UN MEDIANO ALLO SPORTELLO – CARLO MESSINA, DOPO IL BLITZ IN MENOPAUSA SULLE GENERALI, ORA RIPRENDE IL PASSO DEL MARATONETA DEL CREDITO – UN TRIO DI ROMANI AL TIMONE DI INTESA, LA BANCA PIU’ PADANA CHE C’E’ – I DOSSIER ALITALIA E MONTEPASCHI, L’ORTICARIA PER I SALOTTI DELLA POLITICA E QUELL’INCONTRO CON PUTIN

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MESSINA MESSINA

 

Vittorio Malagutti per L’Espresso

 

Un maratoneta, dicevano. Un mediano sul tipo di quello messo in musica da Ligabue. Sì, insomma, un Lele Oriali dell’alta finanza. Quando Carlo Messina prese il comando di Banca Intesa, ormai più di tre anni fa, le cronache del tempo gli cucirono addosso un ritratto da sgobbone di talento.

 

Un uomo dei numeri poco incline ai colpi a effetto, ai fuochi d’artificio delle grandi acquisizioni. Un manager allergico ai salotti mondani, un tecnico che ha fatto carriera a suon di risultati, abile quanto basta per schivare, almeno fino a oggi, relazioni pericolose e trappoloni vari.

carlo messina carlo messina

 

Per questo nei giorni scorsi, anche tra coloro che conoscono bene Messina, molti sono rimasti sorpresi non poco di fronte al new look del banchiere, presentato dai giornali come l’impavido condottiero che guida Intesa alla conquista nientemeno che delle Generali, un’operazione che chiuderebbe i giochi in Italia creando un gruppo in grado di competere con i leader di mercato in Europa. Sull’onda di queste voci, a partire da lunedì 23 gennaio, la Borsa è impazzita e, come sempre accade in questi casi, gli investitori mordi e fuggi, abili anche a manipolare i flussi di informazioni, hanno fatto grandi affari.

 

alberto nagel carlo messina alberto nagel carlo messina

Alla fine è stato lo stesso Messina a intervenire in prima persona per smorzare gli entusiasmi. Non ha smentito nulla. Non ha escluso nessuno degli scenari ipotizzati da osservatori più o meno interessati, compresa l’ipotesi di un’offerta pubblica d’acquisto su Generali, da pagare in parte con azioni Intesa.

 

Il banchiere però si è affrettato a riportare la questione sul terreno che gli è più congeniale, quello dei numeri. «Non accetteremo di diluire la nostra forza patrimoniale», ha scandito giovedì 26 gennaio. Poi, per rassicurare i grandi soci preoccupati da possibili salti nel buio, ha garantito che verrà mantenuto «un forte flusso di dividendi».

 

philippe donnet gabriele galateri di genola philippe donnet gabriele galateri di genola

Solo a queste condizioni, ha messo le mani avanti il capo della più grande banca italiana, sarà valutata un’eventuale acquisizione, tenendo conto anche i «prezzi delle alternative che esistono sul mercato». Parole di buon senso, che suonano come l’epitaffio per un attacco ormai sfumato. Costretti dalla fuga di notizie a uscire allo scoperto prima del tempo, gli scalatori hanno dovuto rivedere i loro piani. E nel frattempo i difensori, a cominciare da Mediobanca, maggior azionista di Generali, si preparano a giocare il tutto per tutto, con l’obiettivo minimo di alzare il prezzo di un’eventuale liquidazione delle loro quote.

 

CARLO MESSINA GIOVANNI BAZOLI CARLO MESSINA GIOVANNI BAZOLI

Come dire che il blitz annunciato ora rischia di diventare una complicata partita a scacchi e Messina il maratoneta si prepara a una lunga corsa. L’ideale per lui, come ha dimostrato in trent’anni di carriera senza scatti brucianti, ma in costante ascesa sin dal 1995, quando entrò all’Ambroveneto guidato da Giovanni Bazoli, da sempre suo grande sponsor. Per tappe successive, prima Cariplo, poi Comit infine Imi-Sanpaolo, la banca presieduta da Bazoli si è ingrandita fino a diventare il gruppo Intesa che oggi conosciamo. E il futuro numero uno si è via via fatto largo ai piani alti come manager esperto di pianificazione e controllo.

