALVINI E BERLUSCONI VOGLIONO IL PARTITO UNICO DEL CENTRODESTRA - PROPRIO LORO CHE, PRIMA DEL VOTO, VOLEVANO LA FEDERAZIONE TRA LEGA E FORZA ITALIA PER FREGARE GIORGIA MELONI - MASSIMO FRANCO: “UNIRSI ALLA PREMIER, PER GLI ALLEATI SIGNIFICHEREBBE VELARE IL PROPRIO DECLINO POLITICO, E CERCARE DI CONDIZIONARLA DALL'INTERNO. MA IN FDI SEMBRANO CONVINTI CHE IL ‘PARTITO UNICO’ DELLA DESTRA LO STIANO CREANDO GLI ELETTORI; E CHE SARANNO I VOTI A RIPLASMARE I RAPPORTI DI FORZA”

-

Condividi questo articolo


1. GLI EQUILIBRI DA COSTRUIRE PER UNIFICARE IL CENTRODESTRA

Massimo Franco per il “Corriere della Sera”

 

lupi meloni cattaneo berlusconi salvini al quirinale lupi meloni cattaneo berlusconi salvini al quirinale

La freddezza con la quale Fratelli d'Italia, partito della premier Giorgia Meloni, ha accolto la proposta di dare vita a un partito unico «conservatore, liberale e cristiano», non deve sorprendere. Gli alleati che l'hanno avanzata, in prima fila Forza Italia, sono gli stessi che fino a pochi mesi fa pensavano a una larvata fusione con la Lega: un «cartello» elettorale tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, con lo scopo neanche troppo velato di bilanciare e dunque ridimensionare una destra meloniana in ascesa.

 

Estendere ora il progetto a Fratelli d'Italia ha dunque il sapore di un'operazione tardiva e insieme prematura. Spunta dopo che il 25 settembre le elezioni hanno dato al partito di Meloni quasi il doppio dei voti ottenuti da Lega e FI; e mentre i sondaggi assecondano questa crescita disuguale tra le formazioni della maggioranza. Unirsi alla premier, dunque, per gli alleati significherebbe velare il proprio declino politico, e cercare di condizionarla dall'interno.

 

salvini meloni berlusconi piazza del popolo 3 salvini meloni berlusconi piazza del popolo 3

La stessa offerta di una copertura in senso liberale viene accolta con una punta di malcelato fastidio. Sembra quasi che Berlusconi osservi e tratti FdI come faceva con Alleanza nazionale, garantendo che l'avrebbe legittimata, mondandola dalle radici postfasciste.

 

Quando si risponde che «un partito conservatore c'è già, ed è il nostro», la cerchia della premier fotografa, se non una realtà, un'ambizione; da soddisfare senza garanti esterni. Ma soprattutto, in FdI sembrano convinti che il «partito unico» della destra lo stiano creando gli elettori; e che saranno i voti a riplasmare i rapporti di forza a destra. Questo forse faciliterebbe la convergenza con un Partito popolare europeo tentato dall'alleanza con i conservatori.

 

SALVINI MELONI BERLUSCONI 66 SALVINI MELONI BERLUSCONI 66

D'altronde, storicamente il Ppe è cresciuto inglobando spezzoni «alieni». Fu così, dopo il 1994, quando le vittorie berlusconiane e il declino della ex Dc portarono a assorbire FI nonostante le proteste. Di qui al 2024, anno delle Europee, non è da escludersi una marcia di avvicinamento alla Meloni con le stesse premesse. Ma questo presuppone che tenga il governo, alle prese con l'autonomia differenziata per le regioni, voluta da una Lega così nervosa da voler querelare chi la accusa di spaccare l'Italia.

 

A contrastarla la riforma non sono solo le opposizioni, su questo compatte. Ne stanno valutando le implicazioni sia FdI che FI, spaventati dalla prospettiva di lasciare spazio al Sud alle scorrerie demagogiche del M5S.

 

meloni berlusconi salvini al quirinale meloni berlusconi salvini al quirinale

La «sintonia perfetta» con la Lega che si accredita nei paraggi di Palazzo Chigi, aspetta di essere messa alla prova. E l'idea di forzare la mano a Meloni sull'autonomia, facendo capire che altrimenti sarebbe rimesso in forse anche il presidenzialismo, racconta un percorso istituzionale tutto da concordare.

