- - WHAT’S IOR NAME? - SUL CONCLAVE L’OMBRA DELL’ANTIRICICLAGGIO - LA CACCIATA DI GOTTI TEDESCHI BRUCIA ANCORA: E’ STATO BERTONE A DECIDERE? - IL BOARD CHE HA SFIDUCIATO L’EX BOSS DELLA BANCA DI DIO RISPONDE ALLA SEGRETERIA DI STATO - GOTTI AVREBBE PESTATO TROPPI CALLI PREMENDO SU NORME STRINGENTI, ANNACQUATE POI DA JEFFREY LENA E DA UN GIURISTA VICINO A TARCISIONE - LE SPINTE INTERNE A DISFARSI DELLA BANCA…. -


Marco Bardazzi e Andrea Tornielli per LaStampa.it

CARDINALE TARCISIO BERTONE

«lo Ior non è San Marino. Può provare a essere il Liechtenstein, che è riuscito a ripulire la propria immagine. La sfida è ardua, la cattiva pubblicità di questi tempi non si cancellerà facilmente».

CARDINALE TARCISO BERTONE

Il Torrione di Niccolò V racchiude le sale ovattate dell'Istituto per le Opere di Religione. Chi ci lavora non ama parlare con nome e cognome. Ma c'è voglia di far sapere che la «banca vaticana», è stanca di vedere il proprio nome associato a scandali e misteri. E ora che sono passati nove mesi dalla burrascosa uscita di scena di Ettore Gotti Tedeschi ed è stato nominato il successore, si fa trapelare come si è arrivati a investire il tedesco Ernst von Freyberg del ruolo di «banchiere del Papa».

La sfida che lo attende, spiegano a La Stampa fonti che lavorano a contatto con i vertici dello Ior e della Segreteria di Stato, sarà quella di accelerare sulla strada del cambiamento. Vincendo resistenze interne che nessuno nega. Già, il cambiamento. La trasparenza. Passi voluti da Benedetto XVI. Che nel settembre 2009 era stato scelto Gotti, banchiere del Santander, cattolico dalla spiritualità vicina all'Opus Dei.

Non tutti Oltretevere sono d'accordo ad aprire le porte della finanza vaticana alle valutazioni di Moneyval. C'è chi teme che il Vaticano metta a rischio autonomia e sovranità. C'è un management della «banca vaticana» che non vuole abbandonare protezioni e privilegi. Le resistenze si sono viste quando Bankitalia e magistratura hanno aumentato la pressione sullo Ior per ottenere informazioni. Gotti si è trovato sempre più isolato a partire dal Natale 2011, e in disaccordo sulla linea scelta per rispondere alle richieste di adeguamento alle norme sulla trasparenza.

La legge antiriciclaggio per il Vaticano che avevano scritto esperti a lui vicini è stata rivista. Una task-force che includeva anche l'avvocato americano Jeffrey Lena e un giurista di fiducia del cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, ne ha riscritto diverse parti. Tutto fatto in fretta, senza coinvolgere gli estensori della prima versione. Bisognava rispondere alle richieste di Moneyval.

GOTTI TEDESCHI
mor03 cardinale tarcisio bertone

«Ma nella riscrittura - confiderà Gotti - si è andati ben al di là». In effetti, con la nuova legge il potere dell'Aif, l'autorità di informazione finanziaria presieduta dal cardinale Attilio Nicora, viene ridimensionato, mentre aumenta quello della Segreteria di Stato. Decisioni che la Santa Sede sarà costretta a rimangiarsi. Sono le settimane cruciali dell'inizio di Vatileaks: tra le carte fatte uscire c'è anche un appunto del cardinale Nicora, che lamenta la riduzione dei poteri ispettivi dell'Aif.

Poi tutto precipita per Gotti. E gli eventi hanno ancora tratti oscuri. Il 24 maggio 2012 il presidente dello Ior viene sfiduciato dai quattro colleghi del board. Il documento con le motivazioni viene consegnato ai media. È un atto d'accusa durissimo contro Gotti, al quale si imputano «incapacità» e «mancanza di prudenza». Lo si sospetta anche di aver avuto un ruolo nella diffusione dei documenti. Gli si mette accanto, di nascosto, uno psichiatra che riferirà al direttore dello Ior Cipriani. Si tenta di distruggerlo anche come uomo.

«Il problema è che con Gotti le cose si erano messe così male che non si è riusciti a dargli la possibilità di un'uscita in sordina», spiega una fonte autorevole. L'idea era stata quella di concordare un percorso per fargli lasciare l'incarico. «Ma lui ha rotto, non ha voluto ascoltare le contestazioni e ha divulgato la notizia della sfiducia. A quel punto bisognava pubblicare anche le motivazioni di quella sfiducia. Non è stato possibile muoversi con più prudenza».

La notizia del defenestramento fa il giro del mondo e sembra di assistere a una lotta all'ultimo sangue tra chi vuole la trasparenza e chi la teme. La realtà è più complessa. Tutti Oltretevere sono consapevoli che lo Ior ha bisogno delle norme antiriciclaggio se vuole continuare a operare. Lo scontro è su come agire: con l'uscita di scena di Gotti vince il fronte di chi ritiene siano eccessive le «ingerenze» della Banca d'Italia nelle vicende finanziarie vaticane.

È stato Bertone a volere il licenziamento di Gotti? «Il cardinale è stato solo informato prima dal board dello Ior su quanto stava per accadere» racconta una fonte che ha partecipato all'operazione. Difficile però immaginare che uomini scelti dal Segretario di Stato per guidare l'Istituto abbiano agito senza il suo placet. La commissione cardinalizia che sovrintende allo Ior si trova così davanti al fatto compiuto: chiede spiegazioni, vorrebbe conoscere anche la versione di Gotti. Sono mesi di tensioni tra alcuni porporati e il board.

Il processo per arrivare alla nomina del nuovo presidente sarà lungo. La parola d'ordine implicita: niente italiani. «Un candidato italiano avrebbe creato problemi - svelano le voci dal Torrione - vista la situazione con Bankitalia e i rapporti che poteva avere con il sistema bancario locale».

Il Vaticano si affida alla società internazionale «Spencer Stuart» per individuare il successore di Gotti. La ricerca è accuratissima e si è arriva, negli ultimi giorni del pontificato, alla nomina di von Freyberg, cavaliere di Malta. Non è dato di sapere a quanto ammonti la parcella pagata dal Vaticano per scegliere il candidato ideale.

Ora diversi cardinali prima del conclave vogliono essere bene informati su queste vicende. Ieri alla congregazione generale hanno parlato tre porporati curiali per spiegare lo stato delle finanze vaticane. Ma la questione non è chiusa. E forse qualche eminenza si porrà la domanda se sia davvero indispensabile possedere una banca interna, con tutta la «pubblicità negativa» che ciò comporta.

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