PIÙ CHE INFANTINO, INFANTILE – IL GRAN CAPO DELLA FIFA VOLA A SAN PAOLO PER L’ULTIMO SALUTO A PELÉ E NON RESISTE AI SELFIE: SORRIDE DI FRONTE ALLA BARA CON IL CORPO IMBALSAMATO DI “O REI”, MANCO FOSSE STATO ALLA FINALE DEI MONDIALI IN QATAR – MARCO CIRIELLO: “DOVEVA ESSERE L’ANIMA DELLA NUOVA FIFA, È DIVENTATO LA MASCOTTE. LA SUA LUCIDISSIMA TESTA DI AVVOCATO SVIZZERO CAMPEGGIA MA NON SI DISTINGUE. NEL MONDO DI INFANTINO C’È L’ENTUSIASMO E SPESSO NELL’ENTUSIASMO REGNA LA CONFUSIONE, E NELLA CONFUSIONE ALCUNI TOCCHI DI MOSTRUOSITÀ INEDITA…” - VIDEO

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MARCO CIRIELLO MARCO CIRIELLO

1. IL SELFIE DI INFANTINO SULLA BARA DI PELÉ

Marco Ciriello per https://www.loslalom.it/

 

Riverito e onorato con ritegno, Gianni Infantino, sente comunque la sua estraneità alla vera popolarità e lavora, lavora incessantemente per raggiungerla. Lo abbiamo visto assistere ad ogni partita del mondiale, in un inseguimento fantozziano di un primato contro sé stesso, e prima in una improbabile immedesimazione – durata meno d’un orgasmo – in minoranze e categorie vessate nel Qatar dei sogni pallonari ma non della libertà né della democrazia.

 

il selfie di infantino sulla tomba di pele il selfie di infantino sulla tomba di pele

L’uomo evoca, solo per il bulbo debole, Yul Brynner dai lineamenti più grossolani, e il tenente Theo Kojak, sempre al ribasso, agli americani e per noi italiani appare come un Montalbano meno tozzo, insomma a un party passerebbe inosservato, se non per le battute sull’esser sosia.

 

Lo sa, e ci soffre. Nonostante sia il papa della religione con più fedeli al mondo: la FIFA. Appare, riappare, ma non sfonda. Anche perché più che portatore di carattere è un portatore di interessi e affari, e non è riuscito – e probabilmente mai ci riuscirà – a smarcarsi dal blatterismo (serie di azioni fatte in nome del sociale che partono dall’Africa arrivano ai Caraibi e finiscono in un caveau di una banca svizzera, come racconta la serie FIFA Uncovered – Netflix –: una storia di famiglia che commuove quanto Il padrino) che ha investito la sua Chiesa.

 

infantino alla veglia per pele 2 infantino alla veglia per pele 2

Infantino doveva essere l’anima della nuova FIFA, per alcuni lo è, per la maggioranza è diventato la mascotte. La sua lucidissima testa di avvocato svizzero campeggia ma non si distingue. È uno spiritello moderatamente demoniaco-capitalistico che presenzia, premia, distingue, difende, ma non crea immedesimazione. Tutto meno che il gioco. Ma è comunque mister FIFA.

 

MARADONA E GIANNI INFANTINO MARADONA E GIANNI INFANTINO

Infatti, si muove tra una nuvola di giornalisti pronti a fargli domande utili alla sua missione, e amici come Nusret Gökçe, in arte Salt Bae, che poi finiscono a farsi selfie impugnando la coppa del mondo, che secondo un regolamento FIFA dovrebbe avere un numero ristretto di mani a stringerla: campioni del mondo ed ex con rispettivi staff e capi di stato. Ma nel mondo di Infantino c’è l’entusiasmo e spesso nell’entusiasmo regna la confusione, e nella confusione alcuni tocchi di mostruosità inedita, come quello di qualche ora fa ai funerali di Pelé.