 

2. "PARTITO UNICO? NON ESISTE" MELONI GELA GLI ALLEATI IN CRISI

Ilario Lombardo per “La Stampa”

 

Per Giorgia Meloni è come se Silvio Berlusconi, né più né meno, le volesse vendere la Fontana di Trevi. Qualcosa che non esiste nelle forme immaginate dal fondatore di Forza Italia. «In Italia c'è già un grande partito conservatore - è il ragionamento attribuito alla premier dai ministri a lei più vicini -, è un partito che tutti i sondaggi danno stabilmente sopra il 30 per cento e che alle Europee può ambire ad arrivare al 35-36%.  Si chiama Fratelli d'Italia».

GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI

 

Dunque, il Partito Repubblicano di cui parla Berlusconi, rilanciando un'idea che di tanto in tanto rispolvera, e dove dovrebbero confluire azzurri, Lega e FdI, è un progetto che è già svanito. Ma che va analizzato come sintomo di un malessere crescente nella coalizione di centrodestra, perché segnala turbolenze all'orizzonte, frustrazioni, voglia di rivalsa e possibili mutazioni.

 

Chi conosce bene Berlusconi ricorda un episodio di poco meno di un mese fa, ad Arcore, durante il pranzo pre-natalizio che ha riunito nello stesso salone la dirigenza di FI, ministri e capigruppo. Il leader sonda i presenti sull'ipotesi di un partito unico, e a un certo punto si alza Gianni Letta. Il fidatissimo consigliere dice più o meno questo: che un'operazione del genere non avrebbe alcun senso, perché a guidarlo non sarebbe lui, Silvio, ma il leader più forte ora, cioè Meloni.

 

SILVIO BERLUSCONI E GIORGIA MELONI NEL 2011 SILVIO BERLUSCONI E GIORGIA MELONI NEL 2011

In realtà, spiega chi era presente, nella testa di Berlusconi c'è anche altro, una federazione con la Lega, magari già in vista delle Europee del 2024, per tentare di ribaltare i rapporti di forza troppo favorevoli alla presidente del Consiglio e cercare di traghettare il Carroccio nel Partito popolare europeo.

 

Sta di fatto che Berlusconi ci è tornato su, strappando poco più che una smorfia a Meloni. La premier lascia però che siano i suoi fedelissimi a rispondere e a chiarire bene il messaggio. Lo fanno il responsabile del partito Giovanni Donzelli su Libero, e il cognato ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida: L'evoluzione italiana dei conservatori è la forza politica della leader che già li guida in Europa.

 

SILVIO BERLUSCONI LICIA RONZULLI SILVIO BERLUSCONI LICIA RONZULLI

La sensazione di tutti, dentro FdI, è che l'erosione dei consensi stia spaventando Berlusconi, mai arrivato a percentuali così basse. Il patriarca di Arcore, a quasi 87 anni, ha bisogno di indicare un orizzonte agli eletti, terrorizzati dal diluvio che li attende quando si aprirà il "dopo-di-lui". L'ex premier vuole giocare di anticipo, anche perché sente il disagio che lo circonda, la cooptazione in atto, il passaggio spontaneo sul carro del vincitore.

 

Il no di Meloni alla formula di Berlusconi era quasi scontato. Per puro calcolo di interesse. Ma la leader è anche convinta che non abbia alcun senso politico, né che possa servire a dare maggiore stabilità al governo, come le suggerisce qualcuno. Al momento Meloni pensa sia meglio tenere le cose come stanno, un'alleanza a tre teste, con due partiti indeboliti, «ma - come dice anche in queste ore - senza molte alternative».

