UN ESERCITO DI MAMME NONNE – AUMENTANO LE COPPIE CHE SI RIVOLGONO ALLA FECONDAZIONE ASSISTITA. UN NUMERO BALZATO DAI 71MILA DEL 2014 AGLI OLTRE 78MILA DEL 2019 – A INFLUIRE SONO DUE FATTORI: DA UN LATO LE COPPIE DOPO DUE MESI DI TENTATIVI VANNO IN TILT E SI RIVOLGONO AI MEDICI PER IL TRATTAMENTO. DALL’ALTRO L’ETÀ AVANZATA: IL NUMERO DI ITALIANE SOPRA I 40 ANNI CHE PROVA CON LA FECONDAZIONE ARTIFICIALE È IL PIÙ ALTO IN EUROPA E NON È DETTO CHE…

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Simona Buscaglia per “la Stampa”

 

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Lavori precari e futuro incerto: il momento «giusto» per un figlio sembra non arrivare mai, tanto che sempre più italiane ricorrono alla fecondazione assistita. A dirlo sono i numeri dell'ultima relazione del ministero della Salute sull'attività dei centri di Procreazione medicalmente assistita (Pma), che fa riferimento al 2019: sono 78.618 le coppie trattate, 1.109 in più rispetto all'anno prima (erano quasi 71 mila nel 2014). Sono 14.162 i nati vivi con tutte le tecniche di procreazione assistita (il 3,4% degli oltre 420 mila nati nell'anno), in aumento rispetto ai 14.139 nel 2018.

 

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L'identikit della coppia italiana che si rivolge a un centro specializzato vede spesso persone che hanno messo a posto tutti gli aspetti della propria vita e in età avanzata pensano ai figli: «L'età però gioca il ruolo determinante - spiega Maurizio Bini, responsabile per la diagnosi e terapia della sterilità e crioconservazione del Niguarda di Milano -. Nel mondo le donne che si rivolgono alla fecondazione artificiale con l'età più avanzata sono proprio quelle italiane: il basso tasso di successo del nostro Paese, nonostante la qualità dei centri, è prevalentemente collegato a questo fattore. Il nostro numero delle donne sopra i 40 anni che provano con la fecondazione artificiale è il più alto in Europa».

 

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La crescita delle coppie che si rivolgono ai centri specializzati per la fertilità «è determinata da due fattori - spiega Bini -. In primo luogo sono coppie che hanno provato poco ad avere un figlio: una volta si attendeva un anno, ora 2 mesi. Sono coppie in là con l'età, che avevano già rinunciato ai figli. Aggiungiamo poi i fattori di inquinamento ambientali che aumentano l'infertilità».

 

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A questo quadro si somma la drastica diminuzione delle nascite, fenomeno nazionale che trova conferma nei dati delle regioni. In Lombardia in 10 anni si sono persi oltre 28 mila bambini. Secondo un'elaborazione di Polis-Lombardia, nel 2020 si registra un nuovo record negativo: 69.234 nati, 3.904 in meno rispetto al 2019 (-5,3%) e 28.580 in meno (-29,2%) del 2010, quando erano quasi 98 mila. In Lombardia le coppie che si sono rivolte ai centri Pma passano da 18.692 nel 2018 a 19.091 nel 2019, dove i nati vivi sono stati 4.050. Nel Lazio cambia poco: 38.889 nascite nel 2019, -9,5% rispetto al 2018. Qui i nati con le tecniche di Pma sono 1.137 e le coppie trattate 8.320 (da 7.823).

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In Piemonte nel 2019 sono 974 i bambini nati con la Pma, stesso numero del 2018, nonostante siano leggermente diminuite le coppie trattate (da 4.681 a 4.651), in una regione dove però intanto nel 2020 sono nati poco più di 27 mila bambini, altro record negativo.

 

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A pesare molto sono le politiche per la famiglia: «Il fatto che le condizioni ottimali per pensare ai figli siano sempre più difficili da ottenere porta le donne ad attendere di più - conclude Bini -. Servono delle tutele sul lavoro, bisogna assicurare sempre il reintegro della donna che ha avuto un figlio, oltre ad aiuti concreti in linea con il costo della vita: non bastano 50 euro al mese per spingere le persone ad avere i figli prima».

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