NON C’È DA STARE SIERO-POSITIVI – CON LA PANDEMIA I CASI SI SONO RIDOTTI: NON VUOL DIRE CHE CI SONO STATE MENO INFEZIONI, MA CHE SI SONO FATTE MENO DIAGNOSI. IL RISCHIO NON È SOLO LA TRASMISSIONE, MA ANCHE UN RITARDO NELLE TERAPIE ANTIVIRALI CON MENO PROBABILITÀ DI CONTROLLARE L'INFEZIONE - LA RIVOLUZIONE DEGLI ANTICORPI MONOCLONALI E LA SVOLTA SUL VACCINO...

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Valentina Arcovio per “il Messaggero”

 

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Da sentenza di morte a infezione cronica. In 40 anni di storia la vita delle persone con l'Hiv è completamente cambiata. Non perché oggi abbiamo una cura, ma perché grazie alle terapie si può convivere serenamente con il virus, con una qualità e aspettativa di vita praticamente sovrapponibile a chi non è sieropositivo, e senza il terrore di contagiare gli altri.

 

Due cose però in 4 lunghi decenni sono cambiate poco o nulla: il pregiudizio su chi siano i sieropositivi e, di conseguenza, la scarsa attenzione di alcune fasce della popolazione, specialmente quelle più giovani.

 

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Per questo la Giornata Mondiale per la lotta all'Hiv/Aids, che si celebra oggi, continua ad avere un ruolo fondamentale per sensibilizzare l'opinione pubblica su un nemico ancora presente, anche se troppo spesso trascurato. La pandemia ha poi gettato ancora ulteriore ombra su l'emergenza Hiv, facendo diminuire di più l'attenzione sui rischi e sulle diagnosi.

 

È in questo modo che si deve interpretare il calo di nuovi casi di Hiv diagnosticati in Italia nel 2020.

 

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MONOPOLIO

Se è vero che le restrizioni legate alla pandemia potrebbero aver ridotto i comportamenti a rischio è altrettanto vero che l'emergenza Covid ha monopolizzato l'attenzione, aumentando il numero della diagnosi mancate. I numeri dell'Istituto superiore di sanità (Iss) sono piuttosto emblematici: nel 2020 sono state segnalate 1.303 nuove diagnosi di infezione, un numero quasi dimezzato rispetto al 2019. L'incidenza in Italia è stata inferiore a quella media nell'Unione Europea (2,2 contro 3,3 nuovi casi per 100.000 residenti).

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Una buona notizia se non fosse che, secondo l'Iss, ben 6 nuove diagnosi su 10 arrivano in ritardo, cioè in persone con una situazione immunitaria gravemente deficitaria, o addirittura già con sintomi di Aids. Un ritardo, questo, che può pregiudicare l'efficacia delle terapie antivirali: più tardi si inizia, minori sono le probabilità di controllare con successo l'infezione.

 

Senza contare che un sieropositivo inconsapevole può trasmettere involontariamente l'Hiv ad altre persone. Non stupisce che le stime del «sommerso» di casi non diagnosticati si aggiri tra i 13mila e le 15mila persone. Altra cattiva notizia è la fascia d'età in cui si registra la maggior incidenza: nei giovani tra i 25 e i 29 anni l'incidenza è doppia rispetto a quella totale (5,5 contro 2,2 nuovi casi per 100.000 residenti).

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Anche in questo caso la pandemia ha le sue responsabilità. Ma se la macchina delle diagnosi sembra essersi inceppata, quella della ricerca continua a lavorare. L'obiettivo ultimo rimane lo stesso di 40 anni fa: una cura contro l'Hiv. Ma in questo percorso, che si è rivelato tortuoso, ci sono tappe intermedie altrettanto importanti. I trattamenti antiretrovirali rappresentano certamente il più grande successo. Perché non solo aiutano a tenere sotto controllo il virus, ma riducono anche il rischio di trasmissione.

 

RIVOLUZIONARIA

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Anche la profilassi pre-esposizione è stata rivoluzionaria: somministrare alle persone antiretrovirali prima che siano esposte all'Hiv può essere più efficace del 95% nell'impedire i contagi. Molte anche le novità in cantiere. «I farmaci a base di anticorpi monoclonali scrive Anthony Fauci, immunologo statunitense e consigliere presso la Casa Bianca, in un editoriale sulla rivista Nature giocheranno presto un ruolo importante nel trattamento e nella prevenzione dell'HIV, e si stanno dimostrando fondamentali anche contro SARS-CoV-2». Sono inoltre in corso lavori entusiasmanti su nuovi trattamenti.

 

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«Questi includono lo sviluppo di farmaci ad azione molto prolungata che potrebbero essere assunti ogni sei mesi o anche meno frequentemente. E poi ci sono strategie - continua Fauci - per ottenere una remissione duratura dell'Hiv. Alcune persone stanno lavorando per sradicare il serbatoio dell'Hiv responsabile della replicazione».

 

SVOLTA

Anche la ricerca di un vaccino, fino ad oggi fallimentare, potrebbe essere a un punto di svolta. «È probabile che ci si possa basare su alcuni degli strumenti e sulle piattaforme utilizzati per i vaccini contro Covid-19, tra cui l'RNA messaggero e l'ottimizzazione degli immunogeni per stimolare una più efficace risposta immunitaria», dice Fauci.

Vaccinazione Hiv Vaccinazione Hiv

 

Ora però che l'Aids entra nel suo quinto decennio, la comunità scientifica concorda che la sfida è quella di lavorare con le comunità a rischio sulla prevenzione e il trattamento di tutti coloro che ne hanno bisogno. Come Covid-19, l'Hiv e l'Aids sono nemici globali. Valentina Arcovio

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