 

SALVINI - MELONI - BERLUSCONI BY GIANNELLI SALVINI - MELONI - BERLUSCONI BY GIANNELLI

Ecco, il tema dell'alternativa, per Meloni, è la chiave per una sopravvivenza più o meno tranquilla. «Ho già detto - giura a ogni occasione utile - che, per quanto mi riguarda, in questa legislatura non c'è una maggioranza alternativa a quella attuale. Se cade il governo, si deve tornare al voto». Il ricatto è implicito al messaggio rivolto soprattutto a chi, tra i berlusconiani, pensa a qualche alchimia di destabilizzazione, magari unendo le forze a Matteo Renzi e al Terzo Polo. L'epilogo, secondo gli uomini di FdI, sarebbe l'estinzione alle urne di FI.

 

Ma poiché in politica è sempre meglio avere pronto anche un piano B, tra i meloninani c'è chi, soprattutto nel fronte più liberale, non esclude che alla fine un partito conservatore - chiamato proprio così o con un nome nuovo - potrebbe nascere. Se alla vigilia della campagna per le Europee FdI dovesse restare molto in alto nei consensi, una ri-brandizzazione potrebbe anche tornare utile.

 

GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI

Molto dipenderà anche dal voto delle Regionali nel Lazio e in Lombardia. Il partito - questa è l'idea - diventerebbe un polo di attrazione naturale. E confermerebbe l'evoluzione che, con un occhio a Bruxelles, è in corso. D'altronde, Meloni ha voluto in posti strategici uomini come i ministri Guido Crosetto, Raffaele Fitto, e il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano, che non sono cresciuti, come altri, con lei ai banchetti della gioventù post-fascista. Gente che ha militato dentro FI, e che ora spera in un matrimonio tra Conservatori e Popolari in Europa, e di conseguenza nella fine dell'alleanza storica tra Ppe e socialisti.

 

SILVIO BERLUSCONI LICIA RONZULLI SILVIO BERLUSCONI LICIA RONZULLI

Fitto ci lavora da anni, di sponda con il vicepremier Antonio Tajani e il popolare tedesco Manfred Weber. I semi sono stati gettati. Ora, con il Pse ulteriormente indebolito dalle corruzioni del Qatargate, vanno raccolti i frutti. Meloni vuole essere definitivamente sdoganata nel salotto buono europeo. È su quello che sta lavorando, e su un'operazione che è l'opposto della suggestione di Berlusconi: «Non dobbiamo importare il modello europeo in Italia, e confluire tutti nei Popolari, ma esportare in Europa il modello italiano del centrodestra, con forze diverse e alleate».

 

 La fine di FI è solo la prima delle due variabili. L'altra è la Lega, la sua lotta interna, la rabbia della vecchia guardia del Nord, la leadership al tramonto di Matteo Salvini. Le elezioni nel Lazio e in Lombardia sono il grande test per capire cosa resterà da qui a qualche mese di quel modello di cui parla Meloni. -

BERLUSCONI SALVINI MELONI BERLUSCONI SALVINI MELONI SILVIO BERLUSCONI - GIORGIA MELONI - MATTEO SALVINI SILVIO BERLUSCONI - GIORGIA MELONI - MATTEO SALVINI

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT - SULLA SCENA POLITICA, FITTA DI SCAPPATI DI CASA, MANCAVANO SOLO LORO: FASCINA E GALLIANI - L’ANTICO “CONDOR” DEL CAVALIERE È DIVENTATO LO CHAPERON POLITICO DELLA “VEDOVA INCONSOLABILE”, CON IL CONTORNO DEI SECOLARI AMICI DELLA BUONANIMA DI SILVIO, CONFALONIERI E DELL’UTRI - IN OGNI USCITA PUBBLICA, I DUE SONO INSEPARABILI. DEL RESTO, SI CONOSCONO, E BENE. LA SCALATA DELLA “MARIA GODETTI” CALABRO-NAPOLETANA ALL’INTERNO DELL’INNER CIRCLE BERLUSCONIANO AVVENNE GRAZIE A GALLIANI, ALL’EPOCA BOSS DEL MILAN - ORA È CHIARO CHE A TAJANI HA SEMPRE FREGATO POCO DI COSA COMBINA IL DUPLEX FASCINA-GALLIANI. FINO ALLO SCORSA SETTIMANA ALLORCHÉ È ESPLOSA FORZA ITALIA AL COMUNE DI MILANO, DIETRO LA QUALE CI SAREBBERO LE UNGHIE DELLA FASCINA, CHE HA MANTENUTO UN OTTIMO RAPPORTO CON MARINA, VEDI IL DUELLO CONTINUO CON IL FRATELLO PIER SILVIO CHE VUOLE FAR SLOGGIARE LA “VEDOVA INCONSOLABILE” DALLA COSTOSISSIMA MAGIONE DI ARCORE - VIDEO