 

corrado passera (2) corrado passera (2)

Un uomo d’ordine, quindi. Apprezzato da capiazienda molto diversi tra loro come Corrado Passera, al vertice tra il 2002 e il 2011, e dal suo successore Tommaso Cucchiani, uscito di scena nel settembre 2013. La scalata al vertice era però cominciata già nel lontano 1987, quando Messina, romano, classe 1962, viene assunto alla Bnl, dopo la laurea in economia alla Luiss, la più importante università privata della Capitale.

 

Proprio in quegli anni, il giovane manager allaccia alcune relazioni professionali, diventate, a volte, vere e proprie amicizie, e destinate a durare, e a pesare, fino a oggi. È il caso di Stefano Lucchini, lobbista di lungo corso, professionista delle pubbliche relazioni con alle spalle importanti esperienze all’Enel, all’Eni con Paolo Scaroni e anche in Intesa nei primi anni Duemila, alle dipendenze di Passera.

cucchiani cucchiani

 

Lucchini è tornato alla banca milanese nel 2014 con i gradi di “Direttore International and Regulatory Affairs” chiamato proprio dal suo coetaneo Messina, con cui ha condiviso gli studi accademici all’ateneo romano controllato da Confindustria. Viene dalla Bnl, pure lui assunto nel 1987, anche un altro manager romano nato nel 1962 come Tommaso Corcos, che da gennaio 2014 è amministratore delegato di Eurizon, il polo del risparmio targato Intesa, la più grande società di gestione di fondi d’investimento in Italia e ai primi posti in Europa.

 

La squadra dei fedelissimi è completata da Stefano Del Punta, il manager, anche lui originario della capitale, che nel maggio 2013 prese il posto da direttore finanziario occupato fino ad allora da Messina, destinato di lì a poco a diventare consigliere delegato. Una nomina, quest’ultima, che all’epoca sorprese molti osservatori. Pochi sapevano, però, che nei due-tre anni precedenti, quando il sistema finanziario era in piena bufera, l’uomo dei numeri aveva saputo conquistarsi la fiducia dei grandi azionisti con un paio di operazioni che avevano messo in sicurezza la banca mentre concorrenti come Unicredit, l’altro colosso nazionale, erano ancora in balia delle onde.

stefano lucchini stefano lucchini

 

Nella primavera del 2011, giusto poche settimane prima che si scatenasse la crisi del debito sovrano, Intesa riuscì a raccogliere sul mercato 5 miliardi grazie a un provvidenziale aumento di capitale. Ma anche prima, come gestore della liquidità del gruppo, Messina si era messo in difesa allestendo alcune operazioni finanziarie che attenuarono l’impatto sui conti del crollo delle Borse. I soci, ovviamente, apprezzarono molto. I piccoli azionisti, ma soprattutto quelli grandi, a cominciare dai più importanti di tutti. E cioè la torinese Compagnia di San Paolo, forte del 9,3 del capitale, e la Fondazione Cariplo di Milano, con il 3,8 per cento.

Stefano Del Punta Stefano Del Punta

 

Non sorprende, allora, che il capo di Intesa possa da sempre contare sulla fiducia di Giuseppe Guzzetti, l’ottuagenario presidente di Cariplo che insieme all’altro grande vecchio Bazoli (classe 1932) da un ventennio decide le sorti del gruppo bancario milanese. Una volta salito al vertice, Messina il tecnico ha dimostrato anche insospettabili doti diplomatiche. Poca mondanità, salotti lo stretto indispensabile, ma il banchiere che guida il primo istituto di credito del Paese non può evitare di avere a che fare con la politica, se non altro perché si trova a gestire un portafoglio di circa 90 miliardi di titoli di stato.

