
ORCEL NON RUSSA – CI SAREBBERO DUE FONDI EMIRATINI, CON SEDE A DUBAI, PRONTI A RILEVARE UNICREDIT RUSSIA: L’USCITA DA MOSCA È UNA DELLE RICHIESTE DEL GOVERNO, TRAMITE LA PROCEDURA DEL GOLDEN POWER, PER L’OPS SU BANCO BPM – I FONDI DI PRIVATE EQUITY INTERESSATI SONO GIÀ ATTIVI NELL’ACQUISTO DI ASSET EUROPEI BLOCCATI IN RUSSIA. IL NODO È IL PREZZO: ACQUISTEREBBERO LE ATTIVITÀ DI UNICREDIT A UNO SCONTO DEL 60%...
1. DUE FONDI PER UNICREDIT RUSSIA
Estratto dell’articolo di Andrea Deugeni e Luca Gualtieri per “MF”
L’assist per Andrea Orcel sul complesso scacchiere del risiko bancario italiano potrebbe arrivare dal Golfo.
Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, due fondi emiratini con sede a Dubai avrebbero messo nel mirino Unicredit Russia, la controllata di Piazza Gae Aulenti finita sotto la lente della Bce e del governo Meloni nell’ambito della procedura golden power per l’ops su Banco Bpm.
L’offerta potrebbe arrivare già nei prossimi giorni e sarebbero in corso contatti anche con Palazzo Chigi […].
I soggetti in campo sarebbero fondi di private equity già attivi nell’acquisto di asset di gruppi europei bloccati in Russia dopo lo scoppio della guerra e il varo delle sanzioni occidentali.
Al loro fianco potrebbe intervenire anche un investitore italiano per agevolare l’esecuzione dell’operazione che potrebbe anche essere soggetta alla luce verde dei regolatori europei.
Il nodo è quello del prezzo, infatti questi player acquisterebbero l’asset a un valore scontato che potrebbe aggirarsi attorno al 60% rispetto a quello di carico da parte del venditore.
giorgia meloni e giancarlo giorgetti - question time alla camera
L’assegno staccato terrebbe conto anche della exit tax imposta dal governo russo ai gruppi internazionali che vogliono uscire dal Paese.
La transazione dovrà ottenere il via libera di diverse authority di Mosca, inclusa la Banca Centrale Russa e il Cremlino.
La scommessa è sulla fine della guerra e su una ripresa del business nel Paese e quindi sul riapprezzamento futuro dell’asset.
L’uscita di Unicredit dalla Russia non sarebbe un caso isolato. I precedenti più rilevanti sono quelli che hanno coinvolto la britannica Hsbc che ha venduto a Expobank, l’americana Goldman Sachs che ha avuto invece come controparte la armena Balchug Capital e la francese Société Générale che ha chiuso la cessione della sua controllata Rosbank dandola al gruppo Interros, azienda legata all’oligarca Vladimir Potanin.
Il deal potrebbe rappresentare un elemento di facilitazione nelle discussioni tra Unicredit e Palazzo Chigi che, tra le prescrizioni golden power imposte alla banca di Andrea Orcel, prevede in primis l’uscita dalla Russia entro il 18 gennaio 2026.
Accettando l’offerta dei fondi emiratini, Piazza Gae Aulenti potrebbe liberarsi dell’asset anche prima di questa scadenza.
Fonti finanziarie riferiscono che il closing potrebbe arrivare entro 6-8 mesi.
A febbraio 2022 dalla Russia arrivava il 5% del fatturato e l’1% dei depositi dell’intero gruppo, con una quota di mercato dello 0,5% presidiata da 13 filiali. Da allora Orcel ha ridotto drasticamente il rischio-paese.
