ADDIO ALLA GRAN SIGNORA DEL RESTAURO CHE SALVÒ "L'ULTIMA CENA" - SE NE VA A 95 ANNI PININ BRAMBILLA BARCILON - IL SUO NOME E’ COLLEGATO AL CLAMOROSO SALVATAGGIO DEL CAPOLAVORO DI LEONARDO DA VINCI, COMINCIATO NEL 1977 E TERMINATO NEL ’99 TRA BATTAGLIE BUROCRATICHE E TECNICHE - “PER CIRCA 20 ANNI, QUEL LAVORO È STATA UNA SORTA DI COMPAGNO, CHE ESIGEVA TUTTA LA PASSIONE E LA DEDIZIONE DI CUI ERO CAPACE”

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Luca Beatrice per “il Giornale”

 

PININ BRAMBILLA BARCILON 11 PININ BRAMBILLA BARCILON 11

Scompare una figura fondamentale nella storia dell' arte mondiale ma per una volta si parla di chi sta dall' altra parte della barricata, anzi del ponteggio. Pinin Brambilla Barcilon ha innovato la disciplina del restauro, portandola dal buio dei laboratori a una professione che prevede la competenza scientifica e l' analisi accurata a fianco degli studi storici.

 

Con Pinin il restauro ha assunto dimensione glamour eppure «calvinista, di poche parole, una donna che amava mostrare e non mostrarsi», così la definisce Sara Abram, oggi segretario generale del Centro di Restauro e di Conservazione della Venaria Reale che si considera l' ultimo grande progetto di Pinin, aperto nel 2006. Aveva 95 anni ed era al lavoro fino a un mese fa.

 

Anche i non specialisti la collegano al clamoroso salvataggio dell' Ultima Cena di Leonardo da Vinci, cominciato nel 1977. Un' opera difficile, già oggetto di numerosi interventi fin dal XVI secolo.

 

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Intervenire su uno dei simboli della storia dell' arte universale significava toccare l' intoccabile, cominciando però da un ragionamento preciso. Leonardo non aveva lavorato ad affresco ma attraverso la pittura su tavola riportata su parete, una tecnica sperimentale che rivelò presto problemi di tenuta. Si contavano almeno 7 precedenti interventi, nessuno particolarmente risolutivo. Il Cenacolo ci tramanda un Leonardo cupo, ombroso, scuro, non tanto per volontà dell' artista ma per le condizioni cui era ridotto il dipinto.

 

Il nome di Pinin Brambilla comincia a circolare negli anni '50 nell' ambito della riscoperta del medioevo lombardo a fianco di storici dell' arte come Carlo Dell' Acqua e Carlo Bertelli. Il suo primo approccio al Cenacolo fu nella direzione di ricomporre, ritessendo la figurazione a fronte dei frammenti pittorici senza sovrapporsi all' originale.

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Ciò implicava una consolidata disciplina scientifica e un coraggio non da poco per affrontare un' opera paragonabile per impatto e significato soltanto alla Cappella Sistina. E infatti furono entrambe oggetto di forti discussioni, dispute accademiche e persino pareri generalizzati: se ne parlava ovunque, il Corriere pubblicò un dossier dal titolo «Processo al restauro».

 

Un lavoro del genere ti cambia la vita e così Pinin Brambilla Barcilon si confessa nel memoir La mia vita con Leonardo. «Per circa vent' anni, l' Ultima cena di Leonardo da Vinci in Santa Maria delle Grazie è stata una sorta di compagno, che esigeva tutta la passione e la dedizione di cui ero capace. Per quel lungo intero periodo sono stata completamente immersa nei problemi giornalieri che poneva il lavoro; improvvisamente, verso la fine, mi era però sorto un desiderio, quasi infantile, di tornare a un' atmosfera discreta, tranquilla, alla mia vita».

 

Quando, nel 1999, il Cenacolo torna a essere di tutti la grande restauratrice non nasconde la commozione, ma certo il cammino fu lastricato da non pochi ostacoli, essendo lei prodotto del mondo privato milanese che causò frizioni e invidie da parte dello statalismo romano.

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Altra novità che contribuì alla spettacolarizzazione del restauro fu lavorare a cantiere aperto, metodo già sperimentato con Piero della Francesca a Brera. Sarebbe però riduttivo limitare il ricordo di una studiosa d' eccezione al solo Cenacolo. Pinin è intervenuta sulle pitture di Giotto alla Cappella degli Scrovegni a Padova, sugli affreschi di Masolino da Panigale nel Battistero di Castiglione Olona, al Palazzo Borromeo di Milano; ha restaurato opere di Lotto, Bellini, Bronzino, Caravaggio, Tiziano, Tiepolo avventurandosi fino al contemporaneo, per Man Ray e Fontana. Con atteggiamento da scienziata ha affrontato i principali problemi legati alla conservazione e al restauro apportando contributi e metodologie innovative.

 

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Ha collaborato con il Louvre di Parigi e il Museo d' Arte Catalana di Barcellona. Dal 1970 al 1990 ha partecipato come membro attivo al Comitato dell' Icc dell' Icom. Dal 1984 al 1993 è stata membro della Rèunions annuales du groupe peintures murales et mosaiques du Comitè de Conservation dell' Icom al Laboratoire des Monuments Historiques de France à Champs sur Marne. Nel 2011-2012 ha fatto parte del comitato scientifico per il restauro della Sant' Anna di Leonardo del Louvre ed è stata membro del comitato ministeriale per le celebrazioni del cinquecentenario della morte di Leonardo nel 2019. Il 27 settembre 2019 l' Università di Torino le ha conferito la laurea honoris causa in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali.

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