INFANTINO INFANTINO

 

Nemmeno aveva smesso di dichiarare di volere uno stadio in ogni paese a nome del grande calciatore brasiliano che, Infantino, preso dall’entusiasmo –normalmente lontano dai funerali – si è fatto un selfie con alcuni dirigenti del Santos, dietro la bara di Pelé.

 

Infantino non ride ma nemmeno è a disagio, è abbracciato e ricambia, come  se fosse in gita, mentre davanti c’è il Pelé imbalsamato, avvolto nel bianco merlettato del candore perduto un secolo fa. Non ha resistito alla richiesta, non ce l’ha fatta a tenere a bada la promozione di sé: si è lasciato amare. “For the Game. For the Social”. (l’originale motto della FIFA è “For the Game. For the World”).

 

Intorno c’è molta confusione, qualcuno si abbraccia e fissa la salma, forse piange ma è coperto, e poi c’è persino chi mostra le spalle al morto, parlando, distrattamente, mentre di lato Infantino e gli altri uomini fermano il tempo.

 

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Quelle spalle voltate al Pelé morto sono un me ne frego, come se fosse una cassapanca, come se fosse già passato, eppure è ancora qua – almeno una parte –, ma tutti se lo stanno già dimenticando: lo dimenticano quelli del Santos pur indossando divise e addobbando lo stadio come un albero di natale alla memoria del campione, lo dimenticano quelli che sfilano e nemmeno entrano in campo che già stanno filmando-si, lo dimenticano quelli con il titolo, l’azienda o la parentela che possono stare a ridosso della salma, toccarla e poi voltarsi.

 

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La scena è surreale, da film di Mel Brooks, e Infantino appare come uno dei pescatori di Con tanta di quell’acqua a due passi da casa (racconto di Raymond Carver) che trovano un cadavere di una ragazza, ma decidono di non farsi rovinare il weekend e continuano la loro battuta di pesca. Che sarà mai.

 

«Non è giusto: quella lì era già morta, no? […] E che cavolo, io non ci vedo niente di male! […] Quella era morta, morta, morta, hai capito?» […] «Ma è proprio questo il punto», dico io. «Era morta. Non capisci? Aveva bisogno di aiuto».

 

L’unica volta che la FIFA doveva aiutare Pelé: s’è distratta.

 

Per un selfie.

 

Il corpo imbalsamato di Pelé e quello di Diego sepolto senza cuore

 

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il selfie di infantino sulla tomba di pele il selfie di infantino sulla tomba di pele

Pelé odiava le veglie funebri. Di una sola cosa diceva di aver paura, della morte. Ogni volta che il suo fedele amico Pepito Fornos gli parlava di un funerale, cercava una scusa per non passare. Rispondeva che sarebbe andato solo al suo, perché non c’era il modo di evitarlo.

 

Pelé odiava l’idea di vedere persone morte, racconta la Folha nelle ore dell’ultimo omaggio al corpo del più grande calciatore nella storia dei Mondiali, “perché la morte offre l’immagine opposta a quella che voleva proiettare, un’immagine di invincibilità”.  Brera aveva orrore del disfarsi della pannocchia in una pozzanghera.

 

infantino alla veglia per pele infantino alla veglia per pele

Pelé ha voluto mostrarsi per l’ultima volta al mondo sotto tanatoprassi, non una imbalsamazione definitiva, ma uno stato di conservazione del corpo che dura fino a un paio di settimane. Ha rigettato finché ha potuto la fissità della morte che lo spaventava. «Non fatemi passare per il solo che ne abbia paura – disse una volta – altrimenti perché prendete tutte queste medicine?». Ma s’è congedato alla maniera dei faraoni, i soli che potessero permettersi il lungo e costoso procedimento della conservazione materiale di ossa, organi e viscere.