 

ETHIAD ALITALIA x ETHIAD ALITALIA x

La stagione delle cosiddette operazioni di sistema, tanto care a Passera, ha lasciato in eredità a Intesa una serie di dossier ad alto tasso di difficoltà. L’ultimo della serie è quello di Alitalia, in cui Intesa, chiuso (malissimo) il capitolo dei “capitani coraggiosi” è rimasta come azionista di rilievo (insieme a Unicredit e Popolare Sondrio) e principale finanziatore. Adesso che la compagnia è di nuovo in grave difficoltà, Messina si trova a fronteggiare le richieste del socio gestore, gli arabi di Etihad, e anche le pressioni del governo che cerca di evitare il tracollo dell’ex azienda di Stato. La banca fa resistenza. Chiede un nuovo piano industriale e anche un ricambio manageriale al vertice. Poi verranno rinnovati i prestiti, forse.

 

ALESSANDRO PENATI ALESSANDRO PENATI

L’altro fronte in piena evoluzione è quello dei salvataggi bancari e anche qui il capo di Intesa è costretto a un esercizio di diplomazia. Il Fondo Atlante, che l’anno scorso è intervenuto per evitare il crac di Popolare Vicenza e Veneto Banca, si regge in primo luogo sui capitali forniti dall’istituto milanese insieme a Unicredit. Adesso però anche il Monte dei Paschi deve essere messo in sicurezza al più presto e Atlante è stato da più parti chiamato in causa per contribuire a un’operazione di pronto soccorso in buona parte finanziata con soldi pubblici. Anche in questo caso Messina ha tirato il freno. Vuole vedere le carte, cioè i dettagli dell’operazione, prima di impegnare a Siena nuove risorse della banca milanese.

mps mps

 

I conti del 2016 confermano che Intesa naviga in sicurezza. Il patrimonio resta solido, come a suo tempo hanno certificato gli stress test della Banca Centrale Europea. E i livelli di redditività sono tali da garantire ricche cedole agli azionisti. Il futuro però resta quanto mai incerto e Messina non vuol diventare il bancomat del governo o avventurarsi in operazioni dai ritorni quanto mai incerti.

 

giuseppe guzzetti giuseppe guzzetti

Nel mondo dei tassi d’interesse a zero, sono le commissioni da servizi, in primo luogo la gestione del risparmio, ad assicurare margini importanti di profitto. Si spiega così la strategia di Intesa che vuol fare il salto di qualità, in primo luogo su scala europea, conquistando una piattaforma commerciale per polizze assicurative e fondi d’investimento. A prima vista, Generali sembrerebbe quindi la preda ideale, ma a parte i problemi di antitrust che prevedibilmente sorgeranno in Italia, c’è anche un problema di prezzo. Se si sommano i costi dell’acquisizione con quelli dell’integrazione industriale tra le due realtà, il conto finale rischia di rivelarsi troppo salato e gli oneri supplementari andrebbero a indebolire un bilancio che ora appare in salute.

 

PUTIN MESSINA GLASENBERG PUTIN MESSINA GLASENBERG

Sono queste, in estrema sintesi, le incognite che suggeriscono prudenza al consigliere delegato di Intesa. A maggior ragione dopo che nei giorni scorsi i rialzi seguiti alla fuga di notizie sull’operazione hanno alzato ulteriormente l’asticella del prezzo. Non c’è fretta, quindi, anche se la strada sembra segnata. La chiave della crescita sono i servizi finanziari e i mercati esteri.

 

Di recente, per trovare nuovi spazi oltrefrontiera, Messina si è spinto fino a Mosca. La banca milanese ha finanziato parte della parziale privatizzazione del colosso petrolifero di stato Rosneft. Una quota del 19,5 per cento è stata acquistata dalla svizzera Glencore, gigante del trading di materie prime insieme al fondo sovrano del Qatar. La stampa anglosassone (Reuters e Financial Times) ha sottolineato i rischi e alcuni aspetti oscuri dell’operazione. Intanto però mercoledì 25 gennaio, mentre in Italia i riflettori erano puntati sulla presunta scalata alle Generali, Messina veniva ricevuto da Vladimir Putin per celebrare l’operazione Rosneft. Mica male per un mediano.

 

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