CAFONALINO - SCIALPI (O SHALPY, PER IL FOLTO PUBBLICO INTERNAZIONALE) PRESENTA LA SUA AUTOBIOGRAFIA, INSIEME AL MARITO. ''IO VOGLIO FIGLI, LUI NO'' - IN LIBRERIA PASSAVA PER CASO ANCHE LA CATTO-FONDAMENTALISTA PAOLA BINETTI, E PARTE UNA BIZZARRA PHOTO-OPPORTUNITY TRA LA COPPIA MASCHIA E LA PIA DEPUTATA CHE LOTTA CONTRO I DIRITTI OMO

Shalpy: ''Ho cambiato il nome così gli stranieri non lo storpiano più. Ma in Italia continuano a chiamarmi Sciampi'' - Col marito, "Siamo come Casa Vianello. Solo che non è chiaro chi è Sandra e chi Raimondo'' - ''Gli ho chiesto di sposarmi a 'Pechino Express'''...

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Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia

 

 

 

1. VIDEO - SHALPY: ''IO VOGLIO FIGLI, MIO MARITO NO''

 

 

 

 

2. GIOVANNI SCIALPI E ROBERTO BLASI: «IL NOSTRO AMORE È UN LUNGO VIAGGIO»

Fiamma Sanò per www.grazia.it

 

un tenero bacio alla cognata elena blasi un tenero bacio alla cognata elena blasi

Li stiamo guardando in televisione in questi giorni mentre scalano i vulcani del Sud America, affrontano le piogge torrenziali, mangiano larve alla brace e ogni sorta di insetto. Alla quarta puntata di Pechino Express, il reality in onda ogni lunedì sera su Rai Due, si è già capito che la coppia di concorrenti più amata dal pubblico e dai social network è quella dei “Compagni”, formata da Giovanni Scialpi e Roberto Blasi. Che, finito di registrare la trasmissione, sono volati a New York e il 26 agosto sono diventati marito e marito. 

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Li incontro sotto un diluvio torrenziale in un bar di Roma, a Ponte Milvio. Io arrivo trafelata, bagnata come un pulcino: non ho l’ombrello e fino a cinque minuti prima c’era il sole. Loro mi aspettano bellissimi e impeccabili. Giovanni in camicia bianca, i capelli neri lucidi e gli occhi di ghiaccio. Roberto in jeans corti, berretto da basket e camicia a scacchi. Con loro c’è Emily, l’inseparabile cagnolina Schnauzer. Sembrano, penso ma non lo dico, gli zii che ogni adolescente vorrebbe avere. Accoglienti, gentili, rilassati. Uno completa la frase dell’altro. Anzi: uno completa l’altro, come mi accorgerò durante la nostra chiacchierata.

Partiamo da Pechino Express. Fin dall’inizio siete state tra le coppie preferite dal pubblico. 
Giovanni SCIALPI: «Evidentemente le dinamiche del nostro ménage funzionano. Siamo una coppia tranquilla. Roberto sdrammatizza, è più riservato, io faccio le scene da diva. Ma non è per dare spettacolo: la nostra relazione funziona così. Non è soltanto amore, ma anche divertimento. Ecco, noi ci divertiamo molto insieme e si vede».

Noto che la fede la portate non al dito, ma legata a una catena al collo. Perché?
Giovanni: «Ai tempi del fidanzamento ce la siamo lanciata contro durante una lite, poi un’altra volta io l’ho persa. Insomma, alla fine abbiamo deciso di portarla in questo modo perché ci sembrava più sicuro».
Roberto BLASI: «E così si legge meglio anche quello che c’è scritto dentro: i nomi, la data e New York, la città in cui ci siamo sposati». 

Perché Scialpi è tornato sulle scene dopo diversi anni?
Giovanni: «È merito di Roberto. Mi ha sempre spinto a farlo. Quando nel 2010 ha chiuso il suo albergo di Ferrara, ha aperto un’agenzia di talenti degli Anni 80. Mi ha convinto e abbiamo iniziato a produrre canzoni per l’estero. Il nome è diventato Shalpy: scritto così gli inglesi lo pronunciano nel modo giusto e nessuno lo storpia».
Roberto: «Tranne gli italiani, che continuano a storpiarlo apposta».

Davvero?
Giovanni: «Sì, non pensavo ci fosse così tanta invidia in Italia. Lo facevano anche negli Anni 80, quando mi chiamavano “Sciampi”».

Lo sa che il rapper Fedez dice lo stesso?
Giovanni: «Ah sì? È evidente allora che in 35 anni non è cambiato niente. Bisogna avvisarlo Fegiz, Fedex… come ha detto che si chiama?». 

Su, non faccia il cattivo! 
Roberto: «Ma no, non è cattivo, lo disegnano così» (ride, ndr). «Benvenuta in casa Scialpi. Qui è come nel telefilm Casa Vianello».
Giovanni: «Solo che non è molto chiaro chi fa Sandra e chi Raimondo».

Dopo il matrimonio, avete mai pensato a un figlio?
Giovanni: «Veramente noi una bimba “quasi adottiva” ce l’abbiamo». 
Roberto: «Si chiama Farah. Sua mamma, Mariam, è una ragazza marocchina che lavorava nel mio albergo. Quando il marito l’ha lasciata, sono entrate nella famiglia, è come se l’avessimo adottata in tutto e per tutto».
Giovanni: «Ora è a Parigi con la mamma».
Roberto: «Ma è rimasta nostra figlia».
Giovanni: «Noi siamo una famiglia allargata. Bella come quelle etero. Quando li vedi a pranzo tutti insieme, con secondi mariti e terzi figli, dici: “Che bella famiglia”, no? Ecco, per noi è lo stesso». 

