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Gigi Garanzini per “la Stampa”
Famolo strano, deve aver pensato Pirlo, chissà se suggestionato dal ponentino. Ed era davvero ben strana quella Juve di partenza con due attaccanti di ruolo, Ronaldo e Morata, altri due di vocazione sulle corsie esterne, Kulusevski e Cuadrado (a sinistra) e due centrocampisti d'offesa come Ramsey e in parte Rabiot. I casi erano due. Se tutti quei giocatori a trazione anteriore fossero stati in serata e avessero soprattutto trovato equilibrio e distanze, la partita sarebbe durata poco.
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Ma se avessero invece tardato a sincronizzarsi, se troppo spesso avessero mollato il solo McKennie a ringhiare davanti ai tre difensori, la Roma avrebbe avuto di che provarci, e magari divertirsi. Così è andata per un bel po'. Con la squadra di Fonseca a controllare il centrocampo e a pungere senza squilibrarsi: e quella di Pirlo senza un baricentro che desse garanzie. Lasciamo stare i due rigori, frutto di una doppia sciocchezza di Rabiot presto ricambiata da una ancor più assurda di Pellegrini.
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Ma da quando in qua la Juve, sull'uno a uno rimediato per caso, si riversa in massa per un calcio piazzato e regala un contropiede da tre contro uno? E quell'uno per giunta è Cuadrado? Sarà un caso. Ma quando sono entrati Arthur e Bentancur, che così a spanne parrebbero i due titolari, la Juve non solo ha trovato il controllo del settore, e di conseguenza del gioco: ma lo ha fatto nonostante l'inferiorità numerica perché nel frattempo Rabiot, già ammonito, ne aveva combinata un'altra delle sue lasciando la squadra in dieci.
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È arrivato il pareggio, grazie ad una magia aerea di Ronaldo: e grazie anche ad un clamoroso errore di Dzeko, proprio lui, a porta spalancata dopo una gran giocata. La Roma avrebbe evidentemente meritato di più, ma di questa serata si gioverà sul piano mentale. La Juve ha di che consolarsi con il miglior Ronaldo: che a parte i gol così strenuamente in fase di ripiego non si era mai battuto, né con Allegri, né con Sarri. Segno che Pirlo è proprio partito da lui.
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