FLASH! - A TORINO, PER IL DOPO PALENZONA ALLA PRESIDENZA DI CRT, SI STANNO SONDANDO LE ISTITUZIONI SUL NOME DI MICHELE VIETTI, MAGISTRATO EX-CSM, OGGI DISOCCUPATO. UN NOME CHE È GRADITO AL SINDACO DI TORINO, STEFANO LORUSSO, CHE NON HA MAI SOPPORTATO LA PRESENZA E SOPRATTUTTO LA DISUBBIDIENZA DI PALENZONA - A DAR VOCE ALLA CANDIDATURA DI VIETTI C'È LA DI LUI CONSORTE, CATERINA BIMA, CHE RICOPRE IL RUOLO DI VICE PRESIDENTE DI CRT ED È STATA TRA GLI OPPOSITORI DELLA GESTIONE PALENZONA...

DAGOREPORT - CONTINUA L’IMBROGLIO-SCHLEIN: ELLY RINCULA SUL NOME NEL SIMBOLO DANDO LA COLPA A BONACCINI (SIC!) E SI RIMANGIA ''CAPOLISTA OVUNQUE": LO SARA' SOLO AL CENTRO E NELLE ISOLE - ALLA DIREZIONE NAZIONALE DEL PD DI IERI LA SVALVOLATA MULTIGENDER HA PERSO LA MAGGIORANZA DEL PARTITO. I VENTI DI RIVOLTA INVESTONO TUTTE LE VARIE ANIME DEL PD - ELLY SI È RIMBOCCATA LA LAPIDE QUANDO HA DETTO: O IL MIO NOME NEL SIMBOLO O MI METTETE CAPOLISTA IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. DI TALE PROPOSTA, LA ZARINA DEL PD NE AVEVA PARLATO SOLO CON BONACCINI. IL PRESIDENTE DEL PD HA ACCONSENTITO IN CAMBIO DELLA CANDIDATURA NEL SUD DEL RAS DELLE PREFERENZE, RAFFAELE “LELLO” TOPO, FIGLIO DELL’AUTISTA DI GAVA, CHE OVVIAMENTE FA PARTE DELLA SUA CORRENTE (AH! I CACICCHI…) - ALLA FINE VICINO A SCHLEIN RESTANO SOLO IN DUE, IL MULTI-TRASFORMISTA ZINGAR-ELLY E FRANCESCO BOCCIA, IL VERO ARTEFICE DEL SISTEMA PUGLIA, GARANTE DI DECARO ED EMILIANO - ANCHE SE ALLE EUROPEE IL PD GALLEGGERA' AL 20%, SINESTR-ELLY DOVRA' FARE LE VALIGIE...

DAGOREPORT: 100 SCALFARI MENO UNO - NON È SOLTANTO TELE-MELONI A CENSURARE GLI SCRITTORI: C'E' ANCHE IL GRUPPO GEDI – IL LIBRO SUL CENTENARIO DI SCALFARI CURATO DA SIMONE VIOLA, NIPOTE DI EUGENIO, IN EDICOLA INSIEME A ‘’REPUBBLICA’’, SQUADERNA CENTO INTERVENTI DI ALTRETTANTI TESTIMONIAL, TRANNE QUELLO INNOCUO E DEL TUTTO PERSONALE DI GIOVANNI VALENTINI, EX DIRETTORE DELL’ESPRESSO - LE SUE CRITICHE, MANIFESTATE SUL "FATTO QUOTIDIANO" SULL’OPERAZIONE “STAMPUBBLICA” E POI NEL SUO LIBRO SULLA PRESA DI POSSESSO DEL GIORNALE DA PARTE DI ELKANN, GLI VALGONO L’OSTRACISMO E LA DAMNATIO MEMORIAE – IL TESTO CENSURATO…