"PARTITA? QUALE PARTITA?" - MENTRE LE STRADE DI DOHA SI RIEMPIONO DI TIFOSI E TURISTI PER IL MONDIALE, C'È UNA PARTE DELLA CAPITALE DEL QATAR CHE SE NE FREGA DEL TORNEO - GLI "EXPAT" NEPALESI, CINGALESI, INDIANI E PAKISTANI, MOLTI DEI QUALI HANNO CONTRIBUITO ALLA COSTRUZIONE DEGLI STADI E LE STRUTTURE PER OSPITARE LA GENTE IN ARRIVO, VIVONO NELLA TOTALE INDIFFERENZA DELLA COPPA DEL MONDO...

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mondiale qatar 1

Emanuela Audisio per “la Repubblica”

 

Tenera non è la notte araba. E nemmeno storica. Ma i fuochi di artificio ci sono lo stesso. La prima partita mondiale del Qatar finisce male. E continua la serie delle prime volte: mai un Paese ospitante aveva perso la partita inaugurale. Tocca al Qatar che con il pallone ci azzecca poco, che è arrivato allo stadio clacsonando molto e se ne va sui suoi ricchi Suv, con le bandiere issate, ma senza fare baccano.

QATAR

 

Il 2 a 0 dell'Ecuador smonta un po' il sogno: c'era tanta euforia prima, c'è l'orgoglio ammaccato ora. Inshallah. La notte dell'esame è stata un disastro. Sarà per la prossima partita. Anche se nella ripresa lo stadio si è dimezzato, come se i tifosi di casa ne avessero abbastanza di subire. Il tanto celebrato incontro di culture non sazia. E c'è chi dice che alla gioventù libanese (con passaporto e tre dosi di vaccino) siano stati offerti viaggio e 800 dollari per travestirsi da fan locali e tifare.

 

Il Qatar festeggia (da sobrio) l'inizio del Mondiale, ma ride poco con la sconfitta. Essere ricchi non è tutto, e al pallone non si comanda. A Msheireb, il quartiere downtown, con l'architettura più sofisticata e moderna, con piazzette e verde, i cortei dei tifosi danno l'idea di una ritirata. C'eravamo tanti illusi. Al suk Najma frequentato dai poveri, da chi questo Mondiale l'ha costruito e patito, dai residenti che vengono da fuori, detti anche "expat": nepalesi, cingalesi, indiani, pakistani, keniani, filippini, l'atmosfera è indifferente.

 

suk Najma QATAR

Nemmeno una tv, uno schermo, turisti zero. C'è la moschea, dove si entra solo per pregare, dedicata all'Iman Mohammad Bin Abdul Whaab. Najma è il mercato di seconda mano, della roba usata, una specie di Porta Portese, di negozietti, catapecchie, bar minuscoli, piccole friggitorie. È un parcheggio riconvertito a bazar, non ha nulla di bello, né di etnico: si vendono poltrone, sedie, vetri, tappeti, alluminio, ferramenta, pezzi di cucina, biciclette, tavoli, lampade, attaccapanni.

 

suk Najma QATAR

File di negozi, con davanti pick-up, furgoncini e forza-lavoro. Pasticceria con sei tavoli, una sola stanza, tutti uomini. E nemmeno una tv, nessuno che guardi la partita. Qui si traffica, si aggiusta, qui le comunità si ritrovano. C'è anche una macelleria «Najma Butler» con quarti di bestie che pendono dal gancio. Che carne vendete? «Locale». E la partita? «Quale partita?».

 

Abdul Arakman è indiano, viene dal Kerala, lavora in cucina, è cuoco, ha 35 anni è qui da undici: «Calcio, non m' interessa, penso alla mia famiglia». Junaid è dal Pakistan: «Stadio, non posso permettermelo, meglio il cricket». Roshan, operaio nelle costruzioni, dello Sri Lanka: «Sono qui per vedere mio cugino, non la partita, ma qui non troverà nessuno a cui freghi il calcio». Alex è un gigante del Kenya che fa la guardia sicurezza: «Posso invitarla nella mia stanza, ma siamo in quattro e non ho la tv». Grazie, facciamo un'altra volta. Miracolo a Najma: da «Shatta» c'è una tv accesa, la partita, con quattro uomini davanti. Allora vedi che il Qatar si è convertito? Cosa vendete qui?

 

operai migranti in qatar 9

«Cibo egiziano». Si presenta: «Sono Mohammad, vengo da Giza, tifo Salah, che qui non c'è». Accanto c'è il pomposo (di nome) «Al Jazeera Electric Showroom », che vende ventilatori e condizionatori. Ha una tv sulla vetrata che mostra la partita. Desolazione, nessuno si ferma, non c'è fila. Finalmente una persona che si piazza lì. Ha l'auricolare. Si chiama Ganesh Minun, 34 anni, cingalese, operaio. Interessato al match, sta ascoltando la cronaca? «Sto parlando con mia figlia, mi sono fermato qui perché c'era più luce». Ah, scusi.