A fine marzo di quest’anno Unicredit aveva un'esposizione cross border quasi azzerata verso Mosca, con un retail ridotto di circa il 60% e l’intenzione di uscire in modo ordinato entro il primo semestre 2026. […]
2. E IL GOVERNO ORA È PRONTO A RIVEDERE IL GOLDEN POWER DUBBI SU PRESTITI E RUSSIA
Estratto dell’articolo di Giuseppe Colombo e Giovanni Pons per “la Repubblica”
https://www.repubblica.it/economia/2025/05/28/news/governo_meloni_golden_power_orcel-424633259/
Il governo riapre il dossier golden power. Sul tavolo finisce il decreto che il Consiglio dei ministri ha approvato il 18 aprile per fissare i paletti all’Ops lanciata da Unicredit per l’acquisizione di Banco Bpm. Nelle ultime ore, però, le convinzioni si sono fatte meno solide. Non quelle del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
Fonti del Mef fanno sapere che «il Dpcm è quello già approvato e non sono all’ordine del giorno altri Dpcm».
Le perplessità sull’assetto del provvedimento trapelano da fonti di Palazzo Chigi. Il timore è subire un forte richiamo dall’Europa.
[…] Il tema principale è stato il dossier Pirelli: l’orientamento prevalente, secondo quanto riferito da fonti di maggioranza, è non prevedere nuove prescrizioni nei confronti dei soci cinesi.
I dubbi sono concentrati invece su Unicredit. «Una revisione» del Dpcm - spiegano fonti di governo - «è all’ordine del giorno, ma in ogni caso senza stravolgerlo».
La possibilità di rimettere mano ai paletti parte dalla considerazione che «alcune prescrizioni sono evidentemente incongrue».
In alcuni casi - aggiungono le stesse fonti - «ci sono condizioni controverse e difficilmente verificabili».
Il riferimento è all’articolo 1 del Dpcm, lì dove c’è scritto che la banca guidata da Andrea Orcel non può ridurre, per cinque anni, «il rapporto impieghi/ depositi praticati» dal Banco e Unicredit in Italia «con l’obiettivo di incrementare gli impieghi verso famiglie e Pmi nazionali».
L’idea è di «chiarire» meglio questo aspetto, ammorbidendo la prescrizione. E per spiegare il possibile intervento si rimanda a un passaggio dell’intervento che ieri Orcel ha tenuto davanti al Consiglio nazionale della Fabi.
Il passaggio: «Unicredit non presta alle piccole e medie imprese, dicono, ma noi prestiamo più degli altri ».
L’altra questione sensibile è la Russia. Dopo aver strappato in Cdm un allungamento dei tempi per la cessazione di tutte le attività di Unicredit, fino al 18 gennaio 2026, ora Forza Italia punta a un ulteriore ammorbidimento. Fonti di partito spiegano che ci sono «fino a duecento aziende» in protesta contro la maggioranza per i contraccolpi che subirebbero da un’accelerazione dell’uscita della banca.
E poi ci sono gli indizi che segnalano un attivismo della Ue sul fronte golden power.
Proprio ieri sono circolate voci su un invio da parte di Unicredit dei possibili “rimedi” alla DgComp, nell’ambito del processo autorizzativo sulla concorrenza. Tali rimedi riguardano gli sportelli in eccedenza risultante dalla somma delle presenze in ogni provincia italiana delle due banche che si devono fondere (Unicredit e Banco Bpm). Gli sportelli in eccedenza devono essere ceduti a terzi.
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SEDE DI BANCO BPM A PIAZZA MEDA - MILANO
È quindi possibile che anche prima del termine prefissato del 19 giugno possa esservi un pronunciamento sui “rimedi”. E, insieme a questo, arriverà anche la risposta all’autorità italiana (Agcm) sulla richiesta di restituzione della pratica all’Italia.
Difficile da soddisfare per una banca sistemica come Unicredit che ha il 65% delle proprie attività all’estero. Infine, insieme alla decisione sui “rimedi” potrebbe arrivare anche il parere vincolante della DgComp sul Golden power, in base all’articolo 21, comma 4, del regolamento Ue. La DgComp ha infatti il potere di entrare nel merito e stabilire se le leggi nazionali rientrino o meno nell’ambito della sicurezza nazionale e se siano proporzionati.
Andrea Orcel giuseppe castagna
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