A UBER IN ITALIA È STATO VIETATO DI PORTARE PERSONE, E ALLORA SI CONSOLA CON IL CIBO: CON ''UBEREATS'' SI ORDINA DAI RISTORANTI E SI RICEVE LA CENA A CASA GRAZIE A FATTORINI IMPROVVISATI - OLDANI: 'È COMODO, MA IL RISTORANTE E' CONVIVIALITÀ E GUSTO' - NIOLA: LA CONNESSIONE PERMANENTE CHE SI MATERIALIZZA IN UN PIATTO DI LASAGNA

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1.UBER VA AL RISTORANTE

Martina Pennisi per il Corriere della Sera

 

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«Tesoro sto rientrando, serve qualcosa?», dice lui o lei uscendo dall' ufficio. Anzi, diceva. Perché i protagonisti delle nostre cene hanno sempre più a che fare con gli smartphone che con negozi e fornelli. Tra una foto inviata su WhatsApp e l' altra ci stiamo abituando a ordinare il cibo. Si tratti di pasti già cucinati e consegnati in mezz' ora o della spesa, ormai in grado di materializzarsi davanti alla porta nel giro di poche ore. Mancanza di tempo?

 

Assuefazione a quel piccolo e sempre più intelligente maggiordomo virtuale che maneggiamo costantemente? Voglia di nuovi sapori? Sarà il tempo a dirlo, mentre Morgan Stanley parla di un mercato da 11 miliardi di dollari negli Stati Uniti e con un potenziale sul lungo termine da 210 miliardi.

 

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Nei nostri confini, le domande odierne sono più che altro relative alle condizioni di lavoro dei «ragazzi della pizza 2.0».

 

Uber, come da tradizione, spariglia le carte. Disponibile in Italia da oggi, l' applicazione UberEats (su iOs e Android) si propone come tramite fra i ristoranti e gli utenti affamati. Si parte a Milano, 44esima città nel mondo a offrire il servizio, con un centinaio di insegne. Il cliente non ha che da aprire l' iconcina, geolocalizzarsi per visualizzare i ristoranti della zona, prenotare e pagare il pasto e osservare su una mappa il fattorino che pedala fino a destinazione.

 

Lui, il fattorino, viene pagato settimanalmente tramite l' app, che a sua volta attinge alla commissione trattenuta ai ristoranti aderenti. In sostanza, i ristoratori (si) pagano le consegne con l' aiuto della piattaforma. Il classico modello Uber. Non ci sono turni cui sottostare, zone da presidiare e si viene pagati a consegna e chilometraggio.

Zero garanzie, zero vincoli e tutti nella mischia, come da manuale (ancora da editare) della cosiddetta gig economy, l' economia dei lavoretti.

Claudia, 31 anni, era un' habitué con la sua auto e UberPop. Poi hanno vietato il servizio e ha dovuto smettere.

 

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Adesso ha ripreso: invece di dare passaggi porta hamburger o lasagne vegane. Marco ha 35 anni, consegna il cibo con la sua bici elettrica per arrotondare: «Ho tempo libero e faccio sia pranzo sia cena per un paio d' ore». Federico è un artigiano, scuote la testa sconsolato quando gli chiediamo il perché della sua scelta. «Ho iniziato da due giorni, la paga sembra buona, anche se bisogna considerare gli incentivi iniziali».

 

L'obiettivo dell' investimento, che comprende la consegna gratuita in una fase iniziale (poi costerà 2,5 euro), è chiaro: in Italia Pop è fermo e le auto scure di Black attendono una spinta normativa. Carlo Tursi, general manager di Uber Italia, conferma: «Presto ci troveremo a gestire più ordini da UberEats che corse su UberBlack». Al lavoro sul servizio c' è Daniele Cutrone, scippato alla sede irlandese di Google: «I ristoranti sanno cos' è il food delivery, parlargliene si sta dimostrano facile». La sfida vera sarà con Just Eat, Deliveroo e Foodora.

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L' abitudine di nutrirsi con un polpastrello ancora sullo schermo va oltre le consegne.

Amazon Prime Now impiega un' ora e poco più per portare a Milano e dintorni prodotti di svariati marchi. Sei in ufficio, sogni una bistecca, te la fai recapitare, arrivi a casa, la metti sulla piastra ed è fatta. Anche le italiane Cortilia e Supermercato 24 puntano sulla velocità.

Negli States Facebook sta testando la raccolta delle ordinazioni dalle pagine dei ristoranti. Buon appetito, ammesso che ci sia da mangiare per tutti (loro).

 

 

2.LO CHEF DAVIDE OLDANI

Teresa Monestiroli per la Repubblica

 

Davide Oldani, chef stellato e proprietario del ristorante D’O di Cornaredo, in provincia di Milano, diventato famoso per la sua cucina povera ma gourmet, che cosa pensa della cena consegnata a domicilio?

«Da cuoco e ristoratore credo che la miglior cena che si possa consumare a casa sia quella cucinata con le proprie mani e mangiata espressa. Se poi una persona non ha voglia di prepararla, la consegna a domicilio può essere un’opzione, ma di certo non sostituisce l’esperienza del ristorante che è convivialità oltre che gusto».

 

Non può negare che sia molto comodo.

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«Non lo metto in dubbio. Dico solo che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, quindi la comodità e la qualità allo stesso tempo. Se vuoi mangiare a casa in pigiama e pantofole un piatto cucinato da un ristorante va benissimo, ma non sarà mai come degustarlo seduto al tavolo a pochi metri dalla cucina dove viene preparato. Dall’altra parte però se cerchi la massima qualità devi prenotare per tempo, uscire di casa, prendere la macchina… insomma richiede un piccolo impegno. Detto questo, le due cose possono coesistere».

 

Il suo ristorante fa la consegna a domicilio?

«Ma stiamo scherzando? Non lo faccio e non ho intenzione di farlo».

 

 

3.LA COMANDA INCONTRA L’OFFERTA E NOI GUADAGNIAMO TEMPO

Marino Niola per la Repubblica

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Si va oltre il take it away e s’inaugura l’era del take eat away. Perché si fa presto a dire cibo a domicilio. Ma qui non si parla né di pizza, né di involtini primavera che la strada di casa nostra la conoscono già da un pezzo. Adesso un’applicazione ci fa interagire direttamente con i piatti proposti dai vari chef. Flagghiamo, inviamo, paghiamo. E aspettiamo. È la sincronizzazione della comanda e dell’offerta.

 

Così impieghiamo il tempo dell’attesa facendo altro. Guadagnando minuti preziosi, risparmiando fatica. Spesso mangiando meglio, perché non tutti siamo cuochi provetti. In fondo questi pony alimentari offrono una possibilità nuova. Perfino quella di invitare gli amici a casa per chi ha poco tempo e deve fare i conti con il budget. Una quadratura del cerchio fra tempi, costi e soddisfazione.

 

UberEats non è che la continuazione della rete con altri mezzi. È interconnessione allo stato solido. Fatta su misura per la nostra vita multitasking. Un collegamento reale tra persone, luoghi, esigenze e situazioni che fino ad ora non riuscivano a incontrarsi in mancanza di un collegamento. Adesso c’è ed è in grado di convertire il virtuale in reale. Il link in drink. Insomma, è la connessione permanente che si materializza in un piatto di lasagne.

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