Non si era mai visto che due giornali di importanza nazionale pubblicassero nello stesso giorno e in prima pagina l'intervento di un manager al tavolo del Governo.
obamaOggi la doppietta appare su "Repubblica e "la Stampa" (l'house organ della Fiat) e contiene il testo delle parole che Sergio Marpionne ha pronunciato nell'incontro di ieri a Palazzo Chigi davanti a Papi-Silvio, al ministro dell'aeroporto di Albenga, Claudio Scajola, e ai sindacalisti tra i quali spiccava il vestitino da commessa della Rinascente (aggiornata) di Renata Polverini.
Con la pubblicazione del suo intervento sulla testa del manager italo-canadese viene collocata una corona mediatica che si arricchisce con i gioielli del "Financial Times", "Wall Street Journal" e "Time", il settimanale americano che lo paragona addirittura a Steve Jobs.
A godere di questo trionfo sono gli ultimi operai della Fiat, le madame torinesi che passeggiano sotto i portici di piazza San Carlo, e i due uomini della comunicazione che seguono l'escalation del manager dai tre passaporti.
I due si chiamano Simone Migliarino e Guidalberto Ranieri, quest'ultimo distaccato da pochi giorni a Detroit per gestire i rapporti di Fiat-Chrysler con la stampa americana. Il loro compito è facilitato dal fatto che ormai si tratta di gestire un mito e Marpionne è diventato nel gotha dell'industria il simbolo dell'innovazione e dell'intraprendenza.
SERGIO MARCHIONNE pensierosoSe fosse ancora vivo Marshall McLuhan, il sociologo canadese che è considerato il padre della comunicazione, direbbe che "il pullover è il messaggio" perché questo Marpionne che ha studiato e lavorato nell'Ontario e a Toronto, è riuscito a imporre la sua personalità con gesti e parole simbolici che non hanno bisogno di grandi ricami.
Appare quindi naturale che siano già usciti due libri per ripercorrere la vita e le sue gesta. A scriverli sono i giornalisti Marco Ferrante (per la Feltrinelli) e Marco Gregoretti (per Class Editori) che si sono esercitati in una biografia non autorizzata dentro la quale è tracciato il profilo umano e professionale dell'ultimo eroe italiano.
Ieri a Palazzo Chigi lo hanno ascoltato in silenzio, ma per essere sicuro di non essere frainteso il mitico Marpionne ha chiesto e ottenuto la pubblicazione del suo intervento su due giornali. Adesso è la volta degli analisti e dei sindacati che sono chiamati a interpretare le sue parole e gli omissis. L'amministratore della Fiat non dice niente sul destino di Termini Imerese e lascia aleggiare la crisi dell'auto con lo spettro di quei tagli occupazionali che nel lessico dei manager si chiamano "ristrutturazione".
Logo "Chrysler"Nella sua infinita innocenza il ministro di Albenga, Claudio Scajola, lo ha ascoltato a bocca aperta e non gli ha fatto domande imbarazzanti perché era già soddisfatto di avere davanti a sé quel manager che dopo aver conquistato Detroit si è finalmente degnato di fornire la sua testimonianza al Governo di quel Paese che per decenni ha donato il sangue alla Fiat e alla Sacra Famiglia degli Agnelli.
Se avesse voluto divertirsi (ma non è certo nella sua natura) Scajola e qualcun altro avrebbero potuto chiedergli come ha fatto Marpionne a introdurre il pullover nella Casa Bianca e ad arruolare Barack Obama come il suo direttore marketing.
Finora questa domanda non ha trovato alcuna risposta sulla stampa italiana e internazionale protesa a incoronarlo. Soltanto Dagospia nella sua infinita miseria continua a tormentarsi e a chiedersi le ragioni per cui l'America dei SUV e degli hamburger si sia convertita con inusitata prontezza al progetto dell'apolide con residenza svizzera.
Ed è proprio in Svizzera che forse bisogna cercare la risposta al quesito. È noto che Marpionne oltre a fracassare le Ferrari sulle strade dei Cantoni, è vicepresidente non esecutivo di UBS, la grande banca elvetica che gestisce immensi patrimoni e interessi. Meno nota è la morsa che la giustizia americana ha stretto nel giugno dell'anno scorso intorno a UBS quando un ex-dipendente americano della banca si è dichiarato colpevole di complicità in frode fiscale davanti a un giudice federale della Florida.
UBS logoL'impiegato dell'International Revenues Service del colosso UBS ha ammesso in quell'occasione di aver aiutato alcuni facoltosi cittadini svizzeri a evadere il fisco con un danno per l'erario Usa di molti milioni di dollari. Da quel momento gli gnomi di Zurigo sono entrati nel mirino della giustizia americana perchè secondo il procuratore della Florida avrebbero cercato di impedire la perdita di 20 miliardi di dollari amministrati per conto dei clienti svizzeri.
C'è anche il rovescio della medaglia perché nel maggio di quest'anno il presidente bello giovane e abbronzato ha rilanciato la lotta contro i paradisi fiscali e ha esclamato: "diciamo basta ad agevolazioni indifendibili", poi ha aggiunto che una decina di Paesi tra cui il Lussemburgo e la Svizzera si sono impegnati ad adottare standard internazionali.
Il riferimento non è apparso casuale perché la nuova Amministrazione di Obama vuole a tutti i costi ottenere i nomi dei cittadini americani che hanno portato i risparmi nei caveaux di Lugano e di Zurigo.
Caludio ScajolaA questo punto vale la pena riprendere una voce che corre sui marciapiedi di Wall Street dove i barboni e i manager di Lehman Brothers passano le giornate a leggere Dagospia. L'interpretazione che questi miserabili danno alla conquista americana di "Re Marpionne" è legata a una sorta di tacita intesa tra le lobby finanziarie di Zurigo e quelle di Washington, un patto occulto che avrebbe spianato la strada per la Chrysler in cambio della verità sui "furbetti" di Zurigo.
Se questa tesi fosse vera il successo americano dell'uomo dal pullover sarebbe il frutto di un grande e silenzioso baratto che consentirà alla piccola "500" di attraversare le strade di Manhattan.
Gestire il mito è diventato facile, raccontarlo nei libri quasi doveroso, spiegarne per intero le ragioni è un'operazione difficile. Forse un giorno l'imprenditore-banchiere racconterà ai figli la verità. Di certo si può dire soltanto che Marpionne non è entrato alla Casa Bianca soltanto per i suoi meriti. Alle sue spalle si sono mossi poteri forti di quella finanza internazionale che da Zurigo passa per Londra e arriva a New York.