 

2. IN FILA PER IL RE APPELLO DI INFANTINO ALLE 200 FEDERAZIONI "OGNUNA PENSI A UNO STADIO IN SUO NOME"

Emiliano Guanella per “la Stampa”

 

pele infantino pele infantino

Sotto un sole intenso e una sensazione termica di quasi 40 gradi nel grande fiume umano venuto a salutare Pelé sono quattro o cinque le parole che si sentono di più: gratitudine, orgoglio, genio, talento, umiltà. Il campione presente nei racconti di chi ha avuto il privilegio di giocare con lui, come i sopravvissuti della generazione magica del Santos o dello "esquadrao" che liquidò l'Italia di Gigi Riva nel Messico 1970.

Il mito delle storie tramandate a figli e nipoti cresciuti a pane e futebol, di quando il Brasile insegnava al mondo come si gioca e ci si diverte.

 

infantino al thani messi infantino al thani messi

Sono arrivati tutti qui, nella cittadina spiaggia naturale di San Paolo che ha anche il più grande porto del Sudamerica, lo stesso che accolse un secolo fa i migranti d'Europa. Vila Belmiro è uno stadio vecchio, incastrato tra viuzze e case basse e come molti altri patrimoni storici brasiliani (è già successo con il mitico Pacaembù) fra poco verrà abbattuto per far spazio ad una nuova arena, la poesia sacrificata ai negozi e ai denari.

 

E allora è ancora più bello sapere che o Rei ha scelto di salutare tutti proprio qui, sul suo campo, la bara all'altezza centrocampo, lo stesso circolo magico dove il 2 ottobre del 1974 si inginocchiò con le braccia levate al cielo per dire l'ultimo grazie ai suoi tifosi più fedeli. Clodoaldo giocò con lui nel Santos pigliatutto del quinquennio 1960-1965 e ai Mondiali 1970. Parla sorridendo, come si fa quando si ricorda un grande amico.

 

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«C'erano delle volte che rimproverava per non aver raccolto un suo assist. Io allargavo le braccia e gli dicevo sempre. "Ricordati che io sono umano, l'unico extraterrestre qui sei tu». In coda a sudare c'è Alexandre, 42 anni, tecnico informatico che ora lavora a New York. Sua madre lo ha avvisato al volo e lui ha preso il primo aereo per il Brasile.

«A Pelé devo tutto, è un grande amore. Non mi sarei perdonato di non essere qui oggi».

 

L'umiltà del campione è ricordata da Paulo Roberto Falcao, che oggi lavora nella direzione sportiva del Santos. Fu lui ad allenare Pelé nella sua ultima partita con la "canarinha", un'amichevole organizzata per i suoi 50 anni. «Venne ad allenarsi con noi e il giorno prima del match mi chiese: "Professore, se c'è una punizione posso batterla io?". Gli dissi che lui poteva fare qualsiasi cosa, tutti si misero a ridere».

 

infantino alla veglia per pele infantino alla veglia per pele

Dentro lo stadio la grande tenda bianca protegge i famigliari dal sole a picco. Uno striscione gigante ricorda quando il Santos di Pelé riuscì a fermare una guerra, il conflitto tra i separatisti del Biafra e il governo centrale della Nigeria nel 1970, che fu sospeso per una settimana a causa della presenza di Pelé e compagni. La Storia maiuscola di un uomo che ha saputo essere molto di più che un calciatore. I tifosi della Torcida Jovem, che non sono proprio dei lord inglesi, se ne stanno in coda ordinati e pazienti, il petto tatuato con la sua firma.

IL SELFIE DI INFANTINO SULLA TOMBA DI PELE IL SELFIE DI INFANTINO SULLA TOMBA DI PELE

 

«Ad ogni compleanno o ricorrenza del club una nostra delegazione andava a salutarlo e lui ci riceveva sempre. Questa veglia funebre è il suo ultimo regalo». Un altro santista doc ricorda le parole che Pelé ha sempre avuto per i giovani. Come quelle pronunciate subito dopo il rigore contro il Vasco da Gama al Maracanà che gli diede il suo millesimo gol. «Dobbiamo pensare di più alle criancinhas (bambini, ndr) del nostro Paese. Sono loro il nostro futuro». L'eterno Pelé in quel futuro ci è entrato per sempre.

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