VIDEO! “PREMETTO CHE L’ANACONDA E’ UN ANIMALE CHE C’HA ‘NA CAPOCCIA GRANDE COSI’” – DOPO VERDONE-OSCAR PETTINARI E LA PALUDE DEL CAIMANO IN RHODESIA, ANCHE VELTRONI SI DEDICA ALL’ANACONDA NEL SUO NUOVO GIALLO CHE PRENDE LE MOSSE DA UN CADAVERE RITROVATO NEL RETTILARIO DEL BIOPARCO DI VILLA BORGHESE - DA FLORIS A PIPPO BAUDO: ECCO CHI C’ERA ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DELL’ISPETTORE WALTER – FOTO+VIDEO
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Dal libro di Walter Veltroni
“Eccolo, il cadavere. O quello che ne restava. Si trovava nel posto più strano che potessero immaginare. Non schiacciato dalla zampa di un elefante, non sbranato da un leone o calpestato da un ippopotamo. No. Era nel rettilario. Più precisamente nella teca dove d’abitudine stazionava l’anaconda verde del Sud America”
IL LIBRO. LA TRAPPOLA DELL’ANACONDA, IL GIALLO DI WALTER VELTRONI
Giancarlo de Cataldo per repubblica.it
L'anaconda è un serpente/ che ti avvolge lentamente/ se ti avvolge l'anaconda/la tua vita è più gioconda... la celebre canzone-filastrocca si canta mentre i bambini formano un serpente umano che si snoda con grande lentezza seguendo il capofila. È anche possibile improvvisare una danza (individuale) dell'anaconda. Altre versioni, meno rassicuranti, ma più realistiche, informano che se l'anaconda ti avvolge la tua vita non è affatto gioconda. Il fatto è che fra il serpentone ridanciano che allieta da generazioni piccoli scout (e non) e il modello in natura ci sono ben pochi punti di contatto.
L'anaconda, quello vero, è il re dei serpenti: un animalone dalla magnifica pelle che può superare i 4-5 metri di lunghezza e avvolgere nelle sue spire, sino a stritolarlo, un mammifero di considerevoli dimensioni. Anche un uomo. Fra l'altro, una delle sue caratteristiche è di non masticare il cibo, ma inghiottirlo per intero. Pratica che origina una digestione che può durare settimane, durante le quali il rettile dorme beato e tranquillo.
E beato e tranquillo appare l'anaconda che abita una sontuosa dimora a lui riservata nel Bioparco di Roma. Infatti pare proprio che abbia appena divorato la testa che era appartenuta, sino a poco prima, a un tronco umano. Entrambi, testa e tronco, si trovano dove non dovrebbero essere. Che vi sia stato un delitto appare evidente a Giovanni Buonvino, dirigente del commissariato di Villa Borghese: difficile immaginare che un turista sbadato si sia casualmente cacciato fra le fauci dell'anaconda, o che un suicida abbia deciso di spiccarsi la testa dal busto per farne gentile omaggio al serpente.
Buonvino è uno sbirro di razza, e non è certo la prima volta che si trova al cospetto di un cadavere. Il problema è che è un erpetofobico: ha una paura irrazionale dei serpenti. E quando poi l'anaconda, in un sussulto gastrico, riconsegna agli investigatori la testa della vittima, evidentemente troppo indigesta...
Ma un caso è un caso, e fobia o meno, a un professionista del calibro di Buonvino non resta che rimboccarsi le maniche e indagare. Identificare la vittima, scoprire come diavolo ha fatto a finire in bocca al serpente, capire chi può averlo odiato al punto tale da inscenare una così macabra eliminazione e per quale motivo... E bisogna anche fare in fretta, perché fra pochi giorni Buonvino sta per affrontare un passo cruciale della sua esistenza: il matrimonio. Il secondo matrimonio, per la precisione. Quello con la collega Veronica Viganò, apparsa nel precedente Buonvino e il caso del bambino scomparso e paragonata dal protagonista a un'apparizione uscita da un quadro di Hopper. L
ei è un bel po' più giovane di lui, (ma che importa, se c'è l'amore?), una ragazza dolce e poliziotta tosta destinata a prendere il posto della prima sposa (convolata a nuova vita con un'altra donna) e a condividere lo spazio privato del commissario con i suoi due gatti milanisti Gullit e Rijkaard (ma è difficile pensare che l'autore, notorio juventino, abbia abiurato).
Terza avventura per il commissario ideato da Walter Veltroni e per la sua squadra di poliziotti teneri e scalcagnati - dal narcolettico Gozzi all'anziano ipovedente Portanova, passando per il nervoso Cavallito. Se è vero che nel giallo e nel noir contemporanei i protagonisti sono diventati più necessari del plot (che deve esserci, ma non al punto da eclissare le dinamiche relazionali sulle quali si concentrano simpatie e idiosincrasie di lettrici e lettori), Veltroni ha vinto la sua scommessa: ci si affeziona a Buonvino e alla sua squadra, si entra nelle loro vite, ci si intriga, e, ovviamente, si accetta la sfida di ogni giallo, cercare di capire com'è andata un momento prima della rivelazione.
A rendere ancora più piacevole la lettura, poi, il valore aggiunto dato dalla "romanità" della serie. Dalla cura dei dettagli traspare la profonda conoscenza della città. Vicende storiche reali sono rievocate con puntualità ed eleganza (in questo caso, la trasformazione dello zoo in bioparco, da luogo di sfruttamento a contesto rispettoso della vita animale). I caratteri minori tratteggiati in modo sapiente.
I romanzi di Buonvino sono ricchi dell'amore di Veltroni per Roma e i suoi abitanti. L'ironia diffusa a piene mani attenua i picchi più aspri (in tutti e tre i romanzi della serie Veltroni si è comunque divertito con affondi grandguignoleschi) e il tratteggio generale evita l'inconveniente peggiore delle più recenti narrazioni sulla Capitale: lo stereotipo di una città che viene ossessivamente raccontata o come periferia coatta o come teatro di macchiette della corruzione in guanti gialli. Niente di tutto questo, per fortuna, in Buonvino e i suoi. E attenzione al colpo di scena finale che sarebbe delittuoso rivelare.