Anna Lombardi per “la Repubblica”
«Ingabbiare il linguaggio non aiuta a risolvere i problemi. È uno spreco di energia: allontana dalla ricerca di soluzioni concrete. Per uno studioso di liberaldemocrazia vecchio stampo come me, difendere la libertà di parola è una priorità che prescinde dalla provenienza ideologica degli attacchi. Ho firmato con convinzione la lettera di Harper' s Magazine sostenuta da 150 intellettuali. E dopo le polemiche, sono ancora più certo che continuare ad esprimere il nostro disagio, in un momento grave come questo, è più necessario che mai».
padma lakshmi e salman rushdie 7
Francis Fukuyama, 67 anni, il politologo americano autore del celebre saggio La fine della storia e l'ultimo uomo e del più recente Identità . Da Stanford dove insegna, rivendica con forza l'appello sottoscritto con autori come Salman Rushdie, Noam Chomsky, Margaret Atwood, per denunciare «il clima d'intolleranza per le opinioni diverse, l'abitudine alla gogna pubblica e l'ostracismo» che in America ormai restringe sempre di più la possibilità di dibattere. Chiedendo di «preservare la condizioni di essere in disaccordo in buona fede».
Cosa l'ha spinta a firmare quella lettera?
«La crescente intolleranza di certe cerchie verso chi prova a muovere il dibattito oltre determinati confini, considerati "territorio non sicuro" perché urtano la sensibilità di qualcuno. Un trend che si fa sempre più strada a sinistra, anche se - attenzione - a minacciare la libertà di parola, oggi è innanzitutto la destra. Donald Trump e i suoi emuli populisti hanno fatto di aggressività, intolleranza e scorrettezza una bandiera. Ma la reazione di irrigidimento della sinistra è altrettanto pericolosa. Anche perché limitarsi a sanificare le parole non porta a soluzioni reali».
La lettera è stata duramente criticata. Come risponde alle accuse?
donald trump con la mascherina all'ospedale militare walter reed 1
«Il fatto che sia stata considerata controversa, è la prova più eloquente di quel che denunciavamo. Quel testo è largamente condivisibile e infatti le polemiche riguardano soprattutto i firmatari. J. K. Rowling per la questione dei trans, Ian Buruma per aver pubblicato un articolo sul # MeToo ... Un processo agli individui più che alle intenzioni della lettera. Siamo davanti ad un ostracismo sociale contro chi non si allinea. Ma una società che non accetta punti di vista differenti è malata».
ghislaine maxwell, naomi campbell, donald e melania trump
La polemica è approdata anche in Europa...
«Da voi ha meno senso. Avete leggi contro il discorso d'odio, la propaganda fascista. In America, invece, interpretiamo in senso assolutistico il primo emendamento, quello sulla libertà di espressione. Non avere una cornice legale specifica è parte del problema».
Come si è passati dal "politicamente corretto" alla "cultura della cancellazione"?
«Uno dei motivi per cui Trump venne eletto, fu che a destra c'era gran fastidio verso il politicamente corretto, l'attenzione sempre più ossessiva su come trattare questioni razziali, di gender, religione e così via. Ma la scorrettezza di Trump, per esempio le sue imitazioni di persone con problemi fisici ai comizi, è andata davvero oltre. Così come aver detto di voler far intervenire l'esercito dopo la morte di George Floyd. Alle provocazioni la sinistra ha reagito irrigidendosi ed esasperando, appunto, la cosiddetta "cultura della cancellazione". Il risultato è che l'America, oggi, è divisa fra due opposte versioni di illiberalismo».
Nel suo ultimo saggio scrive: «la domanda di riconoscimento della propria identità è un concetto base che unifica gran parte di quanto sta accadendo oggi nella politica mondiale».
«Intendiamoci: le rivendicazioni delle minoranze vanno prese sul serio. Ma dobbiamo mettere un freno alla deriva identitaria. Per fare un esempio, nel movimento trans è considerato offensivo sentir parlare di "sesso biologico", perché per loro il genere è una scelta, distinta dalla biologia. E all'interno di Black Lives Matter c'è chi va oltre la denuncia delle violenze, chiedendo spazi di autonomia politica dove la partecipazione è determinata dal colore della pelle. Insomma: non ogni presa di posizione di gruppi progressisti o presunti tali è compatibile con i principi della democrazia. Non tutti gli attivisti hanno ragione e comunque bisogna sempre sapersi confrontare».
A destra che cosa succede?
«Vedo rinfocolarsi un tribalismo che li porta a ferire i loro stessi interessi individuali. Penso a come le mascherine siano diventate bandiera politica. La base di Trump non le indossa, considerandole una limitazione alla libertà personale, una svalutazione dei loro principi e perfino un atto di slealtà verso il capo. Così vanno ai comizi e si ammalano. Quella deriva gli sta facendo dimenticare cosa è buono per loro stessi e per la loro comunità».
I social hanno un ruolo in tutto questo?
«Accelerano certe tendenze. Twitter scatena commenti più velocemente di una lettera al giornale. A monte c'è però la grande polarizzazione della società. Non sono i social ad averla creata, ma contribuiscono a incendiare il dibattito, limitandolo allo stesso tempo».
Come se ne esce?
«Non migliorerà in una notte, nemmeno se, come mi auguro, vincerà Joe Biden. Lui porterebbe nuove speranze e sarebbe un interlocutore pure per i gruppi più rigidi. Di sicuro, il peggio che può accadere, anche in termini di libertà di parola, è una nuova vittoria di Trump. Se sopravvivesse politicamente alla devastazione che è oggi l'America, penserebbe di avere mandato per fare come vuole, ignorando barriere istituzionali, offendendo e aggredendo chiunque. Porterebbe alla follia la sinistra. E non parlo di ulteriori irrigidimenti ideologici, ma di violenze di piazza».