IM-PRENDITORI, IMPARATE! - LA LEZIONE DI MARCO PICCOLO, CEO DI REYNALDI, AZIENDA DI ESTETICA BIO A TORINO, LEADER DI SETTORE IN ITALIA: "SE CRESCIAMO È MERITO DI TUTTI E QUINDI ABBIAMO DECISO DI DIVIDERE GLI UTILI CON I DIPENDENTI" - UN TERZO DEI 600 MILA EURO SONO ANDATI AI 70 OPERAI: "ALLE 17, DA NOI, SI CHIUDE. LE PERSONE DEVONO POTER AVERE IL TEMPO PER LORO" - DAL 2008 A OGGI LA SOCIETÀ HA REGISTRATO UNA CRESCITA MEDIA ANNUA DEL 20% E PURE I POSTI DI LAVORO AUMENTANO...

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Bernardo Basilici Menini per "La Stampa"

 

marco piccolo

Un terzo degli utili va ai dipendenti, perché «se cresciamo è merito di tutti». A dirlo è Marco Piccolo, ceo di Reynaldi, azienda di estetica bio leader di settore in Italia. Che pochi giorni fa ha approvato un bilancio che ha fatto felici i lavoratori: 600 mila euro di utili. Un terzo dei quali sono andati dritti ai 70 impiegati e collaboratori, mentre un altro terzo è stato capitalizzato e l'ultima tranche è andata ai soci.

 

«Senza le persone che lavorano con noi non arriveremmo a questo risultato e quindi abbiamo deciso di dividere con loro quello che abbiamo ottenuto», spiega Piccolo. Non è la prima volta che l'azienda si cura dei lavoratori in forze.

 

reynaldi

Oltre ai classici premi di produttività «alle 17, da noi, si chiude. Le persone devono poter avere il tempo per andare a prendere i figli a scuola, per stare con loro, per leggere un libro o fare sport».

 

D'altronde, prosegue il ceo, «se vuoi essere un'azienda di eccellenza vuol dire che devi attrarre persone altrettanto eccellenti». Ed è così che un terzo della torta è andata alle persone che muovono la macchina e che di cambiare casacca non ci pensano proprio.

 

lo staff della reynaldi

L'idea di valorizzare i lavoratori la Reynaldi l'ha applicata pure in Burkina Faso, «dove, ai nostri produttori di burro di karitè, paghiamo il prezzo europeo, che è circa 15 volte il prezzo locale. Inoltre gli abbiamo portato lì dei macchinari, così possono pure vendere sul loro territorio. Nel tempo sono diventati autonomi».

 

prodotti della reynaldi 1

La Reynaldi (fondata nel '79 dalla madre di Piccolo, Maria Grazia, prima laureata in Italia nel settore cosmetico) è anche una delle aziende più sostenibili del territorio. «Recuperiamo il 97% dei rifiuti che produciamo e l'energia ce la produciamo da soli con i pannelli fotovoltaici. Nei fatti l'unica emissione in termini di CO2 è quella del riscaldamento».

 

prodotti della reynaldi 2

Qualcuno potrebbe pensare che una tale attenzione alle persone all'ambiente pesi sulle casse dell'azienda. E invece no: dal 2008 a oggi ha registrato una crescita media annua del 20%. E pure i posti di lavoro aumentano, visto che «solo la scorsa settimana abbiamo assunto tre persone nuove».

 

marco piccolo della reynaldi

Il tutto con una produzione di 100 mila pezzi al giorno e, tra i clienti, alcuni tra i più grandi player internazionali, dalla Russia agli Stati Uniti. Qual è la ricetta? Piccolo, che ha vinto il premio per l'economia civile conferito da Mattarella in persona, parla della «necessità di un paradigma nuovo. In questo mondo non c'è più spazio per il "Modello Ilva", dove o inquino o non ti pago».

 

chi lavora nella reynaldi

Un po' di esempi: «I rifiuti sono un'opportunità, perché se li recuperi risparmi i soldi della Tari. Idem per l'acqua, visto che la spesa per gli impianti la riprendi sulla bolletta nel giro di pochi anni. I pannelli fotovoltaici me li installano gratis a condizione che compri dal fornitore energia per otto anni, dopo di che mi regala gli impianti, così lui ci ha guadagnato e da ora in poi l'energia la produco io. Il mondo e i consumatori sono attenti alla sostenibilità e se non ti adegui, prima o poi, finisci fuori dal mercato. Anche perché il mondo finanziario sta andando in quella direzione e se non lo segui nessuno ti dà più risorse». Insomma, «preferisco essere leader di un processo che trovarmi costretto a cambiare».

 

prodotti della reynaldi 3

Un consiglio per gli imprenditori che vogliono imboccare questa strada? «Si inizia con gli assessment e in Confindustria (di cui Piccolo è delegato alla sostenibilità, ndr) e Unione Industriale li abbiamo fatti sulla base del global compact. Non bisogna farlo da soli, spendendo 25mila euro dai consulenti, ma rivolgendosi alle associazioni di categoria come la nostra, che hanno voglia di assistere, visto che qui si gioca la competitività del futuro».