UNA BUONA NOTIZIA: I DIVARI TRA LE DIVERSE AREE DEL PAESE NON SI ALLARGANO. LA CATTIVA È CHE SONO GIÀ ENORMI E NON SI RIDUCONO – NEL 2023 SECONDO L’ANALISI DI BANKITALIA C’È STATO UN PROGRESSIVO RALLENTAMENTO IN TUTTE LE ZONE DELL’ITALIA, MA LE DISEGUAGLIANZE NON CRESCONO PERCHÉ LA DEBOLEZZA SI FA SENTIRE SOPRATTUTTO AL NORD. MA IL MERIDIONE RIMANE FERMO – IL PROBLEMA DELLA SPESA DEI FONDI EUROPEI: I SOLDI CI SONO, MA LE AMMINISTRAZIONI NON SONO IN GRADO DI SPENDERLI

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Estratto dell’articolo di L. Cif per “Il Messaggero”

 

divario nord e sud 1

I divari tra le varie aree del Paese non si allargano, il che potrebbe essere una parziale buona notizia. Ma restano consistenti […]. Il rapporto sulle economie regionali della Banca d'Italia fotografa la situazione nei territori, in un quadro di generale rallentamento dell'economia. Ma lancia anche un pacato allarme sulla capacità di spesa dei fondi strutturali: in particolare quelli del ciclo dei programmazione 2014-2020 che devono essere spesi entro la fine di quest'anno, altrimenti verranno persi.

 

ITALIA - LE DIFFERENZE NORD SUD

[…] Nel 2022, quindi durante una fase che era ancora di forte ripresa dell'economia nazionale, i tassi di crescita evidenziavano un sostanziale allineamento tra Centro-Nord e Mezzogiorno. Ma con qualche differenziazione ad esempio tra il Centro (in crescita del 4,1) e il Nord-Ovest, meno dinamico con il suo 3,1 per cento. […]

 

Come è cambiata la situazione nel 2023? Secondo le rilevazioni di Via Nazionale nella prima metà dell'anno il progressivo rallentamento si è fatto sentire un po' in tutte le aree, per il contemporaneo indebolimento della domanda interna e di quella estera. Non sarebbe però in vista un ulteriore allargamento dei divari territoriali, perché la debolezza del ciclo si fa sentire soprattutto al Nord dove è storicamente molto più rilevante la presenza della manifattura.

 

divario nord e sud 2

Il compito di ridurre i divari tra le Regioni del Paese spetta alle politiche di coesione, che per una parte rilevante sono finanziate con risorse europee. Anche su questo punto si sofferma il rapporto. In particolare per quanto riguarda il ciclo di programmazione 2014-2020, che ha come termine massimo per l'erogazione la fine di quest'anno, su 65 miliardi di fondi dell'Unione ne erano stati spesi a fine giugno solo 42.

 

Una quota dei residui 23 è stata probabilmente usata nei mesi successivi e altri fondi potrebbero essere dirottati sul programma Repower Eu. Tuttavia la sintesi fatta nel rapporto non è incoraggiante: «Se il ritmo di utilizzo nella rimanente parte dell'anno si mantenesse in linea con quello dei primi sei mesi del 2023, la quota di fondi effettivamente erogati risulterebbe di poco superiore al 70%».