“KNIGHTON E’ IL FUTURO. MARCELL JACOBS È SPARITO DOPO TOKYO, SOLLEVANDO DOMANDE...” – L’EX LEGGENDA AMERICANA DEI 400 MICHAEL JOHNSON SPERNACCHIA GLI ATLETI ITALIANI PER LE DELUSIONI AI MONDIALI A EUGENE: “NON E' UN PROBLEMA DI STAGIONE POST-OLIMPICA: L'ANOMALIA È BOLT CON LA SUA LONGEVITÀ, GLI ALTRI HANNO SEMPRE ALTI E BASSI” – “TORTU È STATO SFORTUNATO, MA IL VERO SALTO DI QUALITÀ LO FARÀ SE SCENDERÀ SOTTO I 20 SECONDI. E NON È COSÌ SCONTATO…”

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Gaia Piccardi per il “Corriere della Sera”

 

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Adesso che gli Usa hanno trovato i nuovi messia della velocità, Fred Kerley re dei 100 in contumacia di Marcell Jacobs (ma gli assenti hanno sempre torto) e Noah Lyles che si conferma padrone dei 200 in 19"31, miglior terzo crono di sempre sul mezzo giro a 12 centesimi dalla sentenza di Bolt (19"19, Berlino 2009), il vecchio Papa sorride a bordo pista al microfono della Bbc, accettando di allungare lo sguardo del Mondiale in Oregon alla piccola Italia dei cinque titoli olimpici evaporati per strada (nella notte è andata in pista la 4x100 rimaneggiata: Patta-Tortu-Desalu-Ali). Così parlò Michael Johnson, 54 anni, texano, il più grande quattrocentista della storia, totem made in Usa insieme a Carl Lewis.

 

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Michael, partiamo dalla fine: tripletta americana anche nei 200, Lyles che batte il suo record americano, gli Usa padroni del medagliere.

«Non avevo dubbi che Noah potesse scendere sotto il mio 19"32, che durava da Atlanta '96. I record sono fatti per essere battuti però le gare restano. So che sta per dirmi che in questo Mondiale non abbiamo ancora visto primati del mondo. Aspettiamo la McLaughlin nei 400 hs (ieri notte, ndr ) e Duplantis nell'asta. Gli atleti vi hanno abituati troppo bene! Io ho inseguito i miei record per dieci anni, però poi sono durati parecchio: nei 400 (43"18) diciassette anni, nei 200 (19"32) dodici...».

 

È un bel Mondiale, fin qui?

«È cominciato in salita, con il problema dei visti: assurdo che il keniano Omanyala, come altri atleti africani, atterri a Eugene due ore prima delle batterie dei 100: così si falsa la gara! In generale, la competizione è alta. Il momento migliore? Le triplette Usa nei 100 e nei 200».

 

Però Hayward Field, tempio del running, non ha mai gli spalti pieni.

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«A Doha, nel 2019, fu ancora peggio, si ricorda? Lo stadio era vuoto. Cosa possono fare di più gli atleti? Nulla. Il problema dell'appetibilità dell'atletica va risolto da chi governa lo sport: World Athletics. Forse la mia opinione è più interessante di quella di Sebastian Coe, ma il presidente è lui. Glielo chieda».

 

Già fatto. Coe è contento del Mondiale. Perché gli Usa si sono ripresi la velocità con gli uomini ma tra le donne continuano a dominare le giamaicane?

«L'atletica va a cicli. Il punto non è la ricerca dei talenti: il sistema di reclutamento dei college funziona, è il nostro asso nella manica. Non a caso Emmanuel Ihemeje, il vostro triplista, è uscito dall'Università dell'Oregon».

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A proposito di Italia: che idea si è fatto di Jacobs? Meteora olimpica o tornerà?

«È una domanda che è lecito farsi. A Tokyo fu eccezionale, non si discute: quell'oro non glielo toglie nessuno. Ma poi è sparito, non ha più corso, sollevando domande. È tornato al Mondiale indoor, vincendo. Da lì, solo infortuni. Non credo sia un problema di stagione post-olimpica: l'anomalia è Bolt con la sua straordinaria longevità, gli altri hanno sempre alti e bassi.

Capire come gestire gli infortuni fa parte della sfida. Ma se anche Jacobs non dovesse vincere più nulla, rimarrà per sempre campione olimpico».

 

Ha avuto modo di vedere Filippo Tortu nei 200, fuori dalla finale per 3 millesimi?

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«Certo. È stato sfortunato, la sua batteria era velocissima. Se ne va con il personal best, può essere contento. Però il vero salto di qualità lo farà se scenderà sotto i 20 secondi. E non è così scontato». 

 

Erriyon Knighton a 18 anni nei 200 il bronzo iridato più giovane della storia. È vero che non ha mai visto nessuno correre la curva come lui? 

«Stupefacente. Naturale, fluido, non costruito. Talento ed efficienza. Mi ricorda me stesso: in curva ti devi dimenticare corpo e gravità. Il ragazzo ha un futuro luminoso». 

 

Shelly Ann Fraser vince come Bolt, è più longeva ma sottovalutata. È d'accordo? 

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«A Shelly Ann, rispetto a Bolt, mancano i record del mondo. E, mi space dirlo, le donne per quanto brave hanno ancora un profilo più basso sui media. Sta cambiando, ma non abbastanza in fretta». 

 

Le piacerebbe correre oggi, nel 2022, Michael?

 «Oh no, da Reynolds a Lewis a Fredericks ho attraversato la miglior generazione di velocisti. Mi tengo stretto quello che ho. Nessun rimpianto, mi creda».

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