E chi c’è nella vostra famiglia allargata?
Giovanni: «Fino a poco tempo fa anche mia mamma. Poi l’Alzheimer è arrivato a uno stadio in cui non ha più potuto vivere con noi e quest’anno siamo stati costretti a ricoverarla in una casa di cura». 

Che tipo di rapporto avete?
Giovanni: «Profondo, splendido: l’amo tanto. Sono figlio unico e l’ho curata sempre io, da solo. Entravo persino sotto la doccia con lei per lavarla. Se sono riuscito a superare i momenti più dolorosi è stato anche grazie a Roberto. Vivevamo a Parma, ogni tanto mamma veniva nel nostro letto e ci chiedeva: “Posso dormire con voi?”. Per me era bellissimo. Abbracciavo contemporaneamente gli amori della mia vita». 
Roberto: «Per Pina ho sempre avuto un debole, l’ho conosciuta che la malattia era ancora all’inizio, passavamo ore a chiacchierare, a passeggiare sotto braccio. La mia mamma era morta da poco e ho riversato su di lei tutte le emozioni del momento».

Scialpi, so che ha scritto una lettera a papa Francesco. Perché?
Giovanni: «Anche il mio papà si chiamava Francesco e con lui non avevo un rapporto così buono come con mamma. Quando mi sono emancipato, quando ho avuto i primi turbamenti e le prime idee, “papà Francesco” non c’era. Oggi che avrei voluto la sua benedizione, l’ho chiesta a “papa Francesco”».

Le ha risposto?
Giovanni: «No, ma non mi aspettavo che lo facesse».
Roberto: «In compenso abbiamo ricevuto ben altra lettera attraverso il settimanale Chi, che aveva pubblicato le foto delle nostre nozze. Una lettrice ha scritto che giudicava un abominio l’immagine in copertina di un coppia formata da due uomini».

Siete in prima linea nella battaglia per i diritti degli omosessuali?
Giovanni: «Siamo molto vicini alla senatrice Monica Cirinnà, la relatrice del disegno di legge sulle unioni civili. Credo che sposarsi sia un diritto prima che una battaglia politica». 

È vero che in Italia fare coming out nel mondo dello spettacolo non fa bene alla carriera?
Giovanni: «Non sono d’accordo. Credo invece che il pubblico sia solidale».
Roberto. «Però…».

Però che cosa?
Roberto: «C’è sempre chi è figlio e chi è figliastro. Quando hanno scritto insulti omofobi sui cartelloni del concerto di Mika, in sua difesa si sono mossi Laura Pausini, Eros Ramazzotti e tanti altri».
Giovanni: «Ma perché dai adito alle polemiche?». 
Roberto: «Sto solo dicendo che il caso di Mika ha avuto grande rilevanza, anche sui telegiornali nazionali».
Giovanni: «È normale. All’opinione pubblica serviva mettere l’accento sull’omofobia contro il singolo. Non vuole metterlo, invece, sul concetto di coppia. A Scialpi 30 anni fa dicevano “frocio” durante i concerti. Era il modo di contrastare l’entusiasmo delle ragazzine e neppure era considerato un insulto».

Oggi qualcuno vi offende?
Giovanni: «Veramente no, sui social le offese sono pochissime». 

E come vive Scialpi, anzi Shalpy, questa nuova notorietà?
Giovanni: «Bene, ma non la considero necessaria».
Roberto: «Confermo, ci hanno messo due mesi a convincerlo a partecipare aPechino Express».

Che cosa vi ha insegnato il programma?
Roberto: «Che la coppia, per superare un viaggio così difficile, deve essere davvero unita. Molte sono scoppiate, ma non noi».
Giovanni: «Abbiamo capito che possiamo fare sempre affidamento in modo reciproco, anche nei momenti più difficili e drammatici».

Che cosa amate di più uno dell’altro?
Roberto: «Giovanni sa essere protettivo nei miei confronti. Sempre concentrato su di me, si accorge dei miei problemi anche se non gli dico niente».
Giovanni: «Semplicemente, è mio marito. E questo mi piace moltissimo: il termine racchiude tutto. Il resto è superfluo».

Chi ha fatto la proposta di matrimonio? E come?
Giovanni: «In una pausa di Pechino Express, guardavamo la laguna appoggiati a un parapetto». 
Roberto: «Eravamo stremati, sporchi».
Giovanni: «Io gli dico: “Ci sposiamo?”».
Roberto: «E io gli rispondo: “Sì”».
Giovanni: «È stato naturale, semplice. D’altronde, è così che ho intitolato anche la mia autobiografia (È così semplice, edita da Piemme, ndr). Perché se uno ama, l’amore è semplice. Se uno ama poco o male, invece, tutto diventa complicato».

Ma voi due non litigate mai?
Giovanni: «Certo, anche prima di dire: “I do”, lo voglio. Però la lite è sempre fine a se stessa, il postulato è che noi due siamo una coppia».
Roberto: «E al massimo con due giorni di silenzio si risolve tutto».

Fuori ha smesso di piovere, Roma è fresca e assolata. Ci salutiamo con baci e abbracci, anche con Emily, la Schnauzer. Giovanni, Roberto, ora ve lo posso dire: non ho mai visto Pechino Express. Ma prometto di recuperare e, ovviamente, di tifare